Interviste

Kurdistan, da Ocalan progetto per le quattro comunità curde

Intervista a Delil Dogan. Le trattative tra Turchia e PKK sono piene di incognite, tanti sono gli ostacoli da superare prima che il popolo curdo possa realizzare le sue aspirazioni

di Francesca La Bella

Roma, 20 aprile 2013, Nena News – Il Kurdistan turco è in un momento molto importante della sua storia. Una fase nella quale diventa credibile la fine della guerra tra movimenti armati curdi e Governo turco e si intravede all’orizzonte la possibilità di un riconoscimento dei diritti della popolazione curda nel Paese. Le trattative e la successiva transizione non sono, però, prive di incognite e tanti sono gli ostacoli che dovranno essere superati prima di arrivare ad una reale soluzione della questione che segna da decenni la storia di questo non-Stato. Ne parliamo, in una calda serata di primavera, con Delil Dogan, un militante curdo che da anni è obbligato a vivere in Europa. Un uomo che non può tornare nella sua terra per problemi politici e che ha scelto di continuare a portare avanti i suoi ideali raccontando il suo Kurdistan e l’attuale fase di transizione qui da noi.

Come è stato percepita dal popolo curdo la lettera di Ocalan letta durante il Newroz (N.d.A: capodanno curdo)?

Il popolo curdo aspettava da lungo tempo questa dichiarazione. Da 18 anni il PKK ha intrapreso la strada della pace e ha smesso di sparare, ma mai si era arrivati ad una situazione come questa. Dal 1993 ad oggi ci sono stati otto tentativi di “cessate il fuoco” da parte del PKK, ma non sono mai durati molto. Ora sembra più serio. Anche dopo Oslo noi avevamo sperato che si potesse giungere ad un accordo di lungo periodo, ma il processo non è andato avanti e abbiamo dovuto ricominciare da capo. Ora le cose sono diverse. Il problema curdo non è legato solo alla Turchia. Ci sono curdi anche in Siria, Iraq ed Iran. Oltre a questi Paesi, sono coinvolte anche le potenze internazionali, in primo luogo Stati Uniti e Gran Bretagna. Le dichiarazioni di Ocalan sono così importanti perché costituiscono un progetto che tutti questi Stati non possono non accettare, è una proposta di ampio respiro che è adatta a tutte e quattro le comunità curde.

Credi che questa volta ci siano le premesse per giungere ad una soluzione di lungo periodo?

Noi ci speriamo. Posso dire che il popolo curdo non crede più nel Governo turco, sia per quello che hanno fatto i Governi passati sia per quello che ha fatto il Governo Erdogan. Come dicevo prima ci sono stati otto “cessate il fuoco” negli ultimi anni ed ogni volta loro hanno fatto di tutto per farli finire.

Non hanno mantenuto le promesse fatte ed hanno detto che il PKK era finito e che non aveva legittimità e non si è mai giunti ad una soluzione. Nella società turca, poi, ci sono varie anime, alcune delle quali sono contrarie ad una pace con i curdi. Sicuramente c’è una parte di popolazione turca che sarebbe contenta di un accordo e di una pace con noi, altri sono indifferenti e non prendono posizione, ma ci sono anche i Lupi Grigi che fanno di tutto per far saltare le trattative e che ci considerano nemici.

Ora, però, sembra che anche nel linguaggio ci sia stato un cambiamento nei nostri confronti. Per anni i curdi sono stati presentati come “non umani” o come “terroristi”. Ora i toni sono più morbidi e la popolazione curda inizia a credere che ci sia veramente la possibilità di parlare di pace. Allo stesso modo questo cambiamento di linguaggio avviene anche tra di noi e sembra ci sia una reale volontà di giungere ad un accordo. Da parte sua il PKK ha fatto tutti i passi necessari in questo senso. I prigionieri nelle loro mani sono stati rilasciati e le armi non sparano.

Erdogan ha dichiarato di non poter garantire la ritirata dei guerriglieri curdi in direzione nord Iraq. Questo può essere un ostacolo per il processo di pace?

Il progetto promosso da Ocalan è diviso in tre fasi ben definite. La prima fase consiste nel ritiro dei guerriglieri al di là della frontiera tra Turchia e Iraq. Perché questo possa avvenire, è necessario che la loro vita sia salvaguardata. La seconda fase consiste nel riconoscimento costituzionale dei diritti del popolo curdo. Nella terza fase è previsto il definitivo abbandono delle armi da parte del PKK e l’avvio del percorso politico.

Non è possibile passare alla fase successiva se non è stata conclusa la fase precedente. La prima fase, dunque, è la più importante. Noi vogliamo che sia una commissione parlamentare a sancire la tutela della ritirata perché crediamo che se, il 17 ottobre di ogni anno, si vota in Parlamento il rinnovo della guerra contro di noi, debba essere lo stesso Parlamento a decretare l’inizio della pace. Erdogan, invece, dice che non servono tutti questi passaggi burocratici e che ci deve bastare la sua parola. Ma noi vogliamo qualcosa di scritto e di ufficiale.

Per portare avanti il processo di pace i militanti di Qandil chiedono di incontrare direttamente Ocalan a Imrali, ma è stato categoricamente vietato. Per quale motivo fanno questa richiesta?

In primo luogo si vuole velocizzare il processo. Nuove dichiarazione di Ocalan possono dare nuovo impulso al dialogo. Noi ci fidiamo della delegazione che va in visita dal nostro leader, ma leggere una lettera o discutere sono due cose diverse. Sono molti anni che non vediamo Ocalan e avremmo bisogno di parlare con lui di questa fase, di confrontarci con lui e di capire meglio. Noi speriamo di riuscire a parlare con lui e crediamo che, in futuro, questo possa avvenire.

Nena News

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