Un saluto a tutti e tutte.Scriviamo dalla struttura detentiva di Urfa, dove ci troviamo da giovedì, a seguito del nostro fermo la notte precedente durante il rientro in Turchia.Lo facciamo in primo luogo per rassicura tutti sulle nostre condizioni: stiamo bene e il morale è alto, e questo lo dobbiamo alla solidarietà e alla vicinanza manifestataci in questi giorni.
Dopo la prima notte, passata tra caserme, perquisizioni ed interrogatori, la situazione è decisamente migliorata, anche se rimane la rabbia e la frustrazione per il prolungamento della nostra detenzione.
Una rabbia ancora più grande la proviamo pensando a quello che vuol dire l’embargo turco ai danni del Rojava: l’impossibilità di ricevere aiuti umanitari e di varcare la frontiera ad eccezione che per i profughi di rientro in Siria.
Abbiamo ancora nelle orecchie le urla e i rumori dei colpi durante il selvaggio pestaggio inflitto dai militari ad un ragazzo curdo fermato insieme a noi.
Questo è solo un episodio che ci racconta quello che quotidianamente vive il popolo del Rojava e quello che rischiano i ragazzi delle campagne di Kobane che permettono il passaggio degli internazionali e non solo attraverso la frontiera.
Ci sentiamo più vicini che mai a questo popolo che per la difesa delle libertà e contro il fascismo dello stato islamico ha dato tutto.
Un popolo che è ancora capace di regalare sorrisi, accoglienza e solidarietà, sempre fiero nell’affermare che quella che sta portando avanti è una lotta per l’umanità e dell’umanità.
E così, da parte nostra non possiamo che affermare di non pentirci di nulla, convinti più che mai dei motivi che ci hanno spinti a partire 10 giorni fa.
Ci auguriamo che la solidarietà verso il popolo curdo si rafforzi e continui e che il mondo si mobiliti per la fine dell’embargo turco.
Con Kobane, Rojava e lo stupendo popolo curdo nel cuore, dovremmo fare ritorno a Malpensa martedì, nel tardo pomeriggio.
Un enorme grazie a tutti coloro che ci sono vicini.
Viva Kobane.
Viva il Rojava libero.
Contro tutte le frontiere.