Da due giorni la Turchia sta bombardando, dal cielo e con attacchi da terra, il Cantone di Afrin, nel Rojava, la regione nel nord della Siria autogovernata dalla popolazione locale prevalentemente curda. Pur avendo aderito al progetto di Confederalismo Democratico del Rojava, Afrin non era mai entrata nel conflitti dell’area ma si era prodigata dando esempio di convivenza solidale e rifugio a centinaia di migliaia di scampati alle guerre vicine, oggi distribuiti in una miriade di campi profughi e ricoveri di fortuna. Perciò questo attacco e ingiustificato e ancora più odioso. Così il governo autoritario e dispotico della Turchia cerca di affossare l’esempio di Afrin e avvia un’operazione di pulizia etnica per realizzare, come ripetuto apertamente, una zona cuscinetto (tutta in territorio siriano) fra la Siria e la Turchia con una popolazione adeguatamente turchizzata.
Viene così riproposta la stessa operazione già tentata da Erdogan col sostegno all’ISIS ma naufragata per l’eroica resistenza di Kobane e del Rojava. Oggi, quegli stessi resistenti, uomini e donne, stanno morendo o rischiano di morire per difendere Afrin. E così, oltre al bagno di sangue, viene provocata un’altra ondata di profughi in quella Europa e in quell’Italia che fanno il doppio gioco. Le potenze internazionali si occupano delle loro convenienze e l’Italia e la Sardegna, dove i signori della guerra trovano ampia accoglienza, proseguono la loro cooperazione con la Turchia e tutte le politiche aggressive del colonialismo moderno. Gli stessi che oggi fabbricano, sperimentano e vendono le armi, per uccidere il popolo curdo e siriano ci offriranno domani gli “strumenti” per respingere i profughi. I denari che l’Italia spende per le guerre dovrebbero essere destinati alla sanità, alla scuola, alla casa e al lavoro. La silente complicità dei governanti della Sardegna su cui pesa l’enormità delle servitù militari, l’avvelenamento e la rovina del territorio e la fabbrica delle bombe, sono un affronto ai sardi che necessitano di pace, lavoro e servizi primari adeguati.
Rete Kurdistan Sardegna