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Rassegna Stampa

Il ritiro del Pkk verso l’Iraq

[divider]16 Maggio 2013 [/divider]I primi gruppi di militanti appartenenti al Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk), si stanno muovendo attraverso le zone montagnose che separano il confine turco dai territori del Nord dell’Iraq, per raggiungere le basi del partito asserragliate sul lato iracheno, nella regione autonoma curda. Si stima che nei prossimi mesi saranno più di duemila gli appartenenti armati del Pkk che lasceranno la Turchia.

L’ingresso nel paese, però, non è stato accolto di buon grado da Baghdad, che teme per le già instabili condizioni di sicurezza interna. Il governo iracheno, in proposito, ha già rilasciato dichiarazioni molto dure. La presenza dei ribelli curdi del Pkk sul suo territorio è ravvisabile in una ‘flagrante violazione’ della sua sovranità e indipendenza, a danno delle relazioni fra Baghdad e Ankara. A questo proposito, l’Iraq intenderebbe presentare un lamento ufficiale di fronte al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, per tutelare, appunto, la propria sovranità.

Il contestato ritiro, che stando alla data ufficiale dichiarata sarebbe iniziato l’8 maggio, è stato avviato con cauta discrezione e pare essere in corso già dai primissimi giorni del mese. Ed è nel segno della discrezione che sono iniziati i primi accordi fra il leader e fondatore del Pkk, Abdullah Öcalan (detto Apo), e il capo del governo turco, Recep Tayyip Erdogan. L’annuncio è stato dato dallo stesso Öcalan, detenuto da quasi quindici anni sull’isola-prigione di Imrali, il 21 marzo in concomitanza con i festeggiamenti per il Capodanno curdo, dando ufficialmente voce all’intenzione delle forze armate curde di lasciare la Turchia, invitando le due parti a porre finalmente fine allo spargimento di sangue lasciando che le soluzioni politiche abbiano la meglio sulle armi.

La questione curda, che affonda le sue origini nella Prima Guerra Mondiale,  è legata alla scomposizione del Kurdistan e alla conseguente frammentazione di circa venti milioni di curdi all’interno dei confini di quattro paesi: Iraq, Iran, Turchia e Siria.  Sin dagli anni Venti, in un susseguirsi di scontri, guerriglie e violenze, i curdi hanno sempre tentato di rivendicare la propria autonomia, diventando di fatto, delle pedine nelle politiche regionali.

Negli anni  Settanta, nello spicchio di territorio turco su suolo originariamente curdo, è nato alla guida di Öcalan un gruppo di stampo marxista-leninista, il Pkk, che nel 1984 ha dato inizio alla dura lotta armata per l’indipendenza contro il governo turco. La questione è tornata alla ribalta delle cronache mondiali negli anni Novanta, quando il conflitto fra i ribelli curdi e la Turchia, che nel corso di più di trent’anni di scontri conta oggi quasi 40mila morti,  raggiunse un picco di violenza che portò, nel 1999, alla cattura e alla detenzione di Öcalan.

Il Partito dei Lavoratori del Kurdistan, non è mai stato riconosciuto dal governo di Ankara, al contrario, bollato come gruppo terrorista. Sebbene la Turchia permetta l’ingresso alle istituzioni ad alcuni rappresentati appartenenti ad altri partiti curdi, di fatto la questione è sempre rimasta priva di dialogo e il terrorismo intrinseco nel Pkk, usato come pretesto per non fare mai concessioni sull’autonomia.

Dopo l’ascesa al potere del partito di Erdogan, l’ibrido islamico democratico Apk, non sono cambiate le motivazioni dello scontro, ma le ideologie alla base delle due entità in lotta sì. I primi passi negoziali, intervallati da scontri anche molto brutali che ne hanno poi causato l’impraticabilità, sono registrabili già a partire dal 2009 e dal 2011, quando il governo turco e i leader del Pkk si incontrarono a Oslo per dei colloqui ad alto livello di segretezza.

Sarebbe un errore, però, pensare alla questione curda senza tenere in considerazione che la faccenda del Kurdistan turco è soltanto una fetta di una torta molto più grande, che coinvolge tutti i paesi i cui territori ‘affiorano’ sul Kurdistan. Lo stesso messaggio pronunciato da Ocalan a marzo, richiama ad un ‘nuovo ordine’ che il Medio Oriente e l’Asia Centrale stanno cercando, sottolineando che il processo di pacificazione non rappresenta una fine, ma un nuovo inizio. La notizia dell’accordo, tre anni dopo, arriva non poi così inaspettata. Ancora non sono chiare le concessioni di Erdogan all’organizzazione, che comunque, così facendo, con lo spostamento oltreconfine delle milizie del Pkk, sembra quindi spostare fisicamente il problema dal suo territorio.

Lo storico cessate il fuoco, infatti, arriva in un momento particolarmente critico per la stabilizzazione dell’area, dopo le violenze che hanno accompagnato le elezioni provinciali in Iraq e con una Siria sull’orlo del collasso.

Appare evidente il timore e lo scetticismo delle autorità irachene, che vedono tra gli effetti del processo di pace verso Ankara un probabile, e potenzialmente devastante, follow-up su Baghdad. La presenza di 2500 uomini del Pkk sul territorio iracheno, che stanno accogliendo i loro compagni dalla Turchia, andrebbe praticamente a raddoppiare. Il rischio di ritorsioni lungo il confine, è tangibile. Un appesantimento delle relazioni con Ankara non sarebbe auspicabile, in un quadro politico dove l’Iraq a guida sciita di Al-Maliki rivolge le sue attenzioni verso il vicino di casa Iran, guarda alla Russia e punta alla Cina, cercando di contenere le ingerenze che provengono dagli Stati del Golfo a guida sunnita, tra cui la stessa Turchia. Il fronte siriano, d’altro canto, continua a destare preoccupazioni. Una Turchia libera dalla minaccia del Pkk, potrà concentrarsi maggiormente sulla violenza della guerra civile siriana che bussa alle sue porte.

Il tempo dell’indipendenza per il Kurdistan potrebbe avvicinarsi, qualora il quadrato Iraq, Siria, Iran e Turchia si riveli poco coeso sul fronte curdo. Già avvantaggiata dalla situazione in Iraq dove la regione autonoma curda ha ottenuto l’autonomia nel 2003, la comunità curda andrà a spingere sulla porzione siriana, approfittando della disintegrazione dello Stato conseguenza della Guerra Civile. Sono stati identificati molti miliziani curdi di origine irachena fra le frange di matrice jihadista che combattono ad Aleppo, e cresce la paura. Il nucleo della questione trasla ora da Ankara, verso Damasco e Baghdad. Il conflitto del Kurdistan turco non può dirsi affatto risolto, forse, posticipato.

Emma Ferrero – lindro.it

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