Anche se nei media non si parla più molto dell’assedio del quartiere di Sur, il coprifuoco continua in sei quartieri di quest’area della città. I quartieri sono colpiti dai coprifuoco da 146 giorni. I restanti quartieri di Sur intanto cercano di tornare alla normalità.
Molti negozi sulla via commerciale principale di Sur hanno riaperto. Ma il numero di persone per strada non è più lo stesso. I carri armati e idranti agli angoli delle strade ora fanno parte dell’aspetto normale di quest’area della città. Le ruspe continuano a entrare e uscire per togliere le macerie. La popolazione osserva gli eventi con un misto di tristezza e rabbia.
Abbiamo visitato inizialmente i quartieri di Lalebey e Ziya Gökalp. Il responsabile di zona ci accompagna per un po’. Gli abitanti di Sur tornano nelle loro case. Una gran parte della popolazione sembra essere tornata. E così parliamo con le donne che ci guardano dalle finestre. Una di queste donne è Fatma che è tornata con i suoi bambini. “I bambini nel posto nuovo erano infelici. Ci siamo tutti abituati alla vita a Sur. Possiamo vivere solo qui e non altrove.“ Con queste parole ci spiega il motivo del loro ritorno. Appena hanno riaperto le suole sono tornati. E Fatma qui sembra felice.
Ci raccontano che alcune case abbandonate sono state oggetto di furti. Gli oggetti preziosi sono stati rubati. Non si può sapere chi ne sia responsabile.
Nell’area della città tutte le finestre rotte sono state sostituite dall’amministrazione cittadina. Inoltre il Consiglio di zona ha distribuito risarcimenti alle famiglie le cui case sono state danneggiate. Una donna ci riferisce che i risarcimenti non bastano per quasi nulla. “Ci hanno dato 200 Lire turche. Non sono bastate nemmeno per sostituire la porta di casa“, ci spiega. I danni alle case sono stati individuati e documentati. Ma i risarcimenti non bastano in alcun modo.
Nonostante tutta la distruzione il distretto di Lalebey ci affascina subito. La bellezza dei vicoli, i bambini che giocano e le conversazioni tra vicini per strada, tutto questo da nuova vita a Sur.
Passiamo davanti alla Casa Dengbej (Dengbej=trad. canto parlato curdo). Sono in corso restauri e a breve dovrebbe riaprire.
Poi entriamo nel Centro Culturale Dicle-Firat. Qui ci sono ancora famiglie che aspettano la consegna dei cadaveri dei loro figli. Parlo con Mehmet. Ci racconta che aspetta il corpo di suo nipote di 14 anni. Due mesi fa la famiglia dai social media ha saputo che era stato ucciso. Si vedeva anche un’immagine del cadavere. Ma questo cadavere non è ancora apparso. Mehmet mi riferisce disperato che a causa di questa situazione tutta la famiglia sta impazzendo. „Aveva un ritardo mentale. Ogni volta partiva per il quartiere e noi lo riportavamo indietro. E adesso il suo cadavere è sparito“, racconta Mehmet.
“Prima la guerra e ora l’esproprio …“
Entriamo a Sülüklü Han per bere un caffè. Qui lentamente sta tornando la vecchia operosità. Parliamo con due giovani uomini che prima dell’assedio avevano comprato una vecchia casa a Sur. Volevano restaurarla e aprirci un ristorante. Gli chiediamo cosa pensano di fare ora. “Non abbiamo un piano“, ci dicono. “La guerra ci ha completamente sconvolti. E ora i progetti di esproprio fanno il resto. Qui siamo tutti traumatizzati. Credo che ancora non ci rendiamo conto di cosa ci sia successo qui. Ci vorranno mesi, forse anni, per elaborarlo.“
Anche il secondo è furioso per l’accaduto e dice: „Non capiamo quello che è successo qui. In un posto così una guerra non si può mica fare. I quartieri interni di Sur hanno una storia di 5000 anni. Anche se lo Stato interviene qui, avremmo dovuto difendere questi quartieri. Ma non capiamo come si sia potuti arrivare a tanto.“
Un proprietario di negozio con il quale ho parlato ci riferisce che tutte lei sei scuole di Sur ora dovranno essere chiuse. Il governo prevede al loro posto dodici stazioni di polizia e militari. “Cosa vuole fare lo Stato? Hanno cacciato la gente dalle sue case. Ora vogliono vendere le case ai loro seguaci?“, ci chiede.
Neanche noi conosciamo la risposta. Ma tutto questo indica che l’area della città dovrà essere spopolata. La tristezza e la rabbia a Sur sono onnipresenti.
I quartieri interni hanno un carattere diverso dalle altre zone di Amed (Diyarbakir). Anche se Sur è un quartiere povero, qui nessuno deve soffrire la fame. Quando una casa qui riceve visite, tra i vicini qualcuno porta del tè, un altro dello zucchero. Nelle ora serali le persone si trovano nei cortili esterni di una delle case, ognuno porta qualcosa per la cena comune. Si, qui c’è povertà. Ma molto più forti della povertà sono la solidarietà e i rapporti di vicinato.
Lo Stato parla di statalizzare i quartieri di Sur. Al posto delle scuole vuole costruire caserme. Quando questo sarà messo in pratica, cosa ne sarà della vita delle persone qui?
Sur non è solo una quantità di case e appartamenti un’area della città. Qui c’è vita. Cosa ne sarà di questa vita? Cosa succederà quando in questo luogo nel quale da 5000 c’è una vita animata, questa vita viene tagliata di colpo?
Bisogna fare questa domanda ai responsabili: Voi avete distrutto le case a Sur e ora volete costruire nuove case al loro posto. Ma come volete ricostruire la vita di Sur?
Nurcan Baysa