Si infiltri un informatore nell’area vicina alla persona che viene considerata nemico pubblico numero 1. L’informatore fornisce ai suoi committenti dati precisi su dove e come si muove l’obiettivo. E appena si presenta un’occasione adatta, avviene l’attacco. È più o meno questo l’aspetto di colpo perfetto dei servizi segreti. Ma diventa spiacevole quando l’informatore è un agente che fa il doppio gioco e invece dell’obiettivo fa saltare i committenti …
Nel nostro articolo sull’attività degli agenti turchi contro attivisti curdi in Germania abbiamo riferito che le operazioni per smascherare attività e i piani degli agenti del MIT vengono forzatamente prese in carico dalle stesse strutture curde1. Come mostrano nuovi dettagli, poche settimane fa nella Regione Autonoma del Kurdistan (Kurdistan del sud) si è verificato un altro caso spettacolare nel quale il movimento curdo ha dimostrato le sue capacità in questioni del genere. Eppure il Presidente turco Erdoğan si era preparato a presentare ai suoi seguaci il più grande successo delle attività di intelligence del suo mandato di governo. Ora è disperatamente impegnato nel nascondere gli eventi all’opinione pubblica. Che il portale di notizie al-Monitor riferisca dettagliatamente del caso, non glielo rende proprio semplice2.
Ma andiamo a vedere cosa è successo esattamente: nel mirino dei servizi segreti turchi si trovava niente po’ po’ di meno che Cemil Bayık, il Co.Presidente dell’Unione delle Comunità del Kurdistan (KCK). Da maggio di quest’anno i servizi segreti turchi si preparavano intensamente a un attentato con il quale doveva riuscire il colpo più grosso contro il Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK) dal sequestro internazionale di Abdullah Öcalan nel 1999. Per eseguire l’impresa con successo, il MİT aveva attivato le sue cellule a Silêmanî (Sulaimaniyya) nel Kurdistan del sud. Le strutture dei servizi segreti dell’Unione Patriottica del Kurdistan (PUK) che hanno il comando nella città hanno osservato le attività del MİT senza interferire. Ma anche gli informatori del PKK evidentemente hanno saputo tempestivamente dei piani dei servizi segreti turchi. Perché quando il MİT ha cercato di piazzare un suo uomo nell’area vicina a Cemil Bayık, gli si è proposto qualcuno che faceva già parte del suo servizio d’ordine. La persona è riuscita con successo a dare l’impressione di essere passato al nemico. Per settimane e mesi ha fornito ai servizi segreti turchi informazioni dall’interno dell’organizzazione che i servizi segreti hanno ritenuto credibili. La presunta talpa nelle file del PKK in questo avrebbe ottenuto la fiducia di collaboratori di alto grado dei servizi segreti.
Poche settimane fa l’uomo ha poi dato il via al MİT per l’operazione contro Bayık. Quest’ultimo doveva essere portato in incognito a Silêmanî per cure mediche, dove sarebbero state sopraffatte le sue guardie del corpo e sarebbe stato possibile arrestarlo. Per discutere degli ultimi dettagli dell’operazione, due responsabili di alto grado del MİT si sono recati a Silêmanî, dove volevano incontrare l’ „informatore“. Questo spostò velocemente il luogo dell’incontro da Silêmanî a Dakok, dove per lui sarebbe stato più sicuro. Gli uomini del MİT devono aver avuto così tanta fiducia nell’uomo che neanche di fronte a questo hanno avuto dei sospetti. Si sono recati a Dakok, hanno incontrato la „talpa“ e prima che potessero lasciare il luogo dell’incontro sono stati arrestati da membri del PKK e porati nelle basi dell’organizzazione nelle montagne di Qandil.
Complessivamente 18 persone dei servizi segreti turchi, tra cui i sopraccitati due funzionari di alto grado, sarebbero cadute nelle mani del PKK durante l’operazione. Il caso inizialmente non è arrivato nei media. Il PKK per riguardo nei confronti del PUK non si è pronunciato sul caso perché il tutto in fin dei conti si è verificato nel territorio sotto l’influenza dell’Unione Patriottica del Kurdistan. La PUK, per via di problemi diplomatici con la Turchia non particolarmente contenta dell’evento, alla fine si è pronunciato. Il componente del Politbüro, Sadi Ahmed Pirê, ha dichiarato pubblicamente che un’operazione dei servizi segreti della Turchia nel territorio del Kurdistan del sud era fallita. Nel frattempo la Turchia aveva espulso dal Paese il portavoce del PUK ad Ankara nonché altre 80 persone dell’area del PUK come reazione al fallimento delloperazione3. Alla fine il PKK si è pronunciato anche sull’arresto del responsabile del MİT e ha reso noti i particolari dell’evento.
Calcolo della Turchia: colpo contro il PKK e caos nel Kurdistan del sud
Senza dubbio l’arresto di Cemil Bayık sarebbe stato un grande successo dello Stato turco nella pluridecennale lotta contro il PKK. L’AKP e il Presidente turco Erdogan avrebbero ben volentieri sfruttato questo successo a loro favore. Il governo di Erdoğan volentieri resterebbe iscritto nella storia della Turchia come autore della vittoria definitiva sul PKK. Così il Ministro degli Interni turco Süleyman Soylu continua a proclamare pomposamente che a breve nessuno parlerà più di questa organizzazione. Ma il governo turco che tuona con tanta sicurezza nella lotta contro i curdi continua a perdere terreno nella lotta contro il movimento democratico curdo. L’umiliazione nella citata operazione dei servizi segreti è solo la punta dell’iceberg. Perché sia nella Federazione Democratica Siria del Nord che nel Kurdistan del sud sono in atto sviluppi dal punto di vista della società curda che non dovrebbero affatto far piacere ad Ankara. Il pianificato arresto di Bayık per questo doveva rappresentare qualcosa come un colpo liberatorio per la politica turca anti-curda. Ma è finita in un disastro.
Eppure Ankara con l’operazione sperava in un doppio effetto: oltre al colpo contro il PKK allo stesso tempo si voleva anche creare caos nel Kurdistan del sud. Il calcolo prevedeva che dopo l’arresto di Bayık, il PKK avrebbe dichiarato corresponsabili i partiti del del Kurdistan del sud, dato che questi da anni tollerano attività dei servizi segreti turchi nel proprio territorio. In questo modo sarebbe poi nata una crisi tra la diverse forze curde che dal punto di vista dei responsabili turchi, nel caso ideale sarebbe sfociata in scontri armati, caos in tutta la regione e nell’annullamento del referendum sull’indipendenza. Questi rischi sarebbero stati citati anche dal Ministro della Difesa USA James Mattis nella sua visita del 23 agosto ad Ankara, motivo per cui alla richiesta dei suoi interlocutori turchi, ha rifiutato il sostegno di Washington per un’operazione del genere. DSecondo quanto riferito dai media, che fanno riferimento a fonti dei servizi segreti, Mattis avrebbe valutoto un possibile conflitto tra curdi come un grande pericolo per la lotta internazionale contro Stato Islamico (IS).
I servizi segreti turchi MİT però evidentemente si sentiva molto sicuro nella vicenda. Troppo sicuri, come si è poi dimostrato. Il pericolo per i curdi che attualmente viene dalle attività dei servizi segreti tuttavia permane. E questo vale per la Turchia e il Kurdistan, così come per l’Europa e in particolare per la Germania.
-
http://civaka-azad.org/vom-deutschen-umgang-mit-tuerkischer-agententaetigkeit-gegen-kurdische-aktivisten/ []
-
siehe: Ankara silent on Turkish agents allegedly caught in Iraq assassination plot, Turkish silence speaks volumes as PKK points to spy ring, Developing PKK kidnapping story concerns KRG officials