[divider]29 Aprile [/divider]I Kurdi delle città siriane di Damasco ed Aleppo sono stati costretti ad emigrare in altri paesi, dopo essere stati sorpresi tra due fuochi dall’inizio del clima di conflitto in Siria. Molti tra di loro si sono trasferiti ad Istanbul, dove ora lottano per la vita in condizioni estremamente dure: agli uomini non è permesso lavorare poichè stranieri ed i bambini sono costretti ad andare in giro ad elemosinare e rubare per ottenere il denaro di cui le loro famiglie hanno bisogno per sopravvivere.
Circa cento famiglie kurde siriane stanno vivendo nei quartieri di Küçükpazar e Fatih ad Istanbul: alloggiano in stanze umide e sporche di hotel e pensioni senza licenza, non controllati dalle autorità.
Ogni giorno gli uomini delle famiglie di Küçükpazar si riuniscono nella strada dell’hotel in cui alloggiano, trascorrendo ore a discutere del conflitto in corso in Siria. I bambini si recano ogni giorno nelle affollate strade di Istanbul che costeggiano il mare, costretti all’elemosina per far fronte alle necessità quotidiane delle loro famiglie. Le ragazze ed i ragazzi che vanno a chiedere l’elemosina a Beyoğlu e Taksim, dove il tasso di criminalità è piuttosto elevato, verrebbero condotti sempre di più verso la prostituzione e la droga ogni giorno che passa.
La maggior parte dei Kurdi siriani che abbiamo incontrato qui evitano di dirci i loro nomi e di farsi fotografare. Tutti sembrano ancora avere paura del regime Baath.
Un giovane di queste famiglie, che ha chiesto di rimanere anonimo, ci ha raccontato ció che segue sulla lotta che stanno conducendo per sopravvivere: “Vivevamo nei quartieri di Esrefiye e Şex Meqsud ad Aleppo, quando siamo rimasti intrappolati tra due fuochi con l’inizio del conflitto, le forze governative da un lato ed i gruppi d’opposizione dall’altro.
Ogni giorno la nostra casa veniva bombardata: ció ci ha fatto spostare prima ad Urfa ed Antep e dopo ad Istanbul, abbandonando tutto quello che avevamo. Alcune persone ci hanno condotto in questi due quartieri di Istanbul. Qui viviamo negli hotel, con una famiglia di circa dieci persone che condivide la stessa camera e tutte le famiglie utilizzano lo stesso bagno. Paghiamo 20 lire turche al giorno e 600 lire al mese per ogni stanza. Agli uomini qui non è permesso lavorare perchè siamo stranieri che nessuno vuole assumere o non è permesso farlo.
Non abbiamo nessun’altra scelta che quella di far lavorare i nostri figli per guadagnare il denaro di cui abbiamo bisogno per un riparo ed il cibo. Tutti i nostri bambini se ne vanno in giro a chiedere la carità perchè altrimenti ci metterebbero per la strada se non possiamo pagare gli hotel in cui stiamo. Stiamo aspettando la fine della guerra per tornare nelle nostre case”.
Quando chiediamo al giovane di fotografare le stanze in cui vivono, ci dice che il proprietario dell’hotel non ci permetterebbe di farlo. Allora abbiamo parlato col proprietario che infatti ci ha negato il permesso di fotografare l’hotel o le camere che affitta ai Kurdi siriani. Un negoziante vicino all’hotel, testimone della conversazione con il proprietario, ci spiega le ragioni: “Vi ha negato il permesso perchè non vuole che il suo sistema di affitto venga alla luce e finisca.
E’ ovvio che non è un “hotel” quello in cui queste persone vivono ma un posto che ospita povera gente, senza essere soggetto a nessun tipo di controllo. I proprietari e gli amministratori di questi hotel non prendono per prima cosa i soldi ma i passaporti delle persone siriane che si spostano in questa zona. Poi costringono i figli di queste famiglie ad andare a chiedere la carità per ottenere l’affitto mensile delle camere. Questo è il sistema d’affitto che si è creato qui, che sfrutta la povera gente. Nè la polizia nè la municipalità sono consapevoli della situazione inumana che c’è qui. O forse lo sanno ma non interferiscono”.
Un altro uomo di queste famiglie, che a sua volta vive in un hotel della zona e chiede di rimanere anonimo, ci invita nella stanza in cui stanno vivendo da sei mesi. Quello che vediamo all’interno è una grande disperazione e miseria. Non puó dirci molto delle condizioni che stanno affrontando e di cui sono vittime. Piega la testa e rimane in silenzio. Sua moglie continua a parlare: “E’ vero che qui non abbiamo paura di essere uccisi dalle bombe ogni notte mentre dormiamo ma stiamo vivendo una vita inumana.
Non soffriamo a causa delle bombe ma i nostri figli sono diventati dei mendicanti e sembra che si ritroveranno presto in un ambiente molto peggiore. Credetemi, possiamo farcela senza mangiar niente ma i nostri bambini piccoli, che non sanno niente, piangono sempre per la fame. Come lei –mostra la bimba nelle sue braccia- che la scorsa notte ha pianto fino al mattino perché aveva fame. Non avevo proprio niente da darle. Chi si sentirebbe bene a rubare e a chiedere l’elemosina? Ci butteranno fuori da questa camera se non riusciamo a permetterci 600 lire turche a camera ogni mese”.
Un giovane ragazzo kurdo ci si avvicina mentre camminiamo nel quartiere e chiede: “Non c’è nessun kurdo ad Istanbul che puó fare qualcosa per noi?”. Poi ci racconta in dettaglio la guerra in Siria. Sospira mentre dice che si sarebbero aspettati che i Kurdi ad Istanbul li aiutassero, e sottolinea che nessuno, neanche le istituzioni kurde, si è recato sul posto a vedere come stavano. Dice che non sanno il turco e non possono muoversi perché hanno lasciato i passaporti al proprietario dell’hotel come garanzia per il prezzo della camera.
ANF Istanbul