Oltre agli altri sforzi in politica estera caratterizzati dalla politica anti-curda, l’AKP è anche impegnato a inscenare tra i curdi la tradizionale politica del „divide et impera“. A Erbil il Presidente del Consiglio turco ha invitato il KDP di Masoud Barzani a cacciare il PKK da Sinjar. Con questo Yildirm voleva interrompere il dialogo tra PKK e KDP iniziato negli ultimi anni e condurlo in una guerra civile. Ma non ha capito che il PKK farà tutto il possibile per non procedere contro un altro movimento curdo. Né il PKK né un altro movimento curdo per divergenze politiche metterà in gioco conquiste come la Regione Autonoma del Kurdistan. Lo status federale della regione in Iraq è una conquista nazionale complessiva di tutti i curdi e non il monopolio di un partito, anche se il KDP negli ultimi 70 anni ha svolto un ruolo pregnante nel Kurdistan irakeno. Una guerra tra KDP e PKK prevista dalla Turchia nuocerebbe molto di più al Kurdistan del sud che ai due partiti. Sia il PKK che il KDP sono consapevoli di questo pericolo.
Per il PKK è più semplice mantenere in piedi il dialogo politico con il KDP, mentre il KDP in questo deve affrontare diverse difficoltà. Perché per via del commercio del petrolio è finito in una dipendenza economica dall’AKP che lo rende ricattabile. A questo si aggiunge che il KDP a nome del KRG ha firmato un contratto per la cooperazione economica e politica con la Turchia per altri 50 anni. Finora non si conoscono i dettagli di questo accordo. Ma la minaccia da Ankara è sempre la stessa: „O combatti contro il PKK o l’oleodotto viene chiuso.“ Attualmente questi ricatti e minacce sono rivolti contro la presenza del PKK a Sinjar.
L’atteggiamento del PKK nei confronti di Ankara è chiaro. Non permetterà che Sinjar finisca sotto controllo turco, né che qualcosa del genere avvenga a Mosul. Per questo da mesi PKK e KDP discutono di una soluzione curda a Sinjar.
Ma le questioni relative a Sinjar, Mosul o anche la Siria del nord/Rojava non sono problemi da risolvere solo tra PKK e KDP. Questi problemi devono essere trattati nell’ambito di un congresso complessivo dei curdi per poter sviluppare impostazioni per la soluzione che coinvolgano tutti i curdi. In un congresso del genere i curdi devono sviluppare una strategia comune di difesa e diplomazia per tutta la regione. Devono consultarsi sull’attuazione del diritto all’autodeterminazione dei curdi in Turchia, in Iran, in Iraq e in Siria.
Gli attuali pericoli costringono i curdi a passi comuni. I rappresentanti politici delle curde e dei curdi si trovano di fronte a una responsabilità storica. Per questo era importante che il PKK per la fine dello scorso anno facesse un nuovo appello per un congresso curdo e sempre per questa ragione ha avviato anche il dialogo con il KDP. È importante anche che il KDP si sia dichiarato disponibile a un simile dialogo e che lo voglia proseguire.
Sconfitta turca nella guerra siriana
Dal 2010, l’inizio delle cosiddette primavere arabe, la Turchia ha fatto il possibile per sfruttare questa fase si svolta per le proprie aspirazioni di espansione del proprio potere. Sei anni dopo, la Turchia passo per passo ha dovuto rivelare le proprie vere intenzioni, che all’inizio perseguiva in modo nascosto. La presunta lotta turca anti-IS nell’ambito della coalizione internazionale non era altro che una facciata. La Turchia ha perso la maschera nella lotta contro i curdi nel Rojava. Perché quello che la Turchia in realtà voleva nascondere alla coalizione internazionale e all’opinione pubblica mondiale, era il dato di fatto che fin dall’inizio aveva come obiettivo l’annientamento delle conquiste curde nel Rojava. Ma la vittoria militare dei curdi contro IS nel Rojava e nel nord della Siria ha fatto deragliare la Turchia. Con l’ingresso turco a Jarablus nello scorso agosto ha poi rigettato la propria strategia di una guerra per procura contro i curdi con l’aiuto di IS e di altri islamisti, per diventare essa stessa attiva dal punto di vista militare. Ora l’esercito turco è presente in prima persona nel nord della Siria e cerca con tutte le proprie forze di impedire che i curdi e quei gruppi etnici e religiosi che collaborano con i curdi nella costruzione di una Federazione Democratica Siria del Nord, continuino a sviluppare il loro sistema.
Contrariamente alle affermazioni turche secondo le quali i curdi del Rojava vi vogliono costruire un proprio Stato o una federazione curda secondo il modello irakeno del 2003, i popoli della regione sotto la guida dei curdi sono riusciti nel corso degli ultimi sei anni a costruire la base per la proclamazione di una Federazione Democratica Siria del Nord. Alla fine di dicembre curdi, arabi, armeni, assiri e ceceni hanno deciso una propria bozza comune per il nuovo contratto sociale. Nel giro dei prossimi sei mesi ora cittadine e cittadini della Siria del nord ora dovranno votare sul contratto sociale composto da 15 pagine. Il 23 gennaio sarà difficile per la Turchia convincere i partecipanti alla conferenza sulla Siria di Astana che i curdi perseguono una separazione.
Cambio di partner della Turchia: dall’asse sunnita a quello sciita
Attraverso la bozza comune di contratto sociale per la Federazione Democratica Siria del Nord, non è stato possibile confermare le affermazioni di Ankara che i curdi vogliono staccarsi dalla Siria per uno Stato curdo. Perché con questo argomento nello scorso ha cercato di conquistare nuovi partner per la sua strategia anti-curda. Contrariamente ai partner che ha avuto finora, come Arabia Saudita, Qatar e le rimanenti cosiddette forze del campo sunnita, ora i suoi nuovi partner sono Russia, Cina, Siria e Iran. Questi Stati sono noti per la centralizzazione del potere e per questo essi stessi mostrano forti deficit democratici. Il principio di tutto il potere allo Stato in questi Paesi porta all’interdizione della propria popolazione. Per questo la Turchia crede che qui potrà trovare meglio punti di collegamento per il suo atteggiamento politico. Tutti loro hanno grandi paure della richiesta di democrazia delle comunità etniche e religiose all’interno dei loro confini statuali. La Turchia crede che qui troverà comprensione. Tuttavia non può ottenere molto con la sua argomentazione sul distacco curdo dalla Siria, dato che i curdi si considerano parte della futura Siria e per questo vogliono a ogni costo democratizzare questo Stato.
Dopo il successo nella liberazione di Minbic il 13 agosto 2016 da parte delle Forze Siriane Democratiche con la partecipazione delle YPG e YPJ le forze armate turche il 24 agosto sono entrate nel nord della Siria con la loro operazione „Scudo dell’Eufrate“ e da allora controlla la regione settentrionale di Shehba, la città di Jarablus e località come Dabiq e Soran.
Prima dell’ingresso c’è stata una trattativa con IS, perché sgomberi questi territori e apra lo spazio per le forze dell’Esercito Libero Siriano che cooperano con la Turchia. Insieme alle forze dell’ELS l’esercito turco ha combattuto fino ad arrivare alla regione critica intorno ad al-Bab.
Ad oggi la Turchia in Siria si è presentata in modo puramente esteriore come partner della NATO all’interno della coalizione internazionale nella lotta internazionale contro IS. Ha cercato con ogni mezzo di spingere primi tra tutti gli USA, ma anche altri componenti della coalizione, a considerare le YPG/YPJ e forze politiche come il PYD come organizzazioni terroristiche al pari di IS. In questo non ha avuto successo. Ma la coalizione internazionale agisce essa stessa sul posto e dispone delle migliori informazioni, su chi effettivamente combatte con successo IS e altri gruppi islamisti e chi no.
La democrazia curda impedisce l’espansione turca
Non solo nel nord della Siria, anche in Turchia i curdi combattono per la democrazia, dato che vogliono mettere in pratica il loro diritto all’autodeterminazione attraverso la democratizzazione dei rispettivi Stati occupanti del Kurdistan. Nella Siria del nord da questo punto di vista è stata compiuta una rivoluzione nel verso senso del termine. Alla fine di dicembre ora tutte le componenti della Siria del nord hanno concordato sulla Federazione Democratica Siria del Nord, Nella bozza di contratto sociale di 15 pagine, tutte le comunità etniche e religiose si manifestano come cittadini con pari diritti con i loro diritti e doveri per la costruzione di un futuro comune. Anche se curdi con idee nazionaliste hanno avviato una forte battaglia di contrasto, tutti i partecipanti alla conferenza di dicembre hanno dichiarato di essere popoli della Siria e di voler lavorare dal nord della Siria verso un modello democratico per tutta la Siria.
Anche in Turchia il rappresentante curdo Abdullah Öcalan nel processo negoziale con lo Stato turco tra il dicembre 2012 e l’aprile 2015 si era impegnato per democratizzare la Turchia attraverso una soluzione costituzionale della questione curda.
Guardando indietro alle trattative durate quasi tre anni tra Öcalan e lo Stato turco si può dire che in base all’attuale situazione in Turchia si può capire meglio perché Öcalan ha fatto sforzi incredibili per andare incontro all’AKP e tenerlo al tavolo delle trattative. Più volte ha fatto notare che una guarigione della Turchia dipende dalla soluzione della questione curda. La strategia di Öcalan fondamentalmente era una lotta intensiva per la democratizzazione della Turchia attraverso la soluzione della questione curda.
Solo ora diventa chiaro ed evidente perché Öcalan ha insistito in modo così palese e perseverante sul processo di pace. Riusciva perfettamente a prevedere che la Turchia non aveva digerito la perdita di territori attraverso l’accordo di Losanna e che l’AKP avrebbe sfruttato il vuoto politico determinato dalle primavere arabe per la realizzazione di un impero turco secondo il modello ottomano. Ogni pronunciamento di Erdogan dopo l’aprile 2015, la fine dei negoziati con Öcalan, ha confermato i timori di Öcalan. Erdogan ha parlato in modo aperto e chiaro e ha sempre ripetuto che avrebbe permesso un’autonomia curda nel nord della Siria e che la Turchia non avrebbe ripetuto l’errore dell’anno 2003 nel nord dell’Iraq (la fondazione del KRG).
Nilüfer Koc, Congresso Nazionale del Kurdistan (KNK)