Kurdistan

Her yer Kobane, her yer Direnis Sanzionato con scritte e fumogeni il Consolato Onorario turco a Venezia

Ovunque è Kobane, ovunque è resistenza

L’attacco di Kobane (uno dei 3 cantoni del Rojava, territorio autonomo del Kurdistan siriano) da parte dei fondamentalisti islamici dell’Isis ha una logica chiara: attaccare un esperimento di sovranità autonoma e di autogoverno tra liberi e pari a prescindere dalla provenienza etnica o dall’appartenenza religiosa.

Quanto di piu’ lontano dal folle progetto di un califfato islamico governato dalla sharia. Gli jihadisti attaccano la regione autonoma del Rojava da 3 anni. Fanno questo potendo contare sul silenzio della comunità internazionale.

E’ evidente come gli Stati Uniti abbiano iniziato a interessarsi di questa regione solo nel momento in cui hanno visto i propri interessi vacillare, ovvero con l’occupazione da parte dell’Isis delle regioni petrolifere irachene.

La costruzione dei dispositivi di produzione di comunicazione e indirizzo dell’opinione pubblica ha seguito analogo schema: mentre anche riviste patinate hanno esaltato le donne guerrigliere del Rojava, sono scomparse le organizzazioni politiche e di autodifesa dentro le quali quelle stesse donne si collocano.

Si è oscurato il PKK, si è oscurato il YPG, si sono oscurate le uniche organizzazioni che hanno saputo arrestare l’avanzata dell’Isis e che, aprendo un corridoio umanitario nel Sinjar, hanno portato in salvo decine di migliaia di uomini e donne in fuga dagli jihadisti.

In questo spazio politico si è inserita la Turchia, da sempre fiancheggiatrice delle milizie jihadiste da utilizzare contro i curdi e contro il nemico Assad.

I carri armati e le migliaia di militari turchi messi al confine con il Rojava, a protezione della frontiera sono la spiegazione più chiara delle intenzioni del sultano Erdogan: nessun aiuto alle popolazioni sotto assedio mentre si impedisce agli attivisti accorsi da tutta la Turchia per portare soccorso nel Rojava, di poter passare il confine, caricandoli, gasandoli, sparandogli addosso. Stessa sorte sta toccando ai manifestanti che in numerose città della Turchia protestano contro la complicità del governo turco ed il silenzio dei media mainstream e della comunità internazionale.

Lungo la stessa frontiera tra Turchia e Siria sono passati nei mesi scorsi, indisturbati, camion di armi destinati alle milizie jihadiste. Tutto ciò è avvenuto alla luce del sole, il governo turco è consapevole infatti che la comunità internazionale non gli chiederà conto del supporto all’Isis in quanto è disposta ad attendere i tempi e le richieste messe in campo da Erdogan (no-fly zone, una fascia di sicurezza parallela al confine e l’addestramento di ribelli siriani contro Assad) pur di mantenere un rapporto di non nemicità con la Turchia.

Nel Rojava migliaia di uomini e donne stanno resistendo e difendendo una pratica di costruzione di autogoverno tra pari e nelle differenze. Hanno conquistato diritti e libertà non solo per il popolo curdo, fondando una pratica della cittadinanza aperta a chi vive in quei luoghi a prescindere da genere, religione ed etnia.

Bisogna ribaltare la nebbia della comunicazione mainstream che, in un lavoro di spostamento, tanto si è soffermata sulle guerrigliere donne quanto poco sulle ragioni politiche che hanno loro portato a praticare l’autodifesa della loro autonomia.

Accogliamo l’invito che ci viene dal Kurdistan a mobilitarci a fianco della resistenza del Rojava e per questo oggi abbiamo deciso di esser qui (con i nostri corpi) a Venezia a praticare un’azione di sanzionamento nei confronti del Consolato Onorario turco, perchè il governo di Erdogan smetta la sua politica di ambiguità nei confronti dell’Isis, determini la fine della repressione nei confronti dei cortei a sostegno della resistenza curda e apra le frontiere a chi vuole raggiungere e portare aiuti a Kobane.

Riteniamo vergognoso che tutto ciò avvenga nel silenzio della comunità internazionale.Siamo qui perchè vogliamo che sia riconosciuta l’ autonomia di Rojava e il suo diritto alla difesa.Abbiamo deciso di dedicare questa iniziativa alla combattente delle YPJ Arîn Mirkan che, terminate le munizioni, in un confronto con le milizie jihadiste a Miştenur ha attuato un attacco suicida per non dover subire lo stupro e la decapitazione, pratiche comuni alle bande dell’Isis.Siamo qui perchè Kobane è ovunque, ed ovunque è resistenza.

Centri sociali dell’Emilia Romagna, delle Marche e del Nordest

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