Non so fin dove ripercorrere la storia dei curdi per raccontare che cosa hanno vissuto, che cosa è successo in Kurdistan, senza andare molto lontano nel tempo. È difficile spiegare che cosa abbia vissuto negli ultimi cento anni questo popolo maledetto; che cosa hanno fatto i curdi all’umanità?
Hanno forse attaccato altri popoli, o occupato territori di altri popoli? Oppure non hanno accettato di vivere insieme ad altri popoli? Non hanno mai voluto portare la pace in Medio Oriente? Non hanno forse mai lottato per la democrazia? Voglio chiedere che cosa abbiano fatto di male i curdi. Non hanno fatto male a nessuno; è un popolo che ha sempre occupato il suo territorio, ma che è stato negato come popolo stesso, non considerato neppure umano, sempre sotto pressione da parte di quattro stati (Turchia, Iran, Iraq, Siria), nel cui territorio vivono i curdi; nei loro confronti questi stati hanno costantemente applicato le loro politiche di assimilazione riguardo alla lingua curda, al modo di vivere, a tutta la cultura curda, che sono stati a lungo vietati.
I curdi, come tutti gli altri popoli, hanno una propria tradizione, hanno diritto di respirare la propria identità, ma ogni tentativo di affermare i propri diritti è sempre finito con dei massacri, a partire dal 1915 e fino ad oggi, con 80 massacri. L’ultimo massacro è avvenuto nel Kurdistan siriano il 25/06/2015: in quest’occasione sono stati uccisi più di 160 civili e ci sono stati 200 feriti in seguito all’attacco dei terroristi fanatici di isis. Ma da dove è uscito questo isis? Perché nel ventunesimo secolo i curdi vengono trattati in maniera disumana in Medio Oriente? Dopo la Primavera araba in Siria, nel 2011, i siriani hanno iniziato a mobilitarsi contro il regime di Assad, ma i curdi hanno capito che questi movimenti non volevano portare la democrazia in Siria, non avevano come scopo creare una Siria democratica.
I Curdi già avevano avuto molte dure esperienze con il regime di Assad, perciò non hanno preso nessuna posizione; sapevano infatti che né da parte di Assad né da parte dei ribelli (come abbiamo scritto sopra, molti di loro sono diventati neofascisti e fanatici) non c’era la volontà di portare la pace in Siria. Perciò i curdi hanno creato una propria strada verso la convivenza democratica in Siria e hanno dichiarato la Regione Autonoma Rojava, (che si trova nel Nord della Siria), che è divisa in tre cantoni: Cezire, Afrin e Kobane. L’obiettivo della dichiarazione di questa regione autonoma è vivere democraticamente insieme, gestire un territorio insieme in piena parità, dove ogni popolo può parlare la propria lingua, può respirare la propria cultura, con una pari suddivisione delle risorse e con un gestione diretta della democrazia.
Questi principi sono il sogno dei Curdi, perché mai hanno potuto avere un’opportunità di convivenza simile. Alcune organizzazioni e alcuni Stati hanno visto in questo sistema una minaccia per il loro sistema capitalista. Nel 2012 per la prima volta, sotto il nome di El-Nusra, un gruppo di estremisti islamici ha attaccato la regione autonoma Rojava; dopo questo attacco, i curdi della diaspora hanno iniziato organizzare delle manifestazioni per attirare l’attenzione dell’opinione pubblica, per mettere in allarme il mondo intero sul pericolo rappresentato per tutti dall’ascesa di questi jihadisti.
Ma quando i Curdi facevano queste manifestazioni non si trovavano a fianco né gli stati né i popoli: nessuno ha voluto ascoltare, nessuno forse pensava che questo fenomeno sarebbe durato così a lungo, pensavano: “due bombardamenti, poi finirà”. Ma non è stato così. I membri dello stato islamico adesso sono sparsi per tutto il mondo, adesso costituiscono un serio pericolo per tutta l’umanità, non solo per i curdi; ogni giorno che passa diventano più forti. Questo è avvenuto perché con lo scopo di far cadere il regime di Assad, gli stati sunniti (Qatar, Arabia Saudita, Turchia…) hanno fornito armi e soldi a volontà a questi pazzi.
Nel settembre del 2014, quando sono entrati nella zona di Sinjar (Sengal) è stata la prima volta che abbiamo sentito il nome di “stato islamico” e del loro califfato Abu Bakr al Baghdadi: Ma era ormai tardi per bloccare la loro avanzata. Questi jihadisti nel Sinjar hanno ucciso più di 8000 curdi yezidi (La religione Yezida è una delle religioni più antiche della Mesopotamia, in origine i curdi erano Yezidi), più di 5000 donne Yezidi sono state rapite, sono state portate al bazar di Raqqa e sono state vendute da 10 dollari a 1000 dollari l’una; in parte sono state vendute nel Qatar, altre in Arabia Saudita e in vari altri Paesi del Golfo.
Soltanto grazie ai combattenti del PKK, che hanno eroicamente combattuto contro questi jihadisti, salvando la vita ai curdi yezidi, ai turkmeni e agli arabi, questa zona è stata liberata. Secondo gli Stati Uniti e l’Unione Europea il PKK è ancora considerata un’organizzazione terroristica, questo non lo capisco: coloro che salvano la vita dei civili, coloro che combattono per l’umanità vengono considerati terroristi! Come mai vengono trattati alla stessa maniera di quelli che massacrano i civili? Questa è una cosa assurda, dobbiamo pensarci tanto sul questo fatto!
Isis per attirare l’attenzione dei fanatici islamisti ha scelto soltanto la strada della violenza, con l’intento di distruggere il mondo per portare ovunque il califfato. Nel Medio Oriente, unico popolo del Medio Oriente, soltanto i curdi si sono opposti contro questi fanatici, perciò proprio loro sono stati attaccati, a Kobane, che è rimasta per 4 mesi sotto l’assedio dello stato islamico. I curdi, con i loro combattenti dello YPG e dello YPJ, con l’aiuto dei peshmerga (una forza militare del Kurdistan Iracheno) e dei bombardamenti della coalizione, hanno eroicamente salvato Kobane, che ha resistito contro isis fino al 26-01-2015, quando Kobane è stata liberata, diventando una città simbolo dell’eroismo per i curdi e per i loro compagni.
A Kobane sono rimaste soltanto rovine dei suoi edifici, è una città morta: prima della guerra nel cantone di Kobane abitavano cinquecentomila persone; alcune persone durante della guerra non sono andate via, ma la maggior parte della popolazione è fuggita in Turchia e in altri paesi del mondo. Dopo la liberazione, circa 120000 persone sono tornate a Kobane, ma non hanno trovato la vita che hanno lasciato. La gente però ha ugualmente ricominciato a vivere, ad andare avanti, sebbene in una città distrutta, senza acqua, senza elettricità, senza casa: hanno portato le tende che avevano in Turchia per poter tornare a vivere nel loro territorio libero.
Piano piano hanno iniziato ad aprire alcuni edifici, le scuole, gli ospedali, e, da soli, hanno iniziato a ricostruire la loro città, a pulire le rovine, a creare di nuovo la città e di nuovo a ricostruire quella nuova società del Medio Oriente che è il loro sogno, come abbiamo scritto prima: la lotta curda non è una lotta per avere un stato, ma per creare un Medio Oriente libero e democratico, dove si possa convivere in modo paritario e libero. I curdi, insieme ai Burkan Al-Firat (un gruppo che faceva parte dell’Esercito Libero Siriano), hanno liberato la città di Tal-Abayd dalle mani dei terroristi isis. La maggior parte di questi jihadisti si sono ritirati nella loro capitale Raqqa; parte di questi però sono entrati in Turchia. Con liberazione di Tal -Abayd si era creato un importante corridoio tra i due Cantoni Cezire e Kobane.
Kobane, infatti, era stata fino a quel momento isolata, subendo gli effetti di un un embargo da quattro parti, da parte di isis su tre fronti e da nord da parte del governo turco, quindi non arrivavano aiuti sufficienti e necessari, quali medicine, cibo, gasolio, benzina, o, se riuscivano ad arrivare, costavano tanto. Dopo l’apertura del corridoio tra i due cantoni la situazione è cambiata molto, e sono pure iniziate ad arrivare altre persone per vivere a Kobane; le condizioni di vita sono migliorate rapidamente. Ma dopo una settimana, il 25-06-2015 alle 5:00 di mattina, i miliziani isis hanno attaccato un’altra volta Kobane, con 3 autobombe e moto-bombe kamikaze. Queste esplosioni hanno provocato un massacro di civili, per la maggior parte bambini e donne. L’attacco è durato 3 giorni, provocando più di 160 morti e di 200 feriti. Dopo 3 giorni di scontri armati, Kobane ha resistito ed è di nuovo libera. Ma voglio chiedere alla Comunità Internazionale: i curdi che cosa hanno fatto all’umanità per meritare questo destino?
*Testimonianza di un rifugiato politico curdo in Italia