È davvero una brutta pagina quella scritta venerdì 8 gennaio alla Fiera del Libro di Ankara, in Turchia. In un luogo teoricamente deputato alla libera circolazione delle idee e della cultura, infatti, si è dato corpo a un’intollerabile episodio di censura e si è consentito che una casa editrice, la Ceylan Yayinlari (http://www.ceylanyayinlari.net), venisse impunemente aggredita e, quindi, costretta ad abbandonare gli spazi espositivi.
La «pietra dello scandalo» che tanto ha agitato gli organizzatori della kermesse turca ha a che fare in modo particolare con un libro, Devrimin Rojava Hali, scritto dalla stimata giornalista Arzu Demir. Sempre secondo gli organizzatori della Fiera del Libro di Ankara, chi affronta con serietà e rigore tutto ciò che riguarda il tema della causa curda non ha alcun diritto di parola né può contare su alcuna visibilità, considerato che gli stessi lavoratori della Ceylan Yayinlari sono stati addirittura minacciati fisicamente a causa di questo libro, «colpevole», tra le altre cose, di sfoggiare sulla copertina un gruppo di soldatesse con l’uniforme dello YPJ.
Come editori italiani di Arzu Demir non possiamo che esprimere la più profonda solidarietà all’autrice e ai nostri colleghi della Ceylan Yayinlari, ai quali siamo legati da profondi legami di amicizia e rispetto e con cui contiamo di portare avanti un proficuo rapporto di scambio culturale. Se già per marzo, infatti, la Ceylan Yayinlari ha annunciato la traduzione in turco del volume La compagna P38 di Dario Morgante, noi contiamo di uscire qui in Italia nello stesso mese con il libro di Arzu Demir, provvisoriamente intitolato La rivoluzione nel Rojava. Quello che è successo ad Ankara, per quanto ci riguarda, anche se è soltanto uno dei moltissimi episodi, spesso sanguinosi, che illustrano la feroce politica anticurda del governo di Erdogan, non potrà che stimolarci ancora di più affinché il lavoro di Arzu Demir, le sue riflessioni e il suo racconto della situazione in Rojava possano circolare nella maniera più larga e partecipata possibile, iniziando dai prossimi appuntamenti fieristici in programma a Milano e a Torino.
Alla stessa maniera speriamo che i colleghi editori qui in Italia, così come i lavoratori dell’industria editoriale e gli autori tutti, facciano sentire forte e chiara la propria voce, protestando formalmente contro i fatti di Ankara e, di conseguenza, contro una politica che anche sul fronte culturale (vero ministro Franceschini?) non fa che riempirsi la bocca di «democrazia», tranne chiudere tranquillamente gli occhi quando le più riprovevoli violazioni dei diritti umani avvengono in casa nostra o nei paesi che gli assetti economici e politici definiscono «alleati».
Red Star Press