La questione curda in Turchia, con le dichiarazioni del Newroz di Abdullah Öcalan e la richiesta di negoziati di pace e di democrazia il 21 marzo 2013, 2014 2015, era entrata in una nuova fase. Ne è seguito un processo negoziale durato quasi tre anni. Quando è diventato chiaro che questo processo avrebbe prodotto risultati concreti, il presidente turco Erdogan ha cambiato atteggiamento e ha fatto di tutto per fermare i negoziati.
Lo straordinario risultato elettorale dell’HDP nel giugno 2015, grazie a un programma che riprendeva i risultati raggiunti nel negoziato di pace, ha bloccato il progetto autoritario del presidente Erdogan, che quindi ha di fatto impedito la formazione di un governo e indetto nuove elezioni, avviando contestualmente una guerra contro la popolazione civile nelle regioni curde e grazie alla repressione e alla paura è riuscito far vincere l’AKP nelle elezioni del novembre 2015.
Il movimento curdo ha reagito con un’offensiva pacifica e democratica, proclamando l’autogoverno democratico nelle principali città delle regioni curde. Lo stato turco ha risposto con la repressione e una violenza inaudita, assediando le città, proclamando coprifuoco e massacrando la popolazione civile, usando come armi non solo l’artiglieria pesante, carri armati ed elicotteri, ma anche la fame e la sete: ha interrotto le forniture di acqua ed elettricità e impedito l’arrivo di aiuti umanitari e cibo nelle zone assediate. Tutto questo per scacciare la popolazione. Le richieste di maggiore autodeterminazione nelle regioni curde hanno avuto come risposta la violenza e il terrore di stato.
Questa ripresa della guerra contro i curdi avviene mentre il PKK sta combattendo e sconfiggendo ISIS e continuando la storica resistenza dei curdi in Siria contro ISIS – dove stanno lavorando per una maggiore democratizzazione della società, liberazione di genere e protezione ecologica. Gli attacchi contro i curdi danneggiano la lotta contro ISIS. Per garantire sicurezza della regione e di tutto il mondo è necessario opporsi alle disastrose politiche della Turchia.
Dal sequestro di Öcalan, avvenuto il 15 febbraio 1999, nel suo trattamento si è sempre rispecchiata la posizione dello stato turco rispetto alla questione curda. Ogni inasprimento del conflitto è stato preceduto dall’aggravamento delle condizioni di carcerazione di Öcalan. Il suo trattamento è un metro di misura per l’atteggiamento dello stato turco nei confronti dei curdi.
L’attuale isolamento totale su tutta l’isola di Imrali – che con il trasferimento di due prigionieri dall’isola a Silivri/Istanbul si estende ad altre carceri – è senza precedenti nella storia della Turchia e una grave violazione della Convenzione Europea sui Diritti Umani e anche il probabile presagio di un’ulteriore escalation del conflitto. Dall’isola non arriva nessun segno vitale, nessuna visita di avvocati e famigliari, niente lettere, o telefonate (a Öcalan è stato comunque sempre negato il diritto alle telefonate).
Mettere fine all’isolamento di Abdullah Öcalan rafforzerà il processo di pace democratico e anche la lotta contro ISIS. Öcalan svolge un ruolo decisivo per una possibile soluzione duratura, democratica e pacifica della crisi profonda del Medio Oriente, è il rappresentante del popolo curdo e attore chiave per la stabilità, la lotta contro il radicalismo e una soluzione pacifica in Turchia e in Siria. Riavviare i negoziati e compiere i passi necessari per raggiungere una pace permanente è possibile solo se lui viene liberato.
La storia ha dimostrato che la questione curda non può essere risolta militarmente. Le guerre di logoramento e i genocidi dello stato turco non hanno mai funzionato. Hanno sempre avuto l’effetto contrario. La Turchia non dovrebbe attizzare un fuoco che non può spegnere. I colloqui per una soluzione politica della questione curda devono riprendere in una condizione di parità. L’unico modo per garantire questo, è l’immediata liberazione di Abdullah Öcalan. In occasione dell’anniversario del sequestro di Öcalan:
Domenica 14 febbraio – ore 15:00 – Piazza del Colosseo (lato metro) – ROMA
Centro socio-culturale curdo Ararat, Rete Kurdistan Roma