Kurdistan

Rapporto sul massacro di Kobane il 25 giugno

Questo documento si basa sulla decisione presa dal Consiglio Esecutivo il 28-6-2015 nel Cantone di Kobane, che prevedeva la formazione di una speciale commissione per documentare il massacro della popolazione il 25-6-2015 ad opera dell’organizzazione terroristica Daesh che si era infiltrata in città. Al termine di indagini approfondite, e dopo aver ascoltato alcuni testimoni, la Commissione sottopone il report alle organizzazioni per i Diritti Umani e ad altre organizzazioni pubbliche.

Il Cantone di Kobane è uno dei tre, insieme a quelli di Cizire e di Afrin, dove un gruppo di partiti politici e organizzazioni della società civile ha annunciato la nascita di una Amministrazione Democratica Auto Governata per riempire il vuoto amministrativo, garantire sicurezza e i minimi requisiti di vita alla popolazione dopo la liberazione dal regime Siriano. Le Unità di Difesa del popolo (YPG)e le Unità di Difesa delle Donne (YPJ) si sono alleati con loro e con la polizia locale Asayish e Alle Forze di difesa degli assiri (SOTORO) del Dipartimento – che garantiscono la tutela e la sicurezza delle province – contro i gruppi di Salafiti.

I primi di Settembre del 2014 il Cantone di Kobane è stato attaccato dall’organizzazione terroristica Daesh, al termine di un lungo assedio durato diversi mesi che aveva portato al controllo di gran parte della città da parte di Daesh e alla distruzione di case e infrastutture con la conseguente migrazione di gran parte della popolazione. Dopo quattro mesi di eroica resistenza, le Unità di Difesa del Popolo sono riuscite – insieme a battaglioni di combattenti autonomi e con il supporto degli aerei della coalizione internazionale – a proteggere il popolo e a cacciare i terroristi al di fuori dei confini del Cantone.

Dopo la liberazione i residenti sono tornati in città e hanno lentamente ripreso a vivere, ma i terroristi si sono rifatti vivi, avvantaggiandosi della presenza delle truppe al fronte, per infiltrarsi in città come soldati dell’Esercito Libero Siriano alleato con le Unità di Difesa del Popolo.

Alle 4:30 del mattino del 25/6/2015, i terroristi (Daesh) sono entrati in città uccidendo 23 civili, tra donne, bambini e anziani nel villaggio di Berkh Botan, posizionandosi sui tetti di alti palazzi. Hanno quindi continuato a sterminare tutti quelli che incontravano nei pressi del forno e del quartier generale del Governo di Kobane; sulla strada a sud di Aleppo; nelle vicinanze della stazione di servizio Mustafa Darwish sulla strada Sheeran; ad est della città e a nord nei pressi della dogana; al centro vicino alle Poste; al vecchio mercato di Al Hal; in una scuola secondaria per ragazzi; all’ospedale Mistenur; ad Haj PKU Lane, nei pressi della scuola Martyr Osman; nella 48° Strada; nei villaggi di Termik Bijan, Barbkhtan e Brkh Batan.

Kobane è una città Curda. Lo sterminio dei suoi abitanti è stata una vendetta deliberata verso il popolo Curdo, che ha visto i terroristi usare diverse armi – dagli attentati suicidi ai proiettili, ai coltelli.

Le Unità di Difesa del Popolo hanno emesso un comunicato, in cui si diceva che “il 25 giugno, di mattina presto, un gruppo di mercenari (tra gli 80 e i 100) è entrato nella città di Kobane con l’intento di commettere un genocidio di massa contro donne, bambini e anziani presenti nella città”.
Essi aggiungono che “questo gruppo di mercenari è arrivato a Kobane attraverso la città di Sarrin, a sud di Kobane attraverso la via segreta delle merci.

Loro indossavano le uniformi e innalzavano le bandiere dell’Esercito Libero Siriano (FSA). In questo modo sono riusciti a superare i controlli della sicurezza Asayish e ad entrare in città. Secondo alcune fonti, i gruppi di mercenari sarebbero entrati a Kobane anche dal confine Turco: ci sarebbero dei testimoni oculari. Una volta in città, hanno cominciato ad uccidere dozzine di civili e a prenderne altrettanti in ostaggio. Il risultato di questo massacro è di 233 vittime civili, di cui 23 provenienti dal villaggio di Brkh Botan, e 210 nel centro di Kobane. Ci sono inoltre 263 civili feriti.”

Chiediamo che la comunità internazionale richieda un’inchiesta che punisca quanti hanno perpetrato il massacro, inclusi i fiancheggiatori e che questi ultimi siano considerati allo stesso modo degli autori materiali del massacro.

Il gruppo armato, autodichiaratosi “ Stato Islamico” (che da qui in avanti chiameremo Dash) è considerato responsabile di tale genocidio ed è reponsabile di aver commesso crimini di guerra, di aver ucciso e preso in ostaggio civili nella città di Kobane.

Questo documento si basa su informazioni fornite dalle famiglie delle vittime e dai testimoni oculari del massacro, ma anche sulle confessioni di alcuni membri dell’organizzazione Daesh arrestati o arresisi. I testimoni e i sopravvissuti parlano di omicidi con differenti terrificanti metodi di impareggiabile brutalità.

Questo report copre l’intero giorno del 25 giugno, durante il quale l’organizzazione terroristica Daesh commise un massacro contro civili curdi innocenti e disarmati nella città di Kobane.

Le armi usate da Daesh durante il massacro:
• fucili col silenziatore;
• armi avvelenate;
• armi con proiettili esplosivi;
• autobombe;
• cinture esplosive indossate da attentatori suicidi;
• attrezzature appuntite in metallo per torturare.

La descrizione legale (che fa riferimento alle norme in materia) del massacro:

Questo massacro deliberato di Daesh nei confronti dei curdi ha comportato enormi violazioni dei diritti umani e costituisce una minaccia alla pace e alla sicurezza internazionale nel mondo, che lo porta ad essere:

1. un crimine di guerra per l’articolo 8 dello Statuto di Roma della Corte Penale Internazionale;
2. un crimine di genocidio per l’articolo 6 dello Statuto di Roma della Corte Penale Internazionale e per l’articolo 2 della Convenzione sui Genocidi;
3. un crimine contro l’umanità per l’articolo 7 dello Statuto di Roma della Corte Penale Internazionale.
Questo massacro costituisce anche una violazione delle 4 Convenzioni di Ginevra del 1949, della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani del 1948 e della Carta delle Nazioni Unite del 1945.

Quadro Giuridico:

Il quadro giuridico del conflitto armato in Siria è costituito dalle leggi internazionali sui diritti umani e dalle leggi in materia umanitaria, che tutte le parti in causa devono rispettare, con misure appropriate per evitare l’espansione del cerchio della violenza specialmente sui civili. Il crimine di genocidio contro il popolo curdo trova nella Corte Penale Internazionale un quadro giuridico da prendere in considerazione.

Alleghiamo una tavola con i nomi e l’età delle vittime. Il numero dei membri dell’ Asayish e di quelli delle Unità di Difesa del Popolo che hanno perso la vita durante l’attacco dei Daesh per proteggere i civili, ammonta rispettivamente a 41 per gli Asayish e 25 per le Unità di Protezione del Popolo, i cui nomi non sono allegati al report.

Ci appelliamo alla comunità internazionale perchè si assuma le proprie responsabilità nel sostenere la causa del popolo Curdo, che sta resistendo ed affrontando il terrorismo globale, che nella circostanza prende il nome del Daesh.

Testimonianze del massacro di Kobane:

Primo testimone, Salah Ali Buzan, fratello del martire Ali Mazloum (nato nel 1981):
“mi sono svegliato al suono dei proiettili, sono uscito e salito sul tetto per vedere cosa succedesse! Ho visto molte macchine e ho pensato che fossero le YPG, ma quando hanno cominciato a uccidere, mi sono reso conto che erano quelli di Daesh. Quando ho sentito sparare alla mia porta, ho iniziato a sparare anch’io, uccidendone due. Ma poi hanno lanciato una granata a mano nella nostra casa. Mia zia è stata colpita, morendo all’istante; mio fratello è stato ferito ed è stato torturato, ed è morto 8 ore dopo.”

Secondo testimone:

“Quando abbiamo sentito gli spari, abbiamo contattato i nostri parenti e ci siamo resi conto che i mercenari di Daesh avevano attaccato la provincia e avevano iniziato a intrufolarsi nelle case e a uccidere i civili, perciò abbiamo deciso di uscire dalle nostre case. Ma, quando siamo entrati in macchina, siamo stati sorpresi da un gruppo che ci ha sparato addosso, ferendoci e uccidendo tutta la mia famiglia, mio marito, due delle mie figlie e mia nuora. Poi mi hanno portato in casa insieme ad altra gente, ma sono arrivate le forze delle YPG e ci hanno salvato, portandoci nel villaggio di Qara Halnj.”

Terzo testimone, Mustafa Haidar, un residente vicino al luogo del massacro:

“Mi sono svegliato al suono dei proiettili e sono rimasto sotto la veranda, ho visto due persone in uniforme militare e gli ho chiesto le ragioni dell’incendio. Mi hanno risposto che era un segnale di vittoria. Poi hanno ucciso una donna, sono arrivati alla casa di Sur e hanno guardato attraverso la finestra e hanno lanciato una granata a mano nella casa.

Quindi ho oltrepassato la collina Mashta e ho visto quattro persone in uniforme militare provenire heterosexual Noor e avvicinarsi alla casa e uccidere 4 componenti di quella famiglia, incluso un bambino ed un ospite. Poi si sono diretti verso Halnj dove hanno messo su un blocco stradale uccidendo due persone su di una moto e due all’interno di una macchina, data poi alle fiamme. L’autista (Izz al-Din Glo) è stato ritrovato morto per strada insieme al corpo di Hamdi Hski. Poi ho visto i corpi di una coppia di anziani e di altre 4 perosne nei propri letti.”

Quarto testimone, Houla:

“Mi sono avvicinata alla casa (Solomon Jammu), ho scoperto il cadavere di Suleiman in cucina e quello di sua madre Amina Mohamed a letto. Mi sono diretta verso la casa Mamo JMX e ho visto sangue attraverso la finestra. Tornando indietro ho visto i cadaveri di due persone all’interno di un’auto.”

I numeri del massacro:

 

Numero totale di vittime 251
Numero totale di bambini uccisi 36
Numero totale di donne uccise 64
Numero totale di uomini uccisi 151
Numero totale di famiglie coinvolte nel massacro 137
Numero di famiglie nelle quali sono morti entrambi i genitori 18
Numero di orfani 93 bambini
Numero di donne incinte uccise 3
Numero di persone ferite 267


Commissione sul Massacro del 25 giugno del Cantone di Kobane
Kobane, 21 luglio 2015

 

 

 

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