Iraq

Gerusalemme Mespotamica

Attraverso il referendum nell’Iraq del nord crescono le tensioni intorno a Kirkuk-Il Presidente curdo Masud Barzani martedì sera in un intervento televisivo già prima dello spoglio dei voti ha annunciato la vittoria nel referendum sull’indipendenza. Il 92 percento avrebbe votato per la sovranità nazionale dei territori curdi in Iraq. All’annuncio di Barzani di essere intenzionato ad avviare negoziati con Bagdad il Presidente del Consiglio dei Ministri Haider Al-Abadi ha risposto con un ultimatum. Se il governo curdo entro venerdì non consegna il controllo degli aeroporti nel nord del Paese al governo centrale, lo spazio aereo sul Kurdistan verrà chiuso. Che i curdi irakeni abbiano votato per la sovranità nazionale non è una sorpresa. Dato che Barzani con il referendum fondamentalmente era interessato a mettere in sicurezza la propria posizione nella lotta di potere interna ai curdi, Bagdad dopo questa consultazione non vincolante dal punto di vista della legalità internazionale, potrebbe tornare al normale ordine del giorno. Ma la questione di Kirkuk messa in evidenza attraverso il referendum per non lascia prevedere che la situazione si calmi.

La metropoli di Kirkuk situata 250 km a nord di Bagdad è considerata la Gerusalemme della Mesopotamia. Curdi, arabi e turchi avanzano allo stesso modo pretese sulla città vecchia di 3.000 anni. E in questo non si tratta di sentimenti patriottici. Perché Kirkuk con riserve fino a 12 miliardi di barili è in centro dell’industria petrolifera irakena. La risorsa, in base ad un accordo del governo Barzani non riconosciuto da Bagdad, viene trasportata attraverso un oleodotto al porto mediterraneo turco di Ceyhan.

Un’enciclopedia ottomana del 1896 descriveva Kirkuk ancora come una città a cui popolazione consiste per i due terzi da curdi. Un censimento del 1957 ha poi rilevato solo il 48,2 percento, mentre la popolazione araba era aumentata fino al 28,2 percento e i turkmeni al 21,4 percento. Il regime Baath arabo-nazionalista dopo il 1977 era impegnato a continuare a modificare i rapporti demografici ulteriormente a favore degli arabi attraverso ricollocamenti ed espulsioni, che nel 1997 costituivano già il 72 percento della popolazione. Ma dopo la caduta di Saddam Hussein a seguito dell’invasione USA del 2003 molti curdi sono tornati a Kirkuk e hanno a loro volta cacciato parte degli arabi che vi erano stati insediati nei decenni passati. Secondo le elezioni parlamentari del 2014, i curdi ormai costituiscono il 53 percento della popolazione di Kirkuk.

Secondo l’articolo 140 della Costituzione irakena del 2003 su una possibile annessione di Kirkuk di altri »territori contesi« alla regione autonoma curda si dovrà decidere nell’ambito di una consultazione popolare. Questa fino ad ora non era stata impedita solo dal governo centrale di Bagdad. Anche Barzani non si era mai impegnato seriamente per l’attuazione dell’articolo 140. Perché a Kirkuk domina l’Unione Patriottica del Kurdistan (PUK), facendo temere a Barzani che in un Kurdistan del sud unificato con il suo Partito Democratico del Kurdistan (KDP) finora dominante, si sarebbe trovato in svantaggio.

Quando »Stato Islamico« (IS) dopo l’occupazione di Mosul nel giugno 2014 ha attaccato anche Kirkuk, le unità dell’esercito irakeno che vi erano stazionate si sono ritirate. Peshmerga curdi hanno sfruttato il momento favorevole e hanno preso il controllo. Alla difesa contro IS avevano partecipato anche combattenti della guerriglia del Partito dei Lavoratori del Kurdistan PKK, fino ad oggi di stanza a Kirkuk.

Dopo che i partiti curdi nel consiglio comunale di Kirkuk avevano deciso la partecipazione al referendum, il governatore di Kirkuk, Nashmaddin Karim, a metà settembre è stato dichiarato decaduto dal Parlamento di Bagdad. La maggior parte degli arabi e dei turkmeni a Kirkuk hanno boicottato la votazione. »La nostra prossima meta è Kirkuk«, annunciando all’inizio della settimana Karim Nuri, un comandante della milizia sciita costituita da Bagdad e dall’Iran per la lotta contro IS Hajd Al-Shaabi (Mobilitazione Popolare) un attacco alla metropoli petrolifera.

Anche la Turchia solleva pretese sull’ex-provincia ottomana Vilayet Mossul. Media vicini al governo hanno mostrato carte sulle quali Kirkuk viene aggiunta al territorio statuale turco. Per ora Ankara giustifica queste rivendicazioni territoriali con la preoccupazione per i turkmeni. Allo stesso tempo si accumulano segnali secondo i quali i servizi segreti con l’aiuto del fronte turkmeno sta formando cellule armate a Kirkuk. Lì si sta preparando una miscela esplosiva che dopo una prevedibile vittoria su IS potrebbe determinare l’agenda in Iraq.

 

di Nick Brauns

 

Junge Welt

 

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