IS, il risultato del crollo della rivolta araba?
Foti Benlisoy, scrittore e dottorando all‘Università Bogaziçi, Kurdistan Report 176 | novembre/dicembre 2014
A partire da due diverse impostazioni la domanda sulla nascita e lo sviluppo di »Stato Islamico« IS può avere anche risposte diverse. A questo proposito ultimamente tensioni e disaccordi geostrategici a livello internazionale vengono riconosciuti come fattore determinante. In questa risposta, che si può definire anche come »modello-Frankenstein«, le forze imperialiste e regionali appaiono come effettivi artefici della nascita e dell’espansione di IS, che lo hanno creato indirettamente e/o direttamente e ora dicono di non riuscire a venire a capo di questa barbarie. Dunque IS è un soggetto che agisce direttamente o indirettamente »sul campo« l’agenda delle forze responsabili per la sua creazione e nel farlo di tanto in tanto sfugge al controllo.
I poteri forti dietro IS
Nell’atmosfera del generalizzato e giustificato stupore per la fulminea e poderosa ascesa di IS sono comprensibili gli sforzi per la rivelazione dei poteri forti dietro IS. Lo mostrano le dichiarazioni di Biden, che attribuisce responsabilità se non dirette, almeno indirette per il rafforzamento di IS ad Arabia Saudita, Qatar e forze regionali come la Turchia. In Turchia soprattutto le forze dell’opposizione sociale sottolineano l’enorme responsabilità della politica siriana del governo dell‘AKP in proposito. In questo contesto gli sforzi per la rivelazione delle relazioni tra IS e stato turco sono ovviamente giusti e significativi.
IS è solo una marionetta?
Questa spiegazione alla luce della dinamica di sviluppo ed espansione di IS è troppo semplicistica. Un’interpretazione ancora più estrema, ma largamente diffusa vede IS come una cospirazione, un dispositivo operativo delle diverse forze regionali. Ne è un esempio la rappresentazione come opera degli USA o subappalto della Turchia e quindi la sua semplificazione. Ovviamente vanno discusse le responsabilità degli USA e della Turchia per lo sviluppo di IS e l’aumento della violenza di natura confessionale nella regione. Ma questo non deve portare a declassarlo a marionetta degli USA o della Turchia, ovvero a intrigo il cui risultato si possa far rientrare facilmente. Dall’altro lato questo punto di vista nonostante il pericolo di possibili debolezze e di conversione in una sorta di »complotto«, ha anche seri vantaggi.
Siria e Iraq: una nuova area di conflitto
Sia l’Iraq che la Siria sono diventati un territorio che contiene al suo interno tutti i conflitti e processi di scontro. Attraverso il conflitto in Iraq e soprattutto in Siria vengono create ex novo molte dinamiche di conflitto, a partire dalla versione ridotta di una guerra fredda tra USA e Russia, così come la guerra fredda »regionale« tra le monarchie del Golfo e l’Iran. Quindi non è inutile cercare dietro qualunque sviluppo nella regione, soprattutto dietro l’emergere di un’organizzazione terribile come IS, una serie di attori imperialisti e regionali. Prendiamo l’esempio della Turchia. Nel frattempo è noto e viene pubblicamente discusso che il governo dell’AKP per i propri interessi in Iraq e in Siria tollera IS, ammette che la Turchia venga utilizzata come zona di approvvigionamento e ritirata e come zona di transito per i rifornimenti per i combattimenti e che tollera i suoi affari con il petrolio.
Il partenariato tra Turchia e IS è pubblico
La Turchia tollera IS, distribuisce persino »carezze«, per contrariare il governo a Bagdad e soprattutto il Rojava. In questo senso il ruolo della Turchia nell’espansione di IS è palese. Ma questo non significa che si tratti di un subappalto della Turchia o che gli interessi e obiettivi di IS e Turchia coincidano. La comunanza mascherata ed episodica in condizioni diverse può rapidamente trasformarsi in ostilità.
Il risultato di relazioni di potere e dominio
Per poter capire e spiegare il fenomeno del rafforzamento di IS è necessaria una spiegazione di impostazione diversa. Il quadro è costituto dalla dinamica interna alla società sia in Iraq che in Siria. A partire dagli sviluppi di questi due stati, le basi per la violenza di natura confessionale e la vendetta sunnita di cui IS si considera potatore soprattutto in Iraq, vanno cercate nella storia degli ultimi dieci anni. Questo non cambia nulla rispetto alle responsabilità di USA, Arabia Saudita, Qatar e potenze regionali come la Turchia (quindi anche l‘Iran) per il rafforzamento di IS, ovvero della violenza di natura confessionale. Questa responsabilità non è solo il risultato di una politica di sfruttamento. È il risultato di relazioni di potere e dominio ancora più complesse.
Per capire come si è sviluppato IS e se è stabile, va indagata la dinamica storica che ha caratterizzato almeno gli ultimi dieci anni nella regione. Vanno analizzati la politica di intervento degli imperialisti che hanno trasformato l’Iraq in un campo di battaglia di natura confessionale, le forze regionali (soprattutto la Turchia) che hanno sempre abusato dell’aspetto confessionale nei conflitti regionali, regimi autoritari che hanno massicciamente oppresso l’opposizione laica e così spianato la strada alla commistione tra religione e politica e la politica di distruzione delle reti solidali che garantiscono una coesione sociale.
Il risultato del crollo della rivolta araba
Se consideriamo gli ultimi anni – analogamente all’esempio del fascismo –IS è il risultato del crollo della rivolta araba, in particolare della ritirata generale e della trasformazione della rivolta popolare in Siria in una guerra tra religioni. Così come il fascismo rappresenta un movimento che ha messo in moto »la disperazione antirivoluzionaria della piccola borghesia«, IS va inteso come organizzazione della mobilitazione antirivoluzionaria dei »[ceti] inferiori«.
Il sostegno sociale per IS che ne rende possibile il successo militare è un’espressione della radicalizzazione delle reazioni nella società sunnita emarginata in Iraq. Ma questo non rende IS (come viene propagandato dai seguaci dell’AKP in Turchia) un rappresentante della »primavera irakena« (come continuazione delle rivolte arabe). La rivolta alla quale appartiene IS è una parte costitutiva dell’assedio antirivoluzionario che calpesta le speranze di libertà e uguaglianza generati dalla cosiddetta primavera araba e dai movimenti popolari. In condizioni in cui non sono riuscite a prevalere le forze rivoluzionarie democratiche, le turbolenze politiche e sociali risultate dalla rivolta dal 2011 in poi rafforzano la violenza caratterizzata su base confessionale o etnica e in questo modo anche la disperazione e l‘alienazione. Per questo non possiamo sganciare la mobilitazione di determinate masse in Siria e in Iraq da parte di organizzazioni come IS (e strutture simili) dalle condizioni che producono questa disperazione.
L’attacco al Rojava non è casuale
Per questo non è un caso che il Rojava, che va visto come una propaggine della fase rivoluzionaria che ha scosso la regione, si trova a confrontarsi con IS. Perché è evidente che la rivoluzione rappresenta la vera alternativa a IS, tanto quanto al fascismo.
Per questa ragione va tenuto conto contemporaneamente di due parametri, in particolare da un lato gli interessi e conflitti geostrategici a breve termine, dall’altro aspetti sociali e storici a medio e lungo termine. Un ulteriore presupposto per la lotta contro IS è la necessità di comprendere la sua logica assassina e di decifrarla.
Chi è IS e qual è la sua pratica?
L’approccio popolare secondo il quale IS sarebbe una banda barbarica, ovvero un’accozzaglia di matti che si augura un ritorno al medioevo, porta alla banalizzazione del pericolo. Perché IS è un’organizzazione assolutamente »moderna« e »razionale« che sfrutta le sue risorse con tutti i metodi di una mafia moderna, conduce campagne efficaci nei social media e discute apertamente le sue strategie militari. Se i nazisti meritano aggettivi simili, dovrebbe essere chiaro che »moderno« e »razionale« in questa situazione non rappresentano dei complimenti.
IS terrorizza gli abitanti delle zone che controlla; questo è noto a tutti noi. Contemporaneamente chiama al califfato, che è utopico, e trova, anche se non lo prendiamo sul serio, una certa approvazione. Nell’immaginario politico popolare o nel mondo di fantasia politico-sociale può trovare risonanza. Soprattutto in paesi con l’Iraq e Siria, dove sono distrutte le regole, istituzioni e relazioni, questo porta a un despotismo collettivo.
Qual è la particolarità?
Per capire la strategia di IS, è necessario, anche se solo brevemente, approfondire le particolarità all’interno del »movimento jihadista «. È noto che IS è nato dalle ceneri dell’Al-Qaeda irakena guidata da Abu Musab az-Zarqawi. Az-Zarqawi in effetti rappresentava una posizione autonoma all’interno di Al-Qaeda. Anche se restava fedele alla linea jihadista secondo la quale i diversi regimi a sfondo islamico avevano deviato in misure diverse dall‘Islam, non aveva questi regimi come obiettivi immediati, ma seguiva una strategia indirizzata verso gli USA. La linea di az-Zarqawi intanto in parte deviava da quella della centrale e si focalizzava su obiettivi vicini, i regimi di Iraq e Siria, così come dell‘Iran. Questo atteggiamento significava che dichiarazioni e azioni »eretiche« avevano un significato particolare per la linea di az-Zarqawi. La violenza contro gruppi e persone che si discostavano dalla religione e quindi diventavano blasfemi, è una caratteristica comune a tutti i movimenti jihadisti. Le particolarità di az-Zarqawi hanno portato al fatto che la sua corrente spesso viene definita eretica.
Tra questi movimenti che sono nati da fonti ideologiche e politiche uguali ci sono differenze nell’accentuazione, nella scelta dei tempi e nello stile. Si tratta qui solo di sfumature. Gli attacchi aerei della coalizione da tempo hanno rotto il ghiaccio tra i »fratelli diventati nemici« del »movimento jihadista globale«. La dichiarazione del califfato ha fatto di IS il nuovo centro del »movimento jihadista globale«.
La Turchia deve decidersi
Proviamo a riassumere: se il governo dell’AKP non ha deciso di cambiare la sua collocazione nel sistema internazionale, sarà costretto allo scontro con IS. Se il »califfato« si insedia in modo duraturo, prenderà di mira la Turchia »convertita«. Allora vivrà con IS, con il quale ha stretto un’alleanza contro i curdi nel Rojava, in ogni caso un »effetto boomerang«, come abbiamo visto con l’esempio Pakistan/talebani. L’informazione su migliaia di miliziani di origine turca all’interno di IS mostra che l’organizzazione ha una relazione con la società turca e dispone del potenziale di coinvolgerne una certa parte. Il quadro che ne risulta è terribile. Potremmo essere costretti per molto tempo al »vicinato« con IS. IS ha radici troppo reali e stabili per poterlo rappresentare come un intrigo o una manovra cospirativa. Ci auto-illudiamo se non ci interroghiamo sui fondamenti economici e sociali del fulmineo e terrificante sviluppo di IS e se crediamo di poter superare questa situazione con qualche anatema politico. Il quadro creatosi è appunto terribile. Dobbiamo avere il coraggio di osservarlo con maggiore precisione.
*Foti Benlisoy: laureato alla facoltà di giurisprudenza dell’università di Istanbul, tesi di dottorato alla facoltà di storia dell’università Bogaziçi; numerosi articoli e testi tra l’altro su: Birgün, Evrensel e Özgür Gündem; libri: »La prima ondata rivoluzionaria del 21° secolo« e »La resistenza di Gezi: un ›interessante‹ inizio della Turchia «; editore nella casa editrice istos.
Fonte: www.kurdistan-report.de
testo originale http://civaka-azad.org/wie-ist-der-zu-verstehen/