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Kurdistan

La protesta vive

Nonostante arresti di massa di oppositori continua la resistenza contro la dittatura di Erdogan. Mentre in Turchia proseguono senza sosta gli arresti di massa di oppositori, cresce la protesta contro il regime del Presidente Recep Tayyip Erdogan. Sono diventate figure simbolo della resistenza la 35enne studiosa di letteratura Nuriye Gülmen e il 27enne maestro di scuola elementare Semih Özakca. Dopo che, come altri 150.000 dipendenti pubblici, sono stati licenziati con accuse pretestuose di terrorismo, i due docenti sono entrati in sciopero della fame il 9 marzo per riavere i loro posti di lavoro. A maggio sono stati accusati di far parte di una »organizzazione terroristica« della sinistra radicale e arrestati. Nell’ospedale del carcere di Sincan presso Ankara proseguono la loro protesta e ora assumono esclusivamente acqua, sale, zucchero e vitamina B.

Secondo quanto riferito dai loro avvocati, entrambi sono così deboli che si trovano in sedia a rotelle e sono costretti a dormire in letti ad acqua. In queste condizioni un cedimento multiplo di organi è possibile in ogni momento, ha ammonito il Presidente dell’Ordine degli Avvocati di Ankara Vedat Bulut la scorsa settimana di fronte alla stampa, dopo che la Corte Europea per i Diritti Umani a Strasburgo aveva respinto una richiesta urgente di scarcerazione con la motivazione che non sussiste un »rischio immediato di un danno irreparabile per il fisico dei richiedenti«. Sabato a Istanbul sono stati arrestati 43 avvocati quando volevano tenere una conferenza stampa per i due in sciopero della fame. Contro i giuristi poi scarcerati martedì, ora si indaga per propaganda terroristica. E ad Ankara il governatore a inizio del mese ha emanato un divieto di riunione di un mese, con la motivazione che erano previste proteste a sostegno dei due docenti.

Il Partito Democratico dei Popoli (HDP) di sinistra e filo-curdo intanto organizza un »presidio per la coscienza e la giustizia«. In questo modo, il partito indebolito dall’arresto dei suoi quadri, tra cui i co-presidenti Selahattin Demirtas e Figen Yüksedag si ricollegano alla »marcia per la giustizia« del partito di opposizione kemalista CHP di un mese fa. Dopo Diyarbakir e Istanbul, il presidio di deputati rispettivamente della durata di una settimana, attualmente è in corso nella città curda di Van. Dopo che il Parlamento è stato spinto al suicidio dal partito di governo AKP, le strade sono diventate il luogo centrale della protesta, ha dichiarato il deputato socialista dell’HDP Ertugrul Kürkçü. L’HDP organizza questi presidi per dare alla popolazione, a intellettuali e rappresentanti di partiti e ONG la possibilità di incontrarsi. Ma un grande schieramento di polizia martedì ha impedito che la popolazione e rappresentanti dei media potessero raggiungere i deputati dell’HDP nel parco Musa-Anter di Van.

Con il motto »Kıyafetime Karışma!« – »Non impicciarti del mio abbigliamento!« negli ultimi giorni sono scese in piazza migliaia di donne a Ankara, Istanbul e Izmir. La protesta si rivolge alle crescenti violenze contro donne che sarebbero vestite in modo licenzioso da parte di autonominati guardiani della virtù. La protesta è stata scatenata da un video ripreso con un cellulare che documenta l’attacco di un uomo contro una studentessa in autobus in pantaloncini corti durante il mese di digiuno islamico del Ramadan. Numerose donne hanno poi riferito nei social media di attacchi analoghi. Le proteste delle donne si rivolgono anche contro il progressivo smantellamento della repubblica laica, come ad esempio attraverso un disegno di legge presentato ora dal governo per l’equiparazione di matrimoni religiosi islamici con i matrimoni civili.

Anche se per via dell’omologazione dei media le notizie sulla guerra in Kurdistan a stento raggiungono l’opinione pubblica, la resistenza armata della guerriglia del Partito dei Lavoratori del Kurdistan PKK nelle montagne curde continua senza sosta. Secondo quanto riferito dall’agenzia stampa curda Firat, almeno dieci soldati trasportati in elicottero sarebbero rimasti uccisi nella provincia di Hakkari nel fine settimana nella zona di confine tra Turchia e Iran, inoltre la guerriglia avrebbe attaccato una base militare nella regione.

di Nick Brauns

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