Sirnak: Tolto il divieto d’ingresso per la popolazione. Dopo mesi di bombardamenti della città nel sudest della Turchia sono rimaste solo rovine.Dalla scorsa settimana gli abitanti scacciati da Sirnak (curdo: Sirnex) possono ritornare nella città nelle montagne dell’estremo sudest della Turchia. Dopo otto mesi di divieto di ingresso, poco prima dell’inizio dell’inverno sperano di poter rimettere a posto alla meno peggio le loro case danneggiate da settimane di combattimenti in primavera. Ma molti di coloro che ritornano, che prima devono farsi registrare al posto di polizia, non trovano nemmeno le macerie delle loro case. L’80 percento della città è stato distrutto.
Ancora circa un anno fa, rappresentanti del Partito Democratico dei Popoli (HDP) filo-curdo provenienti da Sirnak si erano mostrati speranzosi con junge Welt rispetto al fatto che la loro città sarebbe stata risparmiata dagli attacchi dello Stato. »Le montagne sono vicine, la guerriglia può accorrere velocemente per la nostra difesa«, si pensava diffusamente a Sirnak. Si faceva affidamento sui combattenti del Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK) asserragliati nelle vicine montagne di Cudi e Gabar. Per proteggere i quartieri della città autogovernati da consigli del popolo dalle violenze della polizia, giovani seguaci del PKK all’epoca avevano eretto barricate. Il fatto che l’esercito avrebbe bombardato quartieri residenziali con carri armati e obici, nessuno lo aveva messo in conto. Contro un tale fuoco di artiglieria da guerra pesante dalla distanza e durato per settimane, le milizie dei residenti armate di armi leggere non potevano fare niente. La massa degli abitanti è fuggita. Le persone hanno trovato alloggio da parenti o hanno aspettato in tendopoli nei pressi della città. Ma dopo i carri armati sono arrivate le ruspe per spianare le case trasformate in rovine.
Secondo il quotidiano curdo pubblicato in Germania Yeni Özgür Politika, sei quartieri sono stati completamente cancellati. Immagini attuali ora mostrano nel quartiere di Cumhuriyet, un tempo fitto di edifici, una moschea che si erge solitaria in un paesaggio di macerie. L’edificio di sette piani nel quale l’HDP e il partito fratello attivo nella politica comunale DBP avevano le loro sedi, è stato completamente abbattuto. Su muri delle case rimaste in piedi i commando speciali dell’esercito e la polizia militare, reclutate tra le file dei lupi grigi e degli jihadisti, hanno lasciato slogan razzisti. Carri armati di queste unità speciali continuano a pattugliare la zona della città e sulle montagne di macerie i militari, nello stile dei padroni coloniali, hanno alzato grandi bandiere turche. La co-sindaca del DBP destituita, Eylem Özlem Onuk, è ricercata con mandato di cattura, intanto la città è sotto l’amministrazione forza del vicegovernatore della provincia.
Un reporter dell’agenzia stampa curda Firat ha chiamato Sirnak la »Guernica curda«. La città basca distrutta nel 1937 dall’aviazione nazista grazie all’omonimo dipinto di Pablo Picasso è diventata un simbolo degli orrori della guerra. E la guerra molti abitanti di Sirnak non la conoscono solo da quest’anno. Perché una gran parte di loro proviene da villaggi che durante gli anni ’90 sono stati sgomberati dall’esercito. Nel 1992 è entrata nella visuale dei media internazionali, quando militari turchi con carri armati corazzati di fornitura tedesca durante la festa curda del Newroz massacrarono dozzine di persone in festa. Centinaia di civili negli anni successivi sono stati assassinati dalle famigerate squadre della morte dei servizi segreti della gendarmeria Jitem e gettati nei pozzi.
Ancora dieci anni fa Sirnak – nonostante fosse se capitale di provincia – era solo un modesto nido, dove vacche magre frugavano in cumuli di immondizia. Ma negli anni passati la città è crescita fino a 65.000 abitanti. Sono stati inaugurati un albergo a cinque stelle e un aeroporto, nella speranza di poter trarre profitto dal commercio con il vicino Iraq. Allo stesso tempo Sirnak è una delle regioni più militarizzate del Paese. Su quasi ogni collina si trovano punti d’appoggio militari. Perché la provincia nel triangolo di Paesi Turchia-Iraq-Siria come porta verso la Turchia ha un significato strategico per i combattenti della guerriglia che provengono dai campi del PKK nel nord dell’Iraq o si vogliono unire alle Unità di Difesa del Popolo YPG nel territorio di amministrazione autonoma del Rojava nel nord della Siria. Solo poche settimane fa presso Sirnak due giovani cechi, che secondo quanto riferito dal quotidiano vicino al governo Sabah avevano combattuto nelle file delle YPG, sono stati arrestati mentre attraversavano clandestinamente il confine.
di Nick Brauns
Junge Welte
Foto: Cansu Alkaya/AP Photo