Arrivare domenica 30 novembre al villaggio di Mehser è sembrato tutt’altro che arrivare in una zona di guerra. L’atmosfera, nonostante l’infame attacco perpetrato dall’ISIS il giorno prima, con la complicità dell’esercito turco, era festosa. Era prevista la visita del co-presidente del partito curdo HDP, Selahattin Demirtas e già a metà mattina moltissime persone si sono recate con ogni mezzo nel piccolo villaggio per portare la loro solidarietà ai compagni presenti sul confine e ai combattenti di Kobane.
Tra uno slogan in favore di Ypg e Ypj e un altro per il comandante Apo, canti e balli non si sono risparmiati, soprattutto quando si è udito da oltre confine il boato del primo, e tanto atteso, bombardamento della coalizione della giornata. Dalle informazioni che siamo riusciti a raccogliere, dal punto di vista militare la situazione è sostanzialmente in fase di stallo. Noi stessi siamo testimoni della sporadicità degli scontri: qualche raro colpo di mortaio, corte raffiche di mitragliatrice e il fumo nero di una singola bomba.
Poi ci sono le storie delle persone che abbiamo incontrato: c’è Apo che è appena tornato dall’Europa per aiutare i suoi compagni con l’inglese, c’è il ragazzo che dal giorno della sua fuga notturna da Kobane non ha più notizie di cinque dei suoi famigliari, c’è il medico tedesco che ha preso le ferie per dare una mano negli ambulatori dei villaggi. La forza di queste persone sta proprio nel non mollare mai, neanche quando chi dovrebbe garantire la tua sicurezza si fa complice con il peggior nemico del mondo.
Alla notizia dell’arrivo del co-presidente Demirtas l’enorme folla, di qualche migliaio di persone, si è mossa spontaneamente, formando un vero e proprio cordone tra Mehesser e il check-point dell’esercito prima del confine con la Siria e Kobane. Si era anche sparsa la voce che i più giovani volessero tentare una qualche azione sul confine ma il tutto si è risolto con un comizio a pochi metri dall’esercito. Il copresidente ha chiesto che il governo turco prenda una posizione ufficiale o con chi resiste o con l’ISIS.
Canti e cori in favore dei compagni che resistono non si sono risparmiati neanche qui, ma anzi sono aumentati tanto che siamo sicuri siano stati ben uditi da chi si rifugia codardamente nelle autobombe per spezzare questa resistenza. Insomma un’altra giornata di forte emotività dal confine turco-siriano che si è conclusa nel migliore dei modi con ancora centinaia di persone che sfidando il freddo continuano ad intonare canzoni intorno ai fuochi, tra una raffica di mitra in sottofondo e il rombo dei bombardieri nel cielo.
Paola e Marco, Centri sociali del Nord-Est