L‘AKP getta discredito sui curdi nella Siria del nord per giustificare gli attacchi militari della Turchia. Un colloquio con Mako Qocgiri.
Attualmente i militari turchi combattono le Unità di Difesa delle Donne e del Popolo YPJ/YPG nei territori autonomi curdi nel Rojava nella Siria del nord – e con questo proprio l’unico bastione che fino ad ora ha avuto successo contro la milizia terroristica »Stato Islamico«. Com’è la situazione in quell’area?
Il governo turco ha un nuovo piano di attacco: a livello internazionale proclama di voler procedere contro IS e di voler liberare la città di Jarabulus. Invece manda i suoi soldati e carri armati, insieme a miliziani del cosiddetto Esercito Libero Siriano, ELS, contro i curdi. L’ELS tra l’altro non oppositori moderati come vengono volentieri rappresentati nei media, ma gruppi islamisti come Ahrar Al-Sham: questi ultimi sono noti per il fatto di perseguire obiettivi simili a quelli di IS. Dopo che truppe turche sono entrate nelle città di Jarabulus e Al-Rai, IS gliele ha consegnate senza combattere. È da temere che la Turchia abbia fatto accordi con IS dei quali non conosciamo i contenuti.
Che motivazione ha la Turchia per il suo modo di procedere militare?
Vuole impedire che le YPG/YPJ creino una striscia continua sotto l’amministrazione curda fino al cantone orientale di Afrin: Il loro obiettivo era quello di rompere l’isolamento del territorio. Questo la Turchia non vuole tollerarlo nella Siria del nord vicina al confine. Fino ad ora ha sostenuto gruppi islamisti che si trovavano nei dintorni di Afrin. Dato che questo grazie alla liberazione di Manbij ora non funziona più, interviene militarmente la Turchia stessa. Presumibilmente intende continuare da lì a intrattenere commerci sul confine con IS e altri gruppi islamisti, mantenere aperte le loro vie di approvvigionamento in quella zona. Per poter mascherare questo le serve la zona cuscinetto.
Perfino la città di Kobane liberate dalle YPG/YPJ, simbolo della vittoriosa resistenza contro la milizia terroristica, è stata attaccata dall’esercito turco.
In effetti l’esercito turco ha cercando di costruire un muro di confine presso Kobane – a ridosso del territorio della città. Per questo era entrata nel territorio autonomo curdo. Dal 29 agosto la popolazione di Kobane ha opposto resistenza. Anche sul lato turco a Suruc la gente si è mostrata solidale con i curdi ed è scesa in piazza. In questo contesto l’esercito ha iniziato a sparare: Ci sono stati due morti e 80 feriti. Siccome la resistenza è stata così forte che non sono riusciti a costruire il muro sul territorio della Siria del nord. I militari si sono ritirati nel territorio dello Stato turco e ora costruiscono lì.
Da molto tempo gli abitanti die territori autonomi curdi nel Rojava chiedono un corridoio umanitario in Turchia – la costruzione del muro sembra essere il contrario, o no?
La Turchia vuole sviluppare l’embargo degli approvvigionamenti contro il Rojava e procede in modo sempre più brutale contro la popolazione civile. Di recente ha perfino sparato su profughi di Manbij al confine turco. Anche il governo del Presidente curdo Massud Barzani in Iraq ha chiuso le frontiere. Vogliono isolare il Rojava completamente. Per la popolazione nella parte democratica della Siria del nord questo è un grosso problema.
Andreas Fisahn, studioso di problemi giuridici all’università di Bielefeld, recentemente ha detto in un’intervista a jW che si tratta di una guerra di un attacco della Turchia contro la popolazione curda che non è giustificabile in base alla legislazione internazionale. Lei che ne pensa?
L’AKP turco da tempo è impegnato a creare una legittimazione per un ingresso nella Siria del nord. Dopo i recenti attacchi in Turchia ad esempio aveva lanciato accuse assurde: che dietro ci sarebbero IS, l’area di Gülen, il PKK e le YPJ/YPG in combutta. Siamo inorriditi del fatto che le forze internazionali lasciano accadere questo intervento nella parte democratica della Siria del nord e tacciono in proposito.
Intervista: Gitta Düperthal
Junge Welt