Internazionalisti in Siria del nord vogliono aprire una eco-cooperativa. L’attacco della Turchia rende più difficile il progetto. Colloquio con Agit Berxwedan- Agit Berxwedan fa parte della Comune Internazionalista del Rojava (ICR), un’unione di persone di sinistra da tutto il mondo nelle Federazione Democratica Siria del Nord
La Comune Internazionalista del Rojava, ICR, lavora soprattutto come struttura civile. Ma nonostante questo non è comunque colpita dall’ingresso della Turchia nel nord della Siria. Che influenza ha la guerra?
La nostra comune si trova nel cantone di Cizire, quindi siamo ancora abbastanza distanti dalla guerra. Ci sono già state singole provocazioni da parte della Turchia nei pressi di Derik e nella città di Qamishli. Lì granate di mortaio hanno colpito un palazzo abitato.
Le strutture dell’amministrazione autonoma democratica nel cantone di Cizire reagiscono alla guerra. Così è stata ordinata una mobilitazione generale, ossia la popolazione viene invitata a unirsi alle strutture di autodifesa. Molti hanno risposto a questo appello.
Noi siamo venuti in Rojava per lavori civili e fin dall’inizio siamo attivi in diversi ambiti: nel lavoro con i giovani, nelle strutture delle donne e nell’ecologia. Questo ora è diventato più difficile dato che in qualsiasi momento può esserci un attacco della Turchia. Ma ci siamo preparati una situazione del genere. E è chiaro: se lo Stato turco fascista attacca direttamente anche qui, ci dovremo difendere. Allora saremo al fianco della popolazione.
Avevate intenzione di lanciare a inizio febbraio una campagna internazionale dal titolo »Make Rojava Green Again«. Doveva trattarsi del rimboschimento della Siria del nord. La campagna verrà fatta nonostante la guerra?
Alcuni obiettivi della campagna, concretamente per esempio la costruzione di un vivaio, in questa situazione non sono possibili. Inoltre volevamo piantare 2.000 alberi sul terreno della nostra accademia, anche questo verrà rinviato. Ma un aspetto principale della campagna è quello di costruire a lungo termine ponti tra le strutture qui e le persone in tutto il mondo. Funziona attraverso lo scambio di conoscenze tecniche, discussioni ideologiche e naturalmente anche attraverso il sostegno finanziario. E questo lavoro lo continueremo. Con la campagna diamo alle persone la possibilità di sostenere in modo diretto le attività ecologiche dell’amministrazione autonoma democratica. Con il comitato per la protezione della natura alla fine dell’anno rimboschiremo una riserva naturale.
Perché ICR come Comune Internazionalista ha iniziato questa campagna? Qual è la situazione ecologica in Rojava?
Soffre di problemi globali come i cambiamenti climatici e è segnata dalla politica del regime siriano e della Turchia. Damasco ha sempre inteso il Rojava come una sua colonia che si può sfruttare. Materie prime, in particolare petrolio, venivano estratte e l’agricoltura incentrata sull’export attraverso le monoculture. Attraverso le monoculture e l’impiego di pesticidi e concime nel cantone di Cizire i terreni sono stati distrutti.
La Turchia negli ultimi decenni attraverso la costruzione di mega-dighe ha iniziato a controllare e a ridurre al minimo la quantità di acqua che scorre verso la Siria e l’Iraq. Usa l’acqua come arma contro la rivoluzione in Rojava.
Come si può sostenere la campagna, ma anche in generale progetti ecologici in Rojava?
Fondamentalmente vogliamo dare vita a un nuovo internazionalismo che possa superare la divisione delle lotte, sia dal punto di vista geografico che ideologico. Questo avviene da un lato attraverso lo sviluppo di una coscienza comune, quindi di una concezione del mondo nel quale viviamo oggi. Perché la modernità capitalista non può essere compresa da una sola prospettiva, né esiste una via principale verso una società socialista. Relazioni reciproche sono importanti. Rafforzarsi reciprocamente nelle lotte locali e da queste sviluppare una lotta comune.
La campagna »Make Rojava Green Again« inoltre è un invito a tutte e tutti a partecipare alla costrizione di una società ecologica. Naturalmente è centrale anche che le persone vengano qua e diano una mano.
Intervista: Peter Schaber
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