Lo Adalet ve Kalkınma Partisi (AKP), ossia Partito per la Giustizia e lo Sviluppo, è stato fondato da Recep Tayyip Erdoğan e dai suoi amici il 14 agosto 2001. I fondatori come Tayyip Erdoğan, Abdullah Gül, Bülent Arınç e Abdullatif Şener seguivano una linea politica, quella del Refah Partisi (RP, Partito del Benessere) e del Saadet Partisi (SAADET, Partito della felicità) che derivava dalla tradizione del movimento di stampo islamico Milli Görüş (»Punto di Vista Nazionale«) sotto la guida di Necmettin Erbakan. Nella fase di fondazione comprendeva in una sintesi di una parte dell’Anavatan Partisi (ANAP, Partito della Madrepatria) liberal-nazionalista di Turgut Özal, passando per il Doğru Yol Partisi (DYP, Partito della Retta Via) di Süleyman Demirel, fino a includere il Milliyetçi Hareket Partisi (MHP, Partito del Movimento Nazionalista). Coinvolgendo i liberali e perfino socialdemocratici come Ertuğrul Günay si dichiararono »Nuova Turchia« e si rappresentarono come partito con l‘identità di »democratici conservatori«.
La visione del »conservativismo« e della »impostazione democratica« dell’AKP nel corso del tempo è cambiata. In particolare il »governo di un solo uomo«, con il quale si caratterizza Erdoğan, rivela attualmente e molto chiaramente che il progetto dell’AKP della »democrazia conservatrice« ai tempi della fondazione, per loro è stato uno strumento per prendere il potere e conservarlo. E nel modo più chiaro e importante che il regime che l’AKP vuole consolidare in Turchia, si basa sulla sintesi tra razzismo turco e fondamentalismo islamico e in realtà è un progetto totalitario, nazionalista-fondamentalista. Ma come è arrivato l’AKP a questo progetto e come si è venduto durante la sua fondazione e dopo nella società e nell’arena internazionale? Vale la pena dare uno sguardo alla Turchia e agli sviluppi nella regione prima della fondazione dell‘AKP.
Dopo la consegna del fondatore e Presidente del PKK Abdullah Öcalan il 15 febbraio 1999, la Turchia era entrata in una nuova fase. La guerra in corso dal 15 agosto 1984 tra la guerriglia del PKK e lo Stato turco è stata interrotta e si è arrivati a una relativa normalizzazione della situazione. I partiti di base della Turchia, i partiti nazionalisti-liberali ANAP e DYP, che speculavano su scontri armati, non erano in grado di adattarsi a questa nuova fase. E lo RP ovvero il suo successore SAADET sotto la presidenza di Erbakan con la loro identità »islamica«, erano inaccettabili per lo Stato della NATO Turchia. La colazione dell’anno 1999 tra l’MHP nazionalista-razzista e il Demokratik Sol Parti (DSP, Partito della Sinistra Democratica) di Bülent Ecevit, a sua volta non è stata in grado di creare una politica adatta né a tempi né agli sviluppi in Turchia. La nuova ondata della politica globale iniziata con gli attacchi di Al-Qaeda dell’11 settembre 2001, iniziata in Afghanistan e con effetti sull’Iraq e diversi altri Stati del Medio Oriente, disturbava l’equilibrio. Con la nascita di dinamiche locali e della fase di un nuovo ordine del Medio Oriente, è iniziata la discussione sull’adattamento della Turchia a questo periodo.
Proprio allora è entrato in scena l’AKP sotto la presidenza di Erdoğan. Durante la sua fase di fondazione era stato apertamente sostenuto da importanti lobbysti e politici USA. Erdoğan si dichiarò copresidente del »Greater Middle East Project«. Analogamente, anche l’UE appoggiava la nascita dell’AKP. Aree liberali, nazionaliste e religiose, con Erdoğan prevedevano una nuova strutturazione della Turchia e movimenti come quello di Fethullah Gülen e organizzazioni religiose si unirono all‘AKP in un’alleanza. Dato che gruppi nazionalisti e revisionisti kemalisti non furono in grado di adattarsi politicamente alle esigenze dei tempi, si dissanguarono. E il 3 novembre 2002 l’AKP nelle elezioni parlamentari riuscì a prendere il governo da solo. Erdoğan, gravato da un divieto di attività politica, dopo riforme legislative arrivò al vertice del suo partito, Abdullah Gül prese la presidenza della Turchia.
Nel primo periodo l’AKP univa democrazia liberale e conservatorismo islamico. L’Islam politico e i revisionisti laici dello Stato kemalista erano in leggera collisione. Le contraddizioni dello Stato revisionista kemalista nella sua politica anti-curda e ostile alla sinistra, furono utilizzate dall’AKP a modo suo, in modo da portare dalla sua parte rappresentanti dell’Islam politico, fino ad aree liberali, nazionalisti, intellettuali favorevoli all’UE e organizzazioni civili. Tregue militari del movimento curdo e colloqui su »soluzioni« della questione curda prolungarono il mantenimento del potere. L’AKP che nelle elezioni parlamentari del 3 novembre 2002 ottenne il 34% dei voti, con questa politica nelle elezioni del 22 luglio 2007 arrivò al 47,58% e il 12 giugno 2011 al 49,83%. Il 7 giugno 2015 con 40% non riuscì a formare il governo da solo. E il 1 novembre 2015 ottenne il 49,5% dei voti.
Oltre ad Abdullatif Şener, presente dalla fondazione nel 2002 fino 2008, anche altri nomi furono scartati dall‘AKP, come P.S. i co-fondatori curdi Cüneyd Zapsu e Dengir Mir Mehmet Fırat. Si allontanò dalla politica filo-UE e grazie disaccordi con i militari turchi rispetto al laicismo, riuscì a rappresentarsi come »vittima«. Il blocco AKP-Erdoğan all’inizio si alleò con il gülenisti e bloccò, ossia indebolì tra il 2002 e il 2009 le forze armate turche che comprendevano ergenkonisti nazionalisti razzisti turchi. Alleato con Gülen fino al 2009/2010, dal 2011 a Oslo iniziò colloqui segreti con il PKK, inimicandosi così gülenisti ed ergenekonisti. Dopo la lite con i gülenisti schierò intorno a sé l’area nazionalista turco-ergenekonista e si installò nell’apparato dello Stato. Questa alleanza e scontro dimostrano che l’obiettivo dell’AKP non è la creazione di un progetto sociale della democrazia sociale, del laicismo e di un orientamento verso l‘UE, ma la nuova impostazione di uno stato islamista panturco.
In quel periodo in Tunisia, Libia ed Egitto iniziò la »primavera araba« che stava nascendo in tutto il Medio Oriente, nella quale l’AKP ed Erdoğan volevano concretizzare la loro influenza nella scena politica come attore principale dell’Islam sunnita. Erdoğan cercò di presentarsi come rappresentante del mondo islamico e come suo leader. Con la sua »one minute scene«- a Davos contro Israele il suo presentarsi come patrono dei Fratelli Musulmani in Egitto, con il loro gesto »Rabia« adattò la posizione del rappresentate per l’Islam alla sua nuova politica ottomana. Per questa ragione assunse un ruolo diretto nella guerra civile in Siria, sostenendo gruppi fondamentalisti come in particolare Stato Islamico (IS). Con questa politica mise in pratica la tesi che la Turchia doveva essere parte del gioco quando la regione sarebbe stata stabilizzata. Addestrò militarmente e politicamente tutti i gruppi radicali fascisti islamisti e diede loro sostegno finanziario. Sulla scena politica assunse per loro il ruolo di protettore. E portò il suo progetto sociale su un’unica linea con il radicalismo islamico, la politica neo-ottomana e oggi con il panturchismo.
Erdoğan e la sua area con il loro progetto sociale non pianificano assolutamente un avvicinamento ai valoro democratici e liberali dell’Unione Europea. L’AKP portò la vita sociale su una linea islamica nella quale deformava il laicismo dello Stato turco. In ogni manifestazione ha rianimato la simbologia islamica con una tinta panturca. La burocrazia statale, l’esercito indebolito, l’apparto di polizia epurato dai gülenisti, i servizi segreti nazionali, media e organizzazioni della società civile sono stati formati nuovamente su questa linea. Con l’aiuto di relazioni diplomatiche adeguate a questa nuova impostazione, cercò di creare un equilibri con la Russia e la Cina.
Erdoğan e la sua equipe andarono avanti nel legalizzare, la sua formazione statale, di fatto totalitaria, ottomana con una nuova Costituzione.
A questo scopo fu data vita a nuovi progetti che seguivano il principio popolare, islamista-panturco in tutti i media statali e privati. Possiamo rilevare che la situazione attuale in Turchia in un certo senso somiglia al corso della rivoluzione iraniana –islamica sotto l‘Ayatollah Khomeini. Così come Khomeini tenne insieme socialisti e democratici come avversari dello Scià e dopo la rivoluzione li liquidò e prese in carico lo Stato iraniano, così anche Erdoğan usò i liberali e sostenitori dell’UE sul percorso verso la sua posizione attuale.
Dopo il tentativo di golpe del 15 luglio 2016 nell’alta burocrazia statale, nella giustizia, nell’apparato impiegatizio, nei media e simili, sono state eseguite operazioni di pulizia nelle quali sono stati rimossi dagli uffici aleviti, curdi, gülenisti, laici e altri. Si è trattato di un regolamento di conti molto rigoroso.
– Secondo numeri del Ministero della Giustizia resi noti all’agenzia stampa Anadolu, sono state avviate misure giudiziarie contro 103 850 sospettati.
– Sono state avviate indagini contro 103 850 persone, delle quali poi 41 326 sono state messe agli arresti.
– Il Ministro della salute Mehmet Müezzinoğlu in un suo intervento su CNN Türk il 10 gennaio ha affermato che 97 679 dipendenti pubblici sono stati rimossi dall’incarico e che sono stati avviati procedimenti legali contro 135 356 persone.
– Dall’esercito turco sono state sospese dal servizio per decreto 4 619 persone, dalla gendarmeria 1 922 e dalla guardia costiera 30.
– 20 417 accademici o collaboratori accademici sono stati sospesi o sono diventati disoccupati nell’ambito dei decreti emanati durante lo stato di emergenza o per la chiusura di università per decreto, o per via della cancellazione di programmi di sostegno per nuove leve della scienza hanno perso un posto di ricerca garantito.
– Ai rapporti di lavoro di 30 395 persone che lavoravano per il Ministero dell’Istruzione è stata messa fine per decreto.
– Accademici o collaboratori scientifici hanno perso i loro diritti, sono stati sospesi o hanno perso il posto per la chiusura della rispettiva università.
– Per decreto sono stati chiusi 155 istituti mediatici, dei quali 20 hanno riaperto. Secondo il quotidiano Cumhuriyet 12 canali TV e 10 canali radio sono stati chiusi per decisione del Ministro autorizzato.
– Secondo numeri pubblicati dalla piattaforma di giornalisti indipendenti P24 del 18 gennaio, durante lo stato di emergenza sono stati arrestati 121 giornalisti.
– Patrimoni di imprenditori del valore di 12 miliardi di Lire turche sono stati indirizzati nelle casse dello Stato.
E al posto di soldati, poliziotti, pubblici ministeri, avvocati, insegnati, impiegati pubblici, giornalisti e accademici rimossi, l‘AKP ha messo persone a lui vicine. Ha sfruttato tutte le possibilità statali secondo le proprie necessità ed è riuscito a fare in modo che il nuovo carattere dello Stato turco abbia un orientamento ottomano, panturco-islamico, totalitario.
La Turchia di Erdoğan in cifre
– Dal 2002 al 2015 sono state assassinate 5 406 donne. Dalla presa del potere da parte dell’AKP il numero di uccisioni di donne è aumentato fino al 1 400 %.
– Durante 13 anni di distruzione da parte dell‘AKP i divorzi sono aumentati del 37%, la prostituzione del 790%, gli omicidi del 261%, gli abusi su minori del 434%, la tossicodipendenza del 678% e reati sessuali del 449 %. Il numero di prigionieri minorenni in 5 anni è quintuplicato.
– E, per quanto possa suonare triste, in Turchia ci sono 181 036 spose bambine.
– Carceri: mentre durante il 2002 c’erano 59 429 detenuti, questo numero nel 2016 è aumentato del 211 %.
Al confronto nel 1970 erano in carcere 56 511 persone, il cui numero dopo il famoso 12 marzo [golpe militare] fino alla fine del 1971 è aumentato a 61 463. Dopo il golpe del 12 settembre 1980 fino alla fine dello stesso anno, in carcere si trovavano 70 171 persone, il cui numero è aumentato nel 1981 a 79 786. Questi dati dimostrano che i numeri durante i periodi dei golpe crescevano dal 10 al 14 %.
Ai tempi dell’AKP e in particolare negli ultimi 6 anni, il numero di detenuti è cresciuto di circa 60 000, quindi un aumento di circa il 50 %. Il Ministro della Giustizia Bekir Bozdağ ha dichiarato che il 12 ottobre 2016 nelle 372 carceri si trovavano 194 973 detenuti. Inoltre nel 2017 si vogliono costruire altri 175 nuovi istituti penitenziari.
Baki Gül sugli obiettivi dell‘AKP; per Kurdistan Report maggio/giugno 2017