Arrivo al Leoncavallo qualche minuto prima delle 19.30, ovvero dell’ora d’incontro per le interviste.In via Watteu 7 ci sono già molte persone, quasi tutte della comunità curda milanese. Arrivano anche alcuni giornalisti.
La delegazione di Kobanesi è in ritardo. Quando arriva è l’emozione a prendere il sopravvento. Così sono abbracci e baci con la comunità curda ad avere, giustamente ad avere la priorità.
Nessrin Abdalla, Comandante delle YPJ, le Unità di difesa delle donne, è il personaggio mediatico di questi giorni in Italia. Forse perché nel nostro paese ancora non si riesce a pensare davvero che una donna possa essere leader politico e militare. Non arriva da sola Nessrin, arriva assieme a Anwar Muslem che è il Co-Presidente del Cantone di Kobane.
Ci mettiamo in fila per l’intervista. Answar appena può si defila, e si mette a parlare con il rappresentante milanese della comunità curda. E’ chiaro che questo viaggio per loro è anche occasione per fare rete con i compagne e compagni sparsi per l’Italia.
Siamo gli ultimi. Nessrin ci accoglie con un sorriso militare. Cioè sorride con una dolcezza estremamente enorme ma con un impostazione fortemente militaresca.
I suoi occhi sono vivi e allegri, trasmettono forza e dignità mista a passione. Incrociarli è difficile.
Questi sguardi mi riportano velocemente ad una terra che conosco bene e che si chiama territorio autonomo ribelle Zapatista del Chiapas.
Iniziamo l’intervista chiedendo a Nessrin se ci racconta il percorso di resistenza delle donne.
Nessrin: Quando si riesce a resistere si riesce anche a prendere in mano la propria epoca, la propria vita. Si riesce a controllare il proprio tempo. Noi oggi abbiamo iniziato a controllare il nostro tempo e prendere in mano la nostra vita. Nella resistenza del Rojava ci sono parti della storia che sono andate per il suo corso naturale, altre sono state determinate da una nuova modalità organizzativa. Non è la prima volta che le donne curde si trovano a combattere e che partecipa in una forza armata. Le donne Curde già da anni combattevano contro il sistema patriarcale maschilista per esempio. L’arrivo dello YPJ è come l’arrivo di un frutto. Un frutto nato dalle altre rivoluzioni. Si è un frutto non saprei come altro definirlo. Lo YPJ è riuscito ad allargare il fronte delle donne, per la prima volta è diventato un movimento ampio. Ci siamo organizzate per lottare su due piani.
La prima parte della lotta è per la difesa della nostra nazione. Mentre lottavamo contro il nemico nazionale ed internazionale (ISIS), siamo diventate una lotta internazionale, una lotta di donne internazionale. La seconda parte della nostra lotta è più interna alla nostra società curda ed è quella di sviluppare l’identità della donna stessa.
Le donne in Rojava non hanno solo preso in mano le armi, hanno proprio preso in mano tutti i pezzi della vita organizzativa della lotta. Hanno fatto arruolamento, organizzato parte della politica, della diplomazia e della società in lotta.
Nello YPJ per esempio siamo arrivate ad avere un organizzazione completamente autonoma. Dall’addestramento all’organizzazione. Lo YPJ è un tetto e sotto ci sono migliaia di donne che decidono e si organizzano autonomamente.
YPJ non è solo combattere o avere armi. E’ un idea, un ideologia che si contrappone al patriarcato.
Per noi combattere contro l’ISIS è anche questo. Per questo si può parlare di rivoluzione delle donne, perché non lottiamo solo contro un nemico ma lottiamo anche per noi come donne.
Nessun paese nel mondo è riuscito a fermare l’ISIS, l’unica forza che ha fermato l’avanzata dell’ISIS è stato lo YPJ.
Le donne hanno combattuto contro l’ISIS in una maniera diversa. Con una dignità senza precedenti. La sconfitta dell’ISIS contro l’esercito femminile dello YPJ è una sconfitta doppiamente forte.
D: Come vi formate dentro lo YPJ?
N: Nella nostra organizzazione abbiamo delle “accademie”. Sono dei luoghi dove facciamo formazione storica e filosofica, ma non solo insegniamo anche cos’è l’ISIS e cos’è il patriarcato.
La resistenza contro l’ISIS non è solo una resistenza fisica.
ISIS sta perdendo contro la nostra dignità. Noi combattiamo l’idea dell’ISIS. ISIS è un mostro per tutto il mondo. Noi combattendo non solo fisicamente ma anche con dignità e volontà abbiamo trovato una forza diversa che ci ha permesso di vincere.
D: Come possiamo supportarvi materialmente in questa lotta?
N: Questa serie d’incontri sono stati presi da noi con la speranza di riuscire a creare rapporti di solidarietà reale. Non solo come momenti di racconto.
A noi serve molto aiuto per combattere quel mostro che è l’ISIS, a noi va bene qualunque cosa decidiate di mettere in campo. Che ne so potete portare la nostra voce nelle piazze e raccontare cosa succede realmente. Oppure potere fare pressione sulle vostre istituzioni perché ci aiutino e ci supportino. Ci serve materiale tecnico e militare per esempio. Ma è importante anche l’attivazione di ognuno di voi anche da qui. Difendere la nostra autonomia e il sistema autonomo democratico può essere fatto anche con la volontà attiva nel vostro paese in tante maniere, sia venendo da noi, sia con iniziative in Italia. Quello che abbiamo pensato in Kurdistan è che in Italia ci sono tanti gruppi e organizzazioni che hanno appoggiato la resistenza autonoma del Rojava, non solo la lotta ma proprio il percorso e l’idea di autonomia che ci sta dietro. Per questo siamo venuti qua, per vedere come si muoveva questa solidarietà anche in Italia. Qua abbiamo visto che c’è molto di più di quello che ci aspettavamo, abbiamo visto solidarietà vera, solidarietà che parte dall’anima.
Milanox Eu