Kurdistan

La carta curda

Dopo circa 70 di duri combattimenti le Unità di Difesa del Popolo curde (YPG) e combattenti arabi, riuniti nelle Forze Democratiche della Siria (FDS), sostenute dall’aviazione USA hanno portato in larga misura sotto il loro controlla città di Manbij nel nord della Siria situata in una posizione strategica. Nel nordovest della città secondo quanto riferito dalle FDS tuttavia sono ancora arroccati circa 120 miliziani di »Stato Islamico« (IS) con fino a 4.000 civili come scudi umani. Inoltre nel centro della città si trovano numerose trappole esplosive.

Secondo quanto riferito dall’agenzia stampa AFP durante i combattimenti intorno a Manbij dalla fine di maggio sono rimasti uccisi circa 1.000 miliziani di IS, 300 combattenti delle FDS e circa 400 civili. Dozzine di civili avrebbero perso la vita a fine luglio in un attacco aereo degli USA. Con Manbij situata a ovest dell’Eufrate, gli islamisti hanno perso un importante collegamento tra la città di Jarablus situata al confine con la Turchia e il loro »quartier generale« ad Al-Raqqa e la regione intorno ad Aleppo.

Dopo la liberazione di Manbij, »le forze delle YPG con la copertura aerea russa e armi russe possono avanzare ulteriormente verso ovest«, si dice in uno studio attuale del Thinktank statunitense »The Washington Institute for Near East Policy«, che mette in guardia da interessi diversi delle YPG e gli USA che spingono per un’offensiva contro Raqqa. Le YPG »con le loro azioni hanno segnalato in modo univoco le loro preferenze« e seguirebbero una »strategia complessiva di collaborazione con la Russia per collegare le enclave curde di Afrin e Kobane«, si dice nello studio. La »alleanza Assad-Putin« starebbe al fianco die curdi per stroncare »il crogiolo dei nemici« – con riferimento alle associazioni combattenti jihadste sostenute dalla Turchia – nella città di Azaz.

Rappresentanti dei curdi in Siria intanto reagiscono in modo tranquillo alla riappacificazione tra Russia e Turchia. Martedì i presidenti dei due Paesi, Vladimir Putin e Recep Tayyip Erdogan, per la prima volta dopo l’abbattimento di un aereo da combattimento russo a novembre dello scorso anno, si sono incontrati a San Pietroburgo. Il quotidiano russo Vedomosti mercoledì ha comunicato che il conflitto in Siria faceva parte dei principali temi del vertice al quale ha partecipato anche il capo dei servizi segreti turchi Hakan Fidan e il capo di stato maggiore russo Valeri Gerassimow. Su domanda dei giornalisti invece Erdogan ha risposto che la questione della Siria sarebbe stata discussa solo in colloqui successivi. La consulente del Direttore dell’Istituto Russo di Studi Strategici Jelena Suponina in un colloqui con l’agenzia stampa russa Sputnik considera il fatto che non ci sia stata una dichiarazione pubblica sulla Siria, una prova del fatto che le controversia sulla materia persistono.

Così la Turchia continua a sostenere le associazioni jihadiste che combattono presso Aleppo. Ma Ankara rinfaccia alla Russia il sostegno ai curdi siriani. Così la regione autonoma del »Rojava« proclamata nel nord della Siria nel febbraio di quest’anno su invito del governo russo ha aperto un ufficio di collegamento a Mosca. »A Erdogan piacerebbe che queste relazioni finissero o che fossero almeno minimizzate. La parte russa dovrebbe usare questo asso nella manica«, ha detto il presidente del Consiglio Russo per le Relazioni Internazionali, Andrej Kortunow. Giocando la carta curda, Erdogan potrebbe essere spinto a un compromesso nella prossima tornata di colloqui di pace a Ginevra. Ankara ora dovrebbe capire la necessità di includere i curdi nel processo di riconciliazione in Siria, ha detto fiducioso l’ambasciatore della Russia all’ONU Vitali Tschurkin a Sputnik martedì. Fino la loro partecipazione ai colloqui di Ginevra è fallita per il veto da Ankara.

»Le nostre relazioni con la Russia sono buone. La Russia è nostra amica«, ha sostenuto il co-presidente dell‘importante Partito di Unione Democratica PYD curdo, Salih Muslim, lunedì prima del vertice russo-turco. Che Mosca nel conflitto siriano è una »forza efficace e buona« e che ora deve spendersi per nuove trattative a Ginevra. Contestualmente Muslim ha sottolineato che i curdi siriani continuano a fare affidamento sulle proprie forze. »Abbiamo il nostro progetto, il progetto del confederalismo democratico. Questo progetto lo portiamo avanti ogni giorno.«

di Nick Brauns

 Junge Welt

 Foto: Rodi Said/Reuters

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