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Interviste

Scuole che diventano postazioni militari

Il governo turco vuole trasformare completamente il distretto della città vecchia di Diyarbakir. Un colloquio con Roni Herdem-Retroscena: Espulsione sistematica.In totale per sei volte il governo turco dal luglio 2015 ha proclamato cosiddetti coprifuoco in aree di Sur, la città vecchia di Diyarbakir. Ne sono stati colpiti in particolare i quartieri di Cemal Yilmaz, Samhane, Hasirli, Savas, Özdemir, Dabanoglu e Cevatpasa a est di Gazi Caddesi al centro. Queste zone di Sur al momento sono ancora chiuse e restano inaccessibili anche per l’amministrazione locale. Postazioni militari chiudono ermeticamente i quartieri, in alcune vie laterali barriere di cemento chiudono il passaggio. Lo Stato turco vuole imporre la ricostruzione secondo la sua volontà e creare rapidamente fatti compiuti. Diversamente da Cizre e Silopi, Sur anche dopo la provvisoria fine degli scontri armati resta inaccessibile per i suoi precedenti abitanti.

Parti delle storiche mura cittadine che fanno parte del patrimonio dell’umanità dell’UNESCO e circondano la città vecchia sono state distrutte. Lo mostrano le riprese aeree. La parte orientale oggi è del tutto spopolata. Molte case sono state danneggiate da colpi di granate e dai carri armati, ma anche dopo la fine degli scontri le forze di sicurezza turche distruggono miratamente edifici, probabilmente per impedire un ritorno degli abitanti.

Molte delle persone che oggi vivono a Sur sono arrivate negli anni ‚90 in fuga dagli scontri in corso all’epoca nelle aree rurali tra l’esercito turco e il Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK), lasciando i villaggi per la città. Circa 4.000 villaggi vennero devastati in quel periodo dall’esercito turco per togliere le basi alla guerriglia. Già allora lo Stato turco portava avanti una politica di espulsione sistematica. Oggi cerca di nuovo di cacciare dalle proprie case la gente che in maggioranza tuttora sostiene il Movimento di Liberazione curdo. Ma oggi si concentra sulle aree urbane.

Non solo a Sur si vuole cambiare la geografia del Kurdistan settentrionale, ma sono colpite tutte le province curde – da Diyarbakir fino a Hakkari. Oltre 350.000 persone, questo è quanto stimano le organizzazioni umanitarie presenti sul posto, attualmente si trovano in fuga dalla guerra. Oltre che a Sur, dove sono stati decisi gli espropri più estesi, anche per Idil, Cizre, Mardin-Kiziltepe, Yüksekova-Cukurca e altri due quartieri di Diyarbakir ad aprile sono state emesse decisioni di esproprio. (ps)

Sur, la città vecchia di Diyarbakir (curdo: Amed), dall’inizio di quest’anno è stata scossa da violenti combattimenti. C’è stato il coprifuoco nella parte orienta della zona, bombardamenti, fuoco di carri armati e di cecchini. La resistenza è finita qualche settimana fa, molte persone sono state espulse. Poi è stato annunciato l’esproprio di case a Sur. Qual è lo stato attuale di delle cose a questo proposito?

Il 21 marzo il governo turco ha preso una decisione sull’esproprio di Sur. Quel giorno cadeva la festa del Newroz, un evento importante per tutti i curdi e le curde. Complessivamente si vuole sequestrare l’82% della città vecchia, un’area di 159 ettari divisa in 6.292 lotti. Lì si trovano edifici residenziali, negozi, ma anche monumenti come la grande moschea, la chiesa armena, la chiesa dei caldei, la chiesa della Madre-Maria, il museo cittadino e l’amministrazione distrettuale.

Si vuole espropriare del tutto la zona contesa nell’est di Sur. E anche nella parte occidentale, nella quale non c’è stato coprifuoco, gli espropri sono estesi. È una novità. Non ci sono esempi a livello mondiale di un governo che vuole espropriare un’intera città in un colpo solo.

Il governo sostiene che negli espropri intende attenersi a un piano di mantenimento e sviluppo del 2012. Questo piano era stato fatto con la partecipazione della società civile e dell’amministrazione comunale. Vi veniva presa a riferimento la situazione del 1952, in particolare per quanto riguarda i tracciati delle strade e l’organizzazione dello spazio pubblico. Anche le strutture statali come polizia e militari avevano accettato il piano del 2012. Alla fine il progetto è stato approvato dal Ministero competente e dall’amministrazione comunale. Non c’è stato un piano ad Amed che sia stato discusso in un ambito più ampio di società. Lo Stato ora dice di volersi attenere agli accordi dell’epoca.

Questo governo mantiene le sue promesse?

No. Nonostante tutte le rassicurazioni non lo fa. Anche se in pubblico e nelle riunioni continua a sostenerlo. Tuttavia si vogliono costruire dodici nuove stazioni di polizia nella città vecchia. Tre scuole distrutte vengono riconvertite a stazioni militari; strade allargate. Quello che succede al momento non ha assolutamente nulla in comune con quello che il governo dichiara di fare. Per lo Stato qui sono in primo piano i suoi interessi di sicurezza.

Attraverso le misure previste il numero degli abitanti in città viene sensibilmente ridotto. Con gli espropri alle persone casa e terra vengono semplicemente tolte. Il diritto alla proprietà previsto nella Costituzione e nelle convenzioni internazionali così viene completamente ignorato. Lo Stato persegue l’obiettivo di sostituire completamente la popolazione residente. Al suo posto nei nuovi edifici si vogliono insediare persone diverse.

Secondo le sue valutazioni, qual è il pensiero politico che sta dietro a questi espropri?

Si tratta sia della cosiddetta questione della sicurezza che di interessi finanziari. Decisivo è spezzare la base della resistenza curda e »ripristinare la sicurezza « per poter controllare l‘area. Per questo non vengono fatte solo nuove stazioni di polizia e militari, ma anche costruite strade più larghe in modo che i veicoli blindati possano passare dappertutto senza problemi.

Tuttavia l’aspetto economico non va trascurato. Soprattutto perché abbiamo un governo che punta molto sul settore edilizio. Per questo lo Stato deve continuamente foraggiare le aree che lo sostengono con nuovi incarichi e progetti. Questo settore naturalmente anche in questo caso viene di nuovo servito.

Quindi lo Stato costruirà soprattutto con l’agenzia statale per l’edilizia TOKI e capitale della Turchia occidentale e non con imprese edili curde?

Non siamo in grado di dire con esattezza se saranno imprese locali o imprese dell’ovest dato che non si parla ancora di nomi. Sappiamo solo che lo Stato si prepara una riprogettazione della città vecchia inviando collaboratori a raccogliere i dati necessari.

C’è resistenza contro questa avanzata del governo?

Inizialmente c’è stato un appello a riunirsi per contrastare questo processo. 310 organizzazioni hanno fondato la Piattaforma-Sur. Ne è nato un coordinamento al quale nel frattempo si sono unite ancora altre organizzazioni e singoli: associazioni per i diritti umani, la camera di commercio, l’amministrazione cittadina, avvocati, architetti …

Poco tempo fa siamo andati ad Ankara e lì abbiamo incontrato l’ambasciatore tedesco. Erano presenti inoltre anche altri 14 rappresentanti di altre ambasciate, degli USA, Norvegia, Italia, Svizzera, Francia, Regno Unito e altri Paesi. Abbiamo spiegato loro il processo in modo preciso. Obiettivo dell’incontro con i diplomatici era di produrre pressione a livello internazionale.

L‘UNESCO finora ha avuto un comportamento molto esitante. Ora però l’organizzazione ha chiesto al Ministero della Cultura turco un rapporto complessivo sulla distruzione di beni culturali. Questo verrà anche fatto, ma senza collaborare con l’amministrazione comunale.

Lo Stato vuole offrire agli espropriati delle somme per l‘indennizzo. Com’è l’umore nella zona? La maggior parte preferisce accettare o vuole rimanere?

Uno dei nostri compiti più importanti è spiegare alla popolazione quali sono i rischi, organizzarla contro gli espropri e farle coraggio. Un appartamento qui in genere costa meno di 40.000 Lire turche e lo Stato probabilmente offrirà di più per comprare le persone e farle andare via. Questo per parecchi è molto allettante e può certamente essere che alcuni accettino l‘offerta. Quello che la gente non sa è che dopo che hanno accettato il denaro non hanno più alcun diritto a indennizzi per la compensazione dei danni causati dalla guerra alla loro proprietà.

La Piattaforma-Sur a breve avrà sede in un edificio della città vecchia nel quale ci sono rappresentanti delle diverse organizzazioni, in modo che si possa informare in modo permanente sullo stato delle cose. La camera di commercio ad esempio metterà gli imprenditori al corrente dei loro diritti e li aiuterà con le richieste. Si può anche fare causa contro l’esproprio. Finora sono stati aperti 1.000 procedimenti individuali, soprattutto da parte degli avvocati dell’ordine degli avvocati. Inoltre anche l’Associazione dei Giuristi della Mesopotamia si fa carico dei procedimenti per la gente di qui – e senza spese. Ci sono anche procedimenti di strutture pubbliche come l’amministrazione comunale di Diyarbakir, dell’amministrazione distrettuale di Sur, dell’ordine degli urbanisti e degli ingegneri topografi. Tutti hanno fatto querela contro il piano dello Stato.

Da un lato naturalmente vogliamo sfruttare completamente le possibilità di tipo giuridico. Dall’altro però vogliamo costruire anche pressione a livello internazionale. Gli ambasciatori con i quali abbiamo parlato inizialmente non erano consapevoli delle dimensioni della distruzione e ora le vogliono diffondere. Gli abbiamo spiegato anche le conseguenze estremamente negative per lo sviluppo del turismo nella regione e abbiamo detto loro di lanciare presto programmi per sostenere gli imprenditori e proprietari di negozi dal punto di vista finanziario e aiutarli nella ricostruzione. Abbiamo invitato i diplomatici anche ad agire nei confronti dei loro rappresentanti all’UNESCO, con i quali speriamo di poterci incontrare a breve

Inoltre faremo più assemblee nel quartiere per raggiungere proprio tutti. Per informazioni precise ovviamente dovrebbe anche essere tolto il coprifuoco in tutta Sur. Così non conosciamo nemmeno l’entità precisa della distruzione.

Che aspettative ha nei confronti dell’Unione Europea? La stretta collaborazione con il governo turco fa sembrare che da quella parte non c’è da aspettarsi niente.

Non abbiamo grandi speranze, ma ci impegniamo lo stesso. La mia opinione personale è che il governo turco sfrutta la situazione dei profughi per mettere sotto pressione gli Stati UE. Per questo dall’occidente non è arrivata quasi nessuna critica.

Intervista: Peter Schaber, Diyarbakir

Roni Herdem è il portavoce di Piattaforma-Sur, una coalizione di organizzazioni della società civile che si oppone all’esproprio di proprietà a Diyarbakir-Sur.

Jungewelt

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