I kurdi conoscono bene la tortura. Dovunque vivono, sempre sono stati oppressi e sottoposti tra l’altro a questa forma di violenza praticata da Turchia, Iran, Iraq, Siria nei confronti di persone che volevano solo il riconoscimento dei propri diritti.
In Turchia in particolare la tortura è praticata in custodia cautelare e sui prigionieri in carcere, perfino su donne e bambini, in alcuni casi fino alla violenza sessuale, come accaduto nel carcere di ‘Pozantı’ nel 2011 su bambini kurdi; malati gravi non vengono rilasciati e muoiono in carcere. In questi ultimi giorni tutti avete visto il comportamento della polizia contro i manifestanti a Istanbul e in altre città della Turchia. E’ quello che i kurdi vivono sulla loro pelle da decenni.
In Siria le persone donne muoiono nel conflitto ogni giorno, vengono torturate; nel carcere di Aleppo sono detenuti a centinaia e quando cadono le bombe vengono lasciati a morire fra le fiamme…
In Iran i kurdi vengono imprigionati e torturati solo a causa della loro origine e per le loro opinioni politiche, aspettano l’impiccagione senza sapere nulla circa la loro condanna e alle famiglie non viene comunicato nulla se non dopo l’avvenuta esecuzione della condanna a morte.
Non dimentichiamo in Turchia il presidente Abdullah Öcalan tenuto in isolamento sull’isola-carcere di Imralı da quattordici anni, isolamento riconosciuto come forma di tortura dalla normativa internazionale.
Per questo, sosteniamo con convinzione la raccolta di firme per una legge che introduca il reato di tortura anche in Italia in occasione della giornata del 26 giugno contro la tortura, perché non vi sia impunità per chi la pratica, soprattutto quando viene da agenti dello stato contro persone inermi, come nel caso di una ragazzina minorenne di Bingöl (Kurdistan turco) violentata per anni anche da militari e poliziotti che qualche giorno fa sono stati rilasciati dal tribunale che li dovrebbe giudicare.
Ufficio di Informazione del Kurdistan in Italia
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