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Kurdistan

Prima che per Hatay sia troppo tardi

Consigli del popolo e sindacati si consultano sulla resistenza contro gli jihadisti nella zona di confine turco-siriana-La regione di confine tra Turchia e Siria è diventata una zona di appoggio logistico e di ritirata per i gruppi jihadisti che combattono contro Damasco e contro i curdi e sono responsabili di numerosi massacri. Mentre Ankara accetta o addirittura sostiene questa situazione, soprattutto nella provincia di Hatay cresce la resistenza della popolazione, che in larga misura consiste di comunità non islamiche e non turche. Le persone si considerano minacciate dalle attività degli jihadisti. Nella capitale di provincia Antakya per questo si sono formati consigli popolari che vogliono portare avanti un’organizzazione autonoma e indipendente dallo Stato turco e da altri Stati contro la guerra e per un modello sociale alternativo.

Nell’ambito dei consigli popolari si è costituita una »assemblea contro la guerra« che regolarmente invia ampie relazioni sugli effetti che la guerra nel Paese vicino e la politica turca sulla Siria producono sulla regione di Hatay. Domenica scorsa ad Antakya hanno organizzato una conferenza dal titolo »Prima che sia troppo tardi per Hatay«. All’invito hanno risposto sindacalisti delle confederazioni sindacali di sinistra DISK e KESK, deputati del Partito Democratico dei Popoli (HDP) del Partito Popolare Repubblicano (CHP), rappresentanti delle comunità cristiana, alevita e circassa, rappresentati dell’associazione turca per i diritti umani IHD, oltre a giornalisti, accademici e scrittori.

Il giornalista e coordinatore delle relazioni Ali Ergin Demirhan ha presentato i risultati attuali. Ha messo in evidenza che in particolare dall’abbattimento del jet da combattimento russo il 24 novembre 2015, e dall’interruzione della linea di rifornimenti tra Gaziantep in Turchia e Aleppo centrale per gli jihadisti il 3 febbraio 2016, numerosi jihadisti in fuga o in ritirata sono arrivati nella regione di Hatay. Lì è stata creata una linea di rifornimenti alternativa, che passa all’interno della Turchia lungo l’asse Hatay–Kilis. Intanto l‘»Esercito Libero Siriano« ELS gestisce ufficialmente un proprio campo profughi ad Apaydin e il campo di Atme, gestito dalla Mezza Luna Rossa turca e da organizzazioni di sostegno islamiche, costruito direttamente sul confine, di fatto si trova sotto il controllo del Fronte Al-Nusra e di Ahrar-Al-Sham. In contrasto con la retorica di Ankara, da circa un anno e mezzo non esiste più una politica della »porta aperta« per i profughi, la politica di gestione del confine è decisa giorno per giorno dal governatore responsabile. Da un lato nell’ultimo periodo profughi sono stati respinti più spesso in modo violento, dall’altro le persone in cerca di protezione vengono portate miratamente in campi sotto il controllo jihadista. Complessivamente nella regione sono accolti nei campi solo 20.000 sul totale di circa 400.000 profughi, su dove si trovino gli altri non si sa molto.

Yunus Dolgun, rappresentante del sindacato di sinistra Egitim-Sen di Reyhanli, ha confermato che nella sua città ci sono molte simpatie per il Fronte Al-Nusra e che centinaia di persone si sono unite a questa organizzazione che è considerata una propaggine della rete di Al-Qaida. Ha messo in evidenza che ogni notte convogli di dozzine di camion e jeep scortati dai servizi segreti turchi MIT attraversano il confine in entrambe le direzioni.

Nella relazione conclusiva della manifestazione è stato messo in evidenza che la guerra in Siria influenza negativamente la regione da anni e che il ruolo di Ankara ha contribuito a un rafforzamento dello jihadismo anche in Turchia. Intanto la guerra viene strumentalizzata dal governo Erdogan per costruire una dittatura nel proprio Paese. La relazione chiede di provvedere a un’accoglienza vera per i profughi e di perseguire i crimini di guerra – prima che per Hatay sia troppo tardi.

di Alp Kayserilioglu, Antakya

Junge Welt

Foto: Umit Bektas / Reuters

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