[divider]21 Marzo 2013 [/divider] Mazlum Doğan nacque a Teman, un villaggio vicino a Mazgirt in provincia di Dersim, nel 1955. Andò a scuola a Karakocan. Nel 1974 superò gli esami di ammissione all’università e fu ammesso ad Hacettepe, in una scuola appartenente alla Ivy League, ad Ankara, in Turchia.
Ad Hacettepe, Mazlum Doğan incontrò altri kurdi che lo introdusse alla politica.
Quella che era iniziata come un’introduzione casuale divenne ben presto una vocazione.
La lettura diventò la passione della sua vita.
Coloro che lo conoscevano bene raccontavano che riusciva a leggere fino a 500 pagine al giorno.
Lo studio gli aprì gli occhi sul crudele mondo di oppressione che regnava intorno.
Promise di combattere l’ingiustizia, se necessario con la sua vita.
Nell’autunno del 1979, si trovava a Viransehir, Riha, per organizzare la lotta dei kurdi per i diritti politici.
Il 30 settembre 1979, fu arrestato e inprigionato nel famigerato carcere militare di Diyarbakir insieme a migliaia di altri kurdi.
Per tre anni, subì abusi, torture e umiliazioni.
Poichè kurdo venne picchiato per costringerlo a cantare l’inno nazionale turco.
Lasciò che il suo corpo subisse le percosse, ma non che le sue labbra cantassero l’inno.
Seguirono altre e più crudeli umiliazioni.
La tortura continuò contro i prigionieri kurdi 24 ore al giorno e le urla non smisero mai.
Ma fuori delle carceri ci fu silenzio.
Il silenzio del mondo e l’indifferenza alla sofferenza dei kurdi.
Sì, è stato un silenzio assordante.
Il mondo era indifferente alla sofferenza dei kurdi.
Uno per uno, nel carcere militare di Diyarbakir, i kurdi sono stati picchiati per costringerli alla sottomissione.
Ci sono stati momenti in cui la tortura non si fermava mai. Nessuno poteva pensare a una via d’uscita. Solo Mazlum Doğan lo fece.
Il giorno del Newroz, il 21 marzo del 1982, compì il gesto estremo.
Ci diede addio impiccandosi, nella speranza che la sua azione avrebbe acceso la resistenza del popolo kurdo.
Lo ha fatto!
E così facendo, diventò una luce, una stella se si vuole, e brillò nell’oscurità che aveva avvolto il mondo kurdo.
Una nazione in lutto avvolta nel suo dolore lo onorò da allora come il nuovo Kawa del Medio Oriente.
Tratto da hevallo.blogspot