Unità speciali dell’esercito irakeno martedì sono entrate per la prima volta nell’area cittadina della metropoli di Mosul controllata dallo “Stato Islamico” (IS). Intanto l’esercito turco, che per via di un veto da Baghdad non ha partecipato all’operazione su Mosul partita circa due settimane fa, si prepara a un ingresso nell’Iraq settentrionale. Un grande numero di carri armati e di artiglieria pesante della 28° brigata di fanteria meccanizzata di stanza nella capitale turca Ankara, martedì sono stati inviati nella città del sudest turco di Silopi che si trova vicino al confine con l’Iraq.
Il Presidente turco Recep Tayyip Erdogan sabato aveva giustificato un rinforzo delle truppe nella zona di confine con la possibile presa della città di Tal Afar ancora occupata da IS da parte di Al-Hashd Al-Shaabi (Mobilitazione del Popolo). “Tal Afar è zona turkmena”, ha dichiarato Erdogan. “Se la Mobilitazione del Popolo lì dovesse spargere terrore, noi risponderemo.” A questa alleanza schierata dal governo irakeno nella lotta contro IS e sostenuta logisticamente dall’Iran appartengono circa 40 milizie in prevalenza sciite, compresi volontari stranieri.
Che sia la sicurezza dei turkmeni nella città di Tal Afar situata a 170 chilometri dal confine turco la vera preoccupazione principale del governo di Ankara appare dubbio. Infatti la Turchia non aveva mosso un dito quando nell’estate del 2014 decine di migliaia di turkmeni sciiti erano fuggiti da IS.
L’obiettivo sembra essere piuttosto la zona di insediamento della comunità religiosa yezida di Shengal (Sinjar) 50 chilometri a ovest di Tal Afar confinante con la Siria. “Sinjar” è sulla strada per diventare la nuova Qandil”, ha detto Erdogan nel fine settimana in riferimento al quartier generale del Partito dei Lavoratori del Kurdistan PKK nella zona di confine irakeno-iraniana.
Il Ministro della Difesa Fikri Isik ha dichiarato che la Turchia non è costretta ad aspettare oltre il confine mentre il PKK si consolida a Sinjar. Ha giustificato il rafforzamento delle truppe a Silopi martedì all’agenzia stampa di stato Anadolu con la lotta contro il PKK e i “significativi sviluppi dall’altra parte del confine turco”.
Guerriglieri del PKK e delle Unità di Difesa del Popolo YPG dalla Siria settentrionale nell’estate del 2014 dopo l’attacco di IS a Shengal hanno salvato la vita a centinaia di migliaia di yezidi combattendo per aprire una via di fuga. Le Unità di Difesa di Shengal formate da giovani yezidi (YBS) poi formati con l’aiuto di istruttori del PKK, come parte di Al-Hashd Al-Shaabi sono state rifornite di armi da Baghdad. Dopo nuovi attacchi di IS contro villaggi yezidi, l’Alto Comando delle YPG la scorsa settimana ha annunciato lo spostamento di 1.000 combattenti a Shengal. Questo dovranno impedire anche che miliziani di IS si ritirino da Mosul verso il nord della Siria.
Il Primo Ministro irakeno Haidar Al-Abadi di fronte alla concentrazione di truppe turche nella zona di confine con l’Iraq ha parlato di un “passo senza riguardo”. Ha annunciato di voler trattare i militari turchi nel caso di un intervento in Iraq “come nemici”. Il governo irakeno inoltre considera la presenza militare turca giustificata con aiuti per l’addestramento per peshmerga curdi e milizie arabo-sunnite nella località di Bashiqa nei pressi di Mosul un’occupazione lesiva della legalità internazionale.
Di preoccuparsi, Baghdad ha tutte le ragioni. Così media turchi vicini al governo mostrano la Turchia nei confini del “Patto Nazionale” considerato documento fondativo del movimento nazionale guidato da Mustafa Kemal dell’anno 1920. Le città di Erbil, Mosul e Kirkuk nel nord del’Iraq lì vengono definite come territorio turco al pari della metropoli siriana di Aleppo e di alcune isole greche. Nel trattato di pace di Losanna nell’anno 1923 i kemalisti non riuscirono ad imporre le loro pretese sulla provincia ottomana di Mosul, dato che la Gran Bretagna voleva vedere la zona ricca di petrolio nella zona di influenza dell’Iraq appena fondato sotto il mandato britannico. Erdogan non si stanca di affermare che »Non abbiamo accettato questi confini per libera scelta«.
di Nick Brauns
Junge Welt