Il report del primo giorno in Kurdistan degli attivisti Egidio Giordano e Luca Manunza
Pubblichiamo un testo inviatoci dagli attivisti partiti ieri per il Kurdistan ed arrivati nella città di Suruç, la città curda sul confine turco che accoglie i profughi della battaglia di Kobane che si svolge pochissimo oltre il confine. Il loro scopo, è di fare informazione dal basso, video-documentare le voci di chi è arrivato nei campi profughi da Kobane, ma anche di chi sul confine cerca di sostenerli e subisce la repressione turca che è sempre attiva in Kurdistan. E soprattutto cercano di capire con relazioni dirette quali sono le forme per esprimere solidarietà internazionalista concreta per le donne e gli uomini che si trovano là.
La prima impressione che abbiamo a poche ore dall’arrivo a Suruç è quella di una città divisa. Da una parte il tetro colore dell’esercito, che chiude cinicamente ogni varco, ogni strada, ogni via d’accesso al confine e non contento si fa rifornire ancora dal Governo di Ankara di mezzi per impermeabilizzare ancora di più la frontiera. Dall’altra l’umanità viva e vera dei curdi. L’enorme massa umana che si distribuisce tra i campi profughi in cui si accalcano le famiglie (soprattutto anziani e bambini) dei partigiani che lottano incessantemente dall’altra parte dei blocchi.
Una massa a cui si uniscono progressivamente anche i feriti, che tornano indietro e superano il confine per farsi curare, clandestinamente e rischiando l’arresto. Poi ci sono i giovani, tanti ma non sappiamo ancora dire quanti, che si accalcano sulle colline in attesa che si apra una porta. La sensazione che si respira forte è che questa città stia solo aspettando di speronare quel muro di soldati e vergogna per invadere Kobane e riprendersi i territori dalle mani fasciste di ISIS.
Dall’altra parte, ci dicono, il cibo e le munizioni stanno finendo, nonostante la resistenza continui e porti risultati importanti. Suruç però sa cosa accade dall’altra parte, a una manciata di chilometri, e preme per tendere la mano a chi resiste. Tra poche ore incontreremo il sindaco della città e proveremo a farci raccontare cosa è accaduto in queste ultime settimane in questo posto ai confini dell’Europa, dove va in scena delle più eclatanti rappresentazioni dell’ingiustizia delle frontiere e della necessità di distruggerle.
Intanto a Kobane si combatte ancora, infatti pochi minuti fa a 1 km dalla città si udivano spari ed esplosioni, ed in questo momento sono iniziati i bombardamenti aerei sulle basi d’appoggio dell’IS.
Global Project