»Per via dell’invisibilità dell’osservatore il detenuto non può sapere quando e se effettivamente in quel momento viene sorvegliato da un guardiano. Si sente sotto osservazione permanente e alla fine diventa il sorvegliante di se stesso. Sarebbe sbagliato considerare in questo senso il sistema di sorveglianza di istituzioni chiuse. Il potere disciplinante del “panopticon “ si estende a tutta la società. Viviamo in una società in cui regna il “panopticonismo”. Il panopticon quindi non è solo una struttura architettonica, ma una forma di esercizio del potere.«
Panopticon- “Colui che vede tutto “
Nella sua opera “Sorvegliare e punire. La nascita della prigione “ (1975) Foucault analizza il carcere come un’istituzione in una rete di complessi di potere che nel 19° secolo è diventato il centro di un sistema di sorveglianza e verifica. Attraverso una ricostruzione genealogica della pratica della punizione Foucault riesce a spiegare la „nascita della prigione“. Mostra che nell’ambito della costruzione del carcere si è compiuta una modifica del funzionamento del potere. Mentre il corpo del detenuto nel vecchio sistema penale diventava obiettivo del potere e della soddisfazione reale, la punizione moderna invece avviene in modo nascosto, dietro le alte mura del carcere. Nell’assolutismo l’esecuzione del delinquente veniva rappresentata come un vero e proprio spettacolo e sovrano poteva mettere in scena il suo potere in tutta la sua gloria, il cui effettivo destinatario era il popolo al quale doveva essere impartita una lezione in termini di lealtà. Il sistema di potere moderno al contrario si è rifugiato nell’anonimato e mette l’individuo al centro e lo controlla da un punto segreto.
Più importante della sola punizione fisica ora nel 19° secolo era diventato il pensiero di rieducare il delinquente in modo efficace. Foucault vede le ragioni di questo nella nuova concezione delle carceri e dell’intero sistema penale che è incentrato sul fatto di sorvegliare il corpo della persona. È stata installata una forma sottile di potere. Foucault parla di una „microfisica del potere “.(1) Per mezzo del controllo vengono disciplinati i più piccoli dettagli della persona: movimenti, gesti, atteggiamenti, modi di sedersi, velocità, per rendere docile e arrendevole il corpo umano. Portando l’individuo in un sistema di sorveglianza architettonico viene prodotto un soggetto che si controlla continuamente da sé. Il meccanismo dell’interiorizzazione del controllo viene spiegato da Foucault con l’esempio del modello di carcere progettato da Jeremy Bentham – il panopticon. Il panopticon è un edificio a forma di anello, al centro si trova una torre con delle finestre. Questa torre di sorveglianza consente di guardare in ogni cella che è disposta in cerchio intorno ad essa. Mentre al detenuto viene impedita la vista dalla cella nella torre, lui si trova invece in situazione di controllo permanente, senza interruzioni. Per via dell’invisibilità dell’osservatore il detenuto non può sapere quando e se effettivamente in quel momento viene sorvegliato da un guardiano. Si sente sotto osservazione permanente e alla fine diventa il sorvegliante di se stesso. Sarebbe sbagliato considerare in questo senso il sistema di sorveglianza di istituzioni chiuse. Il potere disciplinante del „panopticon “ si estende a tutta la società. Viviamo in una società in cui regna il „panopticonismo”. Il panopticon quindi non è solo una struttura architettonica, ma una forma di esercizio del potere..(2)
L’isolamento come metodo della morte silenziosa
La detenzione in isolamento è la forma più grave del sistema del panopticon. Il sistema penale del 21° secolo ha in larga misura abolito le celle comuni e le ha sostituite con celle di isolamento. La pena principale d’ora in avanti e la detenzione in cella di isolamento, dato che l’isolamento è il metodo migliore per influire sulla psiche dei detenuti. Le organizzazioni per i diritti umani classificano la detenzione in isolamento come un metodo di tortura. Un metodo di tortura che non lascia sul corpo tracce e ferite visibili, ma isola la persona detenuta dal mondo estero e dai contatti sociali e lo sorveglia 24 ore al giorno. La detenzione in isolamento è impostata con lo scopo di spezzare la volontà e le convinzioni di una persona. Viene usato soprattutto per gli oppositori politici. Il mantenimento del potere egemonico dello Stato infatti può essere dato solo nel momento in cui quando vengono represse le voci critiche. Il politico basco Tomax Carrera Juarros che in Spagna ha passato 16 anni in una cella singola, descrive così l’isolamento:
„Ho visto come persone dopo soli 15 giorni di isolamento hanno dimenticato come si parla o piuttosto hanno smesso di parlare. Segregati dal mondo e dalla vita, l’essere umano resta comunque consapevole della propria esistenza. Allo stesso modo la persona è consapevole del fatto di avere ancora una voce e per quanto sia forte il desiderio di dare a questa voce un suono, la persona non riesce nemmeno a proferire un suono semplice.“(3)
La detenzione in isolamento equivale a una morte emotiva. Senza applicazione della tortura psicologica attraverso l’isolamento viene pressoché cancellata la coscienza e la personalità del detenuto. Distrugge il sistema nervoso e fa in modo che si perda ogni senso del tempo e dello spazio. Così una vita è sospesa in vuoto senza tempo e senza spazio. In questo l’obiettivo è quello di creare una tipologia di persona che viene privata di tutto ciò che è umano. Così l’isolamento si rivolge sempre di più contro l’anima per impadronirsi del corpo del detenuto. Per mezzo di un controllo senza interruzioni attraverso anima sul corpo mira alla sua forza e utilità. In breve l’ „anima [è] la prigione del corpo“.(4)
Dove c’è il potere c’è anche resistenza!
In Turchia si può osservare la modalità più estrema e famigerata di isolamento sull’isola carcere di Imrali. Abdullah Öcalan dal 1999 viene tenuto prigioniero in condizioni di carcerazione illegali e disumane sull’isola carcere di Imrali in una cella di isolamento e sorvegliato da oltre 1000 soldati.(5) Con la fine dei colloqui di pace tra il Movimento di Liberazione curdo e lo Stato turco dall’aprile 2016 l’AKP punta sull’isolamento totale di Öcalan. Di nuovo non gli viene permesso di parlare con i suoi avvocati e con i suoi familiari. Questa assenza di diritto perdura ormai da 18 anni. Un regime di controllo così antidemocratico, immorale, è stato istituito unicamente per Öcalan. Un’isola carcere in mezzo al mare, svuotata e disposta architettonicamente in modo così sofisticato che ad un unico prigioniero da 18 anni viene impedito qualsiasi contatto con il mondo esterno. Sotto il controllo del governo e dell’esercito, lontano da un reale Stato di diritto, il carcere di Imrali è piuttosto un campo di potere che una prigione.
Il caso di Abdullah Öcalan non va visto in modo disgiunto dalla questione curda. In effetti Öcalan è un oppositore politico che parla a un pubblico ampio. In particolare per personalità dell’opposizione che sono al centro dell’attenzione della società, la detenzione in isolamento viene usato non tanto come una pena, ma piuttosto come un metodo di vendetta. Così l’isolamento totale di Öcalan mira alla distruzione della sua identità politica. L’intenzione in questo è di screditare la personalità di Öcalan nei confronti dell’opinione pubblica e allo stesso tempo di seppellire in carcere le sue idee perché non possano raggiungere il popolo curdo. Attraverso la persona di Öcalan tutti i canali per una soluzione delle questioni curde vanno sbarrati, spezzata la volontà del popolo curdo, il Movimento di Liberazione curdo liquidato e il problema risolto secondo una mentalità statalistica. „Nella persona del nostro Presidente sono stati presi in ostaggio il popolo curdo e il nostro movimento “(6), recita una dichiarazione della KCK in occasione dell’anniversario del sequestro e dell’arresto di Abdullah Öcalan.
Ma dove c’è il potere c’è anche resistenza! Anche le galere sono zone di battaglia. Uno spirito rivoluzionario anche nelle peggiori condizioni continua la sua lotta. Nel farlo ricorre alla sua organizzazione a livello individuale e in questo modo riesce a proteggere le proprie convinzioni dal nemico. Abdullah Öcalan non ha considerato la sua liberazione individuale come indipendente dalla libertà della società curda. Nonostante l’isolamento per lui il collegamento con la società non si è mai interrotto. Dal primo giorno del suo arresto da solo ha opposto resistenza contro le condizioni di carcerazione. Non si è piegato alla pressione e al ricatto da parte dello Stato turco e è perfino riuscito a far entrare il governo e lo Stato in un processo di soluzione.
„Per persone che si confrontano con grandi questioni, un carcere chiuso è un grande maestro. Chi non si lascia distruggere da queste questioni e da queste condizioni,in carcere può rafforzare la sua comprensione della verità e combattere con successo. Chi combatte per una cosa grande e ogni giorno si impegna per un altro pezzetto di verità, qui può trovarla. Se i momenti trascorsi servono alla conquista della verità, allora vale la pensa sopportare anche la vita nella galera “.(7)
Öcalan ha trasformato la cella di isolamento in un’accademia. Le sue tesi sulla vita libera e sull’autonomia democratica sono maturate qui. Le sue idee oltrepassano i muri del carcere di Imrali e ovunque vivano curde e curdi trovano una via per entrare nella pratica. Formano la base per una società libera, democratica, ecologica e basata sulla parità di genere. Al sistema del panopticon Öcalan ha risposto con una „rivoluzione spirituale“. La galera è diventata l’arena della sua lotta per la verità sociale.
Esra Yula, collaboratrice di Civaka Azad
1) Foucault, Michel (1976): Sorvegliare e punire. La nascita della prigione. Frankfurt am Main: Suhrkamp Verlag. S.40
2) Foucault,S.256-274
3) Yeni Özgür Politika (2012): Amaç kişiliği parçalamak. http://yeniozgurpolitika.org/index.php?rupel=nuce&id=15824
4) Foucault,S.42
5) Free Öcalan! (2016): Nel 17° anniversario del suo sequestro chiediamo: Libertà per Abdullah Öcalan. http://www.freeocalan.org/wp-content/uploads/2016/02/DEUTSCH-2016-Februar.pdf
6) Dichiarazione dell’Unione delle Comunità del Kurdistan (KCK) in occasione dell’anniversario del sequestro e dell’arresto di Abdullah Öcalan, ANF, 13.02.2017
7) Abdullah Öcalan (2012): „Kürt Sorunu ve Demokratik Ulus Çözümü-Kültürel Soykirim Kiskacinda Kürtleri Savunmak“ (La questione curda e la soluzione della Nazione Democratica –Difendere i curdi sotto la minaccia del genocidio)