Abbiamo incontrato nella Sala giunta del Comune di Napoli, Dilek Ocalan. La nipote del comandante Apo è deputata del Partito democratico dei Popoli (Hdp), la sinistra filo-kurda che sta dando filo da torcere in parlamento al neo-nazionalismo kemalista del presidente Recep Tayyip Erdogan.
È un giorno di festa per il conferimento della cittadinanza napoletana onoraria ad Abdullah Ocalan. Ma anche un momento triste per le notizie dei bombardamenti turchi in Rojava…
Condanno con forza gli attacchi del governo turco nel Kurdistan siriano (Rojava) e contro il Partito democratico unito (Pyd). È grave che la Turchia non riconosca questo come un atto di guerra e proceda con la guerra interna nel Kurdistan turco, bruciando e uccidendo persone innocenti. Dallo scorso luglio c’è un attacco totale alle regioni kurde. E proprio ora che i media mainstream iniziano ad accorgersene, il governo turco ha deciso di attaccare la Siria per deviare l’attenzione. Dopo l’assedio di Cizre, una città di 130mila abitanti, e oltre 600 morti, il governo turco ha dichiarato di essere felice di aver ripulito tutto. Come può un governo parlare in questi termini dei suoi cittadini?
Crede che al centro della politica estera turca ci sia una sistematica strumentalizzazione dei flussi di profughi siriani in transito verso l’Europa per accreditarsi con Bruxelles?
Durante l’attacco a Kobane da parte dello Stato islamico (Isis) nel 2014 la Turchia aveva chiuso i confini. Non ha mai fatto nulla per aiutare i profughi siriani che tentavano di lasciare la guerra. Tutti quelli che sono potuti entrare sono andati nelle città kurde. Prima il governo di Ankara ha cercato di bombardare il territorio kurdo per «svuotarlo», promettendo aiuti che non ha mai concesso. Poi ha cercato di usare l’immigrazione per ottenere concessioni di prestiti dall’Ue e li ha ottenuti.
Pensa che con l’ingresso di Hdp in parlamento il processo di pace con le autorità turche, azzerato dopo gli attacchi al Pkk, possa riprendere?
Se le autorità turche avessero accettato i dieci punti, annunciati dal deputato Hdp, Surreya Onder, la Turchia non avrebbe mai raggiunto le condizioni di conflitto odierne. Se avesse accettato una vita democratica per tutti i popoli questo non sarebbe accaduto. Alle elezioni del 7 giugno scorso, Hdp ha ottenuto un grande successo e ha dimostrato che tutti i popoli vogliono vivere in pace. Invece Erdogan ha adottato un comportamento dittatoriale. Non ha riconosciuto il risultato elettorale. Ha poi cercato fino al voto del primo novembre scorso di annientare il popolo kurdo per non permettere a Hdp di superare lo sbarramento. Dobbiamo sottolineare che da luglio a novembre gli attacchi contro i kurdi in Turchia sono stati atroci. Nonostante questo abbiamo ottenuto di nuovo l’11% alle elezioni.
Crede che il conferimento della cittadinanza onoraria a Ocalan da parte del Comune di Napoli sia una forma di riscatto dopo la decisione del governo D’Alema di non conferire l’asilo politico al leader del Pkk?
In quel periodo, negli anni Novanta, sono intervenuti tanti attori internazionali. L’Italia cercò di avere sostegno da parte di altri stati. Purtroppo non lo ebbe. Sebbene Ocalan abbia dovuto lasciare il territorio italiano, il popolo italiano è sempre stato solidale con il popolo kurdo. Il sindaco di Napoli ha fatto oggi un passo molto importante. Da ora in poi chiediamo a tutti di sostenere questa lotta.
Da quanto tempo non incontrate Ocalan, detenuto in isolamento nell’isola di Imrali?
Sono cinque anni che gli avvocati non visitano Ocalan. L’ultima visita di una delegazione di deputati c’è stata nell’aprile dello scorso anno. Questo comportamento del governo turco è completamente disumano e irrispettoso delle leggi turche. Dal 5 aprile scorso non abbiamo contatti con lui. Spero almeno che abbia potuto apprendere la notizia della cittadinanza onoraria dalle televisioni turche a cui ha accesso, se ne hanno parlato.
Questo giorno segna una tappa storica per far conoscere al mondo le teorie politiche di Ocalan dall’autonomia democratica al femminismo?
Sono 17 anni che le forze internazionali hanno cancellato le richieste del popolo kurdo. Non hanno voluto riconoscere l’identità di un popolo. Ma se siamo qua oggi vuol dire che non
di Giuseppe Acconcia-Il manifesto
fotografia © Carlo Hermann