Ankara sta per estendere lo stato di emergenza in vigore dallo scorso anno per la quinta volta. Lo ha affermato venerdì un funzionario del Partito della Giustizia e dello Sviluppo (AKP). Il capo del gruppo parlamentare dell’AKP Mustafa Elitas ha affermato che una mozione del primo ministro sta per essere presentata all’assemblea dopo un incontro del Consiglio Nazionale di Sicurezza della prossima settimana.
I deputati dell’AKP e del loro alleato di estrema destra del Partito del Movimento Nazionale (MHP) sosterranno il disegno di legge che dovrebbe estendere lo stato di emergenza per altri tre mesi, una pratica che il governo di Recep Tayyip Erdogan ha ripetuto dal fallito tentativo di colpo di stato del 2016. I partiti principali di opposizione del Partito Repubblicano del Popolo (CHP) e il filocurdo Partito Democratico dei Popoli (HDP) che vedono Erdogan come un leader sempre più autoritario si sono opposti alle precedenti estensioni.
L’argomento principale del governo di Erdogan per lo stato di emergenza è quello di resistere al movimento del religioso islamico appoggiato dagli Stati Uniti, che è accusato di essere la mente del fallito colpo di stato attraverso i suoi seguaci nell’esercito. Ankara ha anche citato le sue preoccupazioni a riguardo della guerra lunga di decenni del Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK) per costituire l’autogoverno nelle province a maggioranza curda del sudest.
Nello stato di emergenza, il presidente, autorizzato da un pacchetto di riforme costituzionali approvato dagli elettori in un referendum avvenuto lo scorso aprile, può ignorare il Parlamento nell’elaborazione di nuovi decreti. I decreti, a partire dall’anno scorso, hanno rimosso oltre centomila dipendenti pubblici e hanno ordinato la chiusura di centinaia di media, di ONG, di centri culturali, delle scuole private e degli ospedali sulla base di asserzioni di avere legami con gruppi terroristici dannosi alla sicurezza nazionale. Ci sono anche oltre 160 giornalisti, i lavoratori dei media dietro le sbarre, e il Co-leader di HDP Selahattin Demirtas rimane imprigionato insieme a nove altri deputati del suo partito.
Il Consiglio d’Europa (CoE) e i gruppi internazionali di diritti umani come Human Rights Watch hanno già chiesto a Ankara di porre fine allo stato di emergenza, citando gravi violazioni dei diritti, incluse le accuse di tortura nelle prigioni e gli abusi di potere da parte dei funzionari statali.
Ava Homa