[divider]9 Maggio 2013 [/divider]Un giudice condanna un detenuto a vestire abiti femminili per umiliarlo. La risposta: nasce un movimento online per l’uguaglianza di genere.Questa settimana, internet è stato preso d’assalto da un movimento online emergente per l’uguaglianza delle donne, guidato da alcuni improbabili partecipanti – uomini curdi vestiti da donna.
Nell’epoca di internet, non è certo una sorpresa che una simile e unica iniziativa salga all’attenzione ad tempo di record. Tuttavia, lungi dall’essere un mero divertente fenomeno online guidato da una manciata di uomini, il movimento mostra la reale comprensione delle implicazioni sociali della disumanizzazione delle donne e una solidarietà di genere che non ha eguali in altre parti del mondo.
L’Iran è Paese noto per le durissime punizioni inflitte ai condannati. Punizioni capitali e corporali hanno spesso inorridito le opinioni pubbliche internazionali e un rapporto pubblicato nel 2012 dimostra che tali misure sono la regola, non l’eccezione. Il 15 aprile scorso, tuttavi,a un giudice di una piccola città del Kurdistan iraniano ha emesso una sentenza di colpevolezza senza precedenti: un uomo è stato condannato a girare per la città vestito da donna. La sua punizione, volta all’umiliazione pubblica, mostra il disgusto delle autorità iraniane per le donne, il cui corpo è considerato oggetto di vergogna.
Immediata è stata l’indignazione di tutte le donne curde iraniane. Come osa questo giudice affermare che essere una donna è una forma di punizione? I nostri corpi sono così vergognosi che essere una donna è considerata alla stregua di una pubblica umiliazione? Con un atto di coraggio in una società tradizionalmente maschilista, le donne sono scese in piazza.
Ma in un Paese in cui ogni tipo di opposizione è repressa con forza brutale, la polizia ha subito disperso le proteste e le donne sono state costrette a tornare a casa. Ma questa non è la fine della storia. Con un atto senza precedenti che mostra come la natura della protesta e della resistenza sia cambiata nel XXI secolo, gli uomini curdi hanno deciso di prendere in mano la situazione e usare in modo del tutto originale il potere di internet (in particolare di Facebook) per raggiungere un pubblico lontano e globale e far sentire la loro voce. Così è nato il movimento sociale in rete “Kurd Men for Equality”.
In pochi giorni, circa 1.100 uomini hanno postato foto vestiti con gli abiti tradizionali femminili. Il messaggio di solidarietà che è giunto alle donne è stato per lo meno commovente. Un iraniano ha postato un commento sulla pagina Facebook: “Per molti anni le donne del mio Paese sono state a fianco degli uomini, vestendo abiti maschili, lottando. Questa sera sono contento e onorato di vestire abiti da donna e di essere una piccola parte della battaglia giusta della gente per esprimere gratitudine alle eccellenti donne del mio Paese”.
Nonostante le difficoltà di organizzare un movimento sociale in Iran, il successo online di “Kurd Men for Equality” è riuscito ad attirare l’attenzione di alcuni parlamentari del Paese. Diciassette membri del Parlamento hanno inviato una lettera al Ministero della Giustizia chiedendo spiegazioni sul perché un vestito da donna è considerato un insulto.
La visibilità del nuovo movimento insegna sia agli oppressori che agli attivisti alcune importanti lezioni. Primo, non sottovalutare mai il potere di internet nell’amplificare voci che altrimenti sarebbero messe sotto silenzio. Sxecondo, disumanizzare qualcuno in una comunità ha l’effetto di permeare ogni angolo della società e interessa ogni cittadino. Terzo, e forse più importante, gli uomini non resteranno in silenzio mentre le loro sorelle, le madri, le compagne e le figlie vengono disprezzate. L’uguaglianza è la causa di tutti e ora sembra che i curdi iraniani si siano messi a capo del movimento per conquistarla.
Nena news agency
di Cristina Maza – PolicyMic