Le Unità di Difesa Civili YSP curde rinunciato alla loro resistenza armata nella città di Nusaybin nel sudest della Turchia che è da oltre 70 giorni sotto l’attacco dell’esercito turco. Questo, a fronte degli »attacchi smisurati« con armi pesanti serve alla protezione dei civili rimasti, così ha dichiarato giovedì il coordinamento generale delle YPS. Tutti i combattenti sono stati ritirati dalla città a metà della settimana. Con questo non sussiste più alcun motivo perché le forze di sicurezza turchi continuino a distruggere la città di Nusaybin. »Ogni colpo sparato dal 25 maggio in avanti dal regime turco nella città è una pallottola sparata contro civili disarmati«, hanno ammonito le YPS di fronte all’incombente massacro da parte delle unità operative.
Giovedì 42 »terroristi del PKK« si sarebbero arresti ai soldati a Nusaybin, ha riferito il giornale Daily Sabah vicino al governo. Secondo dichiarazioni della sindaca di Nusaybin, Sara Kaya, in realtà si tratta di civili, tra cui dieci donne e sette bambini che non hanno niente a che fare con la resistenza armata. L’immagine diffusa via Internet dal Partito Democratico dei Popoli (HDP) mostra giovani sdraiati a terra davanti a un carro armato che sono stati costretti a spogliarsi nudi.
Nonostante la ritirata delle YPS l’esercito ha continuato le sue operazioni contro Nusaybin. In un attacco sarebbero stati uccisi un soldato e un poliziotto e feriti nove appartenenti alle unità speciali, così hanno riferito media vicini al governo venerdì. Con questo si vuole suggerire che nella città si trovino ancora rivoltosi armati, anche se i morti potrebbero essere anche stati vittima di una trappola esplosiva.
A metà marzo è stato proclamato un coprifuoco senza termine sulla città che si trova a ridosso del confine siriano, che è considerata roccaforte del movimento di liberazione curdo. L‘HDP qui nelle elezioni parlamentari dello scorso anno ha raggiunto risultati record intorno al 90 percento. Con i consigli di strada e di quartiere, la popolazione si amministrava da sé. Gli attacchi dello Stato turco condotta con il pretesto della »lotta al terrorismo« su Nusaybin servono non da ultimo alla distruzione delle strutture democratiche dei consigli.
Per via della decisa resistenza delle YPS costituite dall’organizzazione giovanile del Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK) e dalla popolazione alle unità operative non è riuscito di fare ingresso in tutti i quartieri messi in sicurezza con barricate e trappole esplosive. Per evitare vittime tra le proprie file nei combattimenti casa per casa, l’esercito ha quindi puntato sulla distruzione sistematica: la città viene colpita da carri armati e artiglieria posizionati a distanza. Nei giorni passati sono seguiti diversi attacchi con aerei da combattimento F16 su quartieri residenziali. Interi quartieri sono in macerie. Il deputato HDP Ali Atalan che si trova a Nusaybin valuta in 8.000 il numero delle case distrutte. Degli 80.000 abitanti, 50.000 sarebbero fuggiti.
Ci sarebbero piani del governo per ricostruire la città in una zona interna del Paese per ottenere in questo modo una zona »pacificata« tra e la città sorella Qamishlo che si trova immediatamente sull’altro lato del confine, ammonisce Ali Atalan. Già nel 2013 l’esercito turco aveva costruito un muro lungo il confine e chiuso il passaggio per Qamishlo.
Nusaybin e Qamishlo nell’Impero ottomano erano un insediamento collegato, molte famiglie ancora oggi hanno parenti su entrambi i lati del confine. Ma con l’accordo Sykes-Picot di 100 anni fa tra Francia e Inghilterra e l’accordo di Losanna del 1923 attraverso la tracciatura dei confini le due città a sud e a nord della linea ferroviaria per Baghdad sono state divise tra Turchia e Siria.
di Nick Brauns
Jungewelt