La Repubblica islamica d’Iran ha impiccato decine di prigionieri politici curdi.Circa 14 detenuti nelle carceri iraniane hanno recentemente iniziato uno sciopero della fame contro la tortura e per i trasferimenti per cui soffrono.
Sono le lettere di Ferzad Kemanger che raccontano al meglio ciò che si sta vivendo nelle carceri iraniane.Kemanger fa luce sulla ferocia nel libro “Avabûna Stêrkan Mizgîna Hilatina Roje ye”, che è stato redatto da Dersim Oremar e pubblicato dalla casa editrice Aram.
Il corridoio della morte è un concetto che descrive i giorni dei prigionieri condannati a morte menrtre aspettano la loro esecuzione.Attendere nel corridoio morte è meglio che morire.La spada di Zulfiqar Ali, che la cosiddetta Repubblica islamica e gli aleviti/sciiti assumono come sacra,è il nome dato allo strumento di tortura utilizzato nelle carceri iraniane.
Non sappiamo quello che si sta vivendo nelle carceri in Iran oggi.Anche i parenti più stretti dei prigionieri politici sono stati male informati.Uno dovrebbe leggere, comprendere e raccontare il libro “Avabûna Stêrkan Mizgîna Hilatina Roje ye”, che serve come il documento più significativo su ciò che i prigionieri politici vivono.Il libro comprende le lettere non solo di Kemanger ma anche di Ferhad Wekîlî, Eli Heyderiyan, Sirin Elemhulî e Mehdi Îslamiyan impiccati insieme a lui.
La detenuta giustiziata Sirin Elemhulî dice quanto segue nella sua lettera:”la tortura inflittami è diventata l’incubo delle mie notti.Ho un mal di testa continuo causato dai colpi che ho ricevuto, e, a volte non riesco nemmeno a capire cosa sta succedendo intorno a me.Questa tortura mi ha dato un altro dono, il rapido deterioramento della mia vista.Ho sofferto ogni sorta di tortura in carcere, sconvolta e frustata, in modo che il mio corpo non sente piu’ il dolore.Loro mi avrebbero riportato in vita con acqua fredda quando sono svenuta. Ogni ora è diventata una parte della mia vita di tortura “.
Decine di detenuti in attesa nel “corridoio della morte” sono affetti dalla stesse brutali torture che si trovano ad affrontare in ogni momento trascorso in carcere, non soltanto durante gli interrogatori. L’ideale dei prigionieri politici va oltre tutte le torture che subiscono.
Kemanger dice quanto segue in una sua lettera: “Io sono in carcere da mesi ora. Vogliono che ceda loro la mia volontà.Le pareti delle prigioni non possono costituire un ostacolo tra me e il mio popolo,né può evitare il mio amore per il mio popolo.Erano determinati a rendere il sole e la luce del sole privi di significato attraverso le tenebre della prigione.Vogliono uccidermi oggi. Ho deciso di mia spontanea volontà di donare il mio cuore dopo la mia morte a qualcuno in attesa di un cuore.Con amore e la forza, voglio presentare il mio cuore ad un bambino, non importa chi è.
Vorrei solo che lui viva una vita lontano dal tradimento e guardi le stelle nel cielo.Lasciate che il mio cuore batta nel corpo di un’altra persona, non importa quale lingua parli e quale sia il suo colore della pelle.Lasciate che il mio cuore batta nel corpo di un bambino in modo che possa urlare con la sua bocca, e nella propria medrelingua.Voglio essere un vento in modo da diffondere l’amore e la forza del popolo per l’intero universo “.
ANF -ERDOĞAN ZAMUR*
Traduzione a cura della redazione di Retekurdistan