Associazioni di migranti criticano il silenzio del governo federale sulla guerra di aggressione contro la regione autogovernata di Afrin nel nord della Siria.- Dopo l’incontro tra Angela Merkel e il suo omologo turco Binali Yildirim prima del »Vertice sulla Sicurezza« della NATO riunito a Monaco di Baviera, si delinea un »miglioramento« delle relazioni tra Berlino e Ankara. Il governo federale in questo modo continua il suo corso di tolleranza dei crimini di guerra e delle violazioni della legalità internazionale e dei diritti umani da parte della Turchia, così come la criminalizzazione degli oppositori turchi e curdi residenti in Germania.
Questa politica trova il rifiuto delle grandi associazioni di migranti turche, curde e yazide nella Repubblica Federale. Quotidianamente il Centro della Società delle Curde e dei Curdi in Germania (Nav-Dem) organizza manifestazioni, presidi e discussioni per attirare l’attenzione sull’attacco di Erdogan contro la Siria. »Consideriamo l’operazione dell’esercito turco contro Afrin una chiara guerra di occupazione lesiva della legalità internazionale. È allo stesso tempo la prosecuzione di una politica di guerra dello Stato turco, rivolta contro le conquiste delle curde e dei curdi all’interno e all’esterno dei confini dello Stato turco«, commenta la Co-Presidente del Nav-Dem Ayten Kaplan parlando con junge Welt.
La Repubblica federale ha contribuito in modo determinante alla crociata, che finora è costata la vita a circa 200 civili: »È chiaro anche che il governo turco non potrebbe condurre questa guerra in questo modo senza il sostegno e la tolleranza di potenze internazionali. Un ruolo particolarmente inglorioso qui lo svolge il governo federale, che non solo ha fornito alla Turchia le armi per le sue guerre contro la popolazione curda, ma allo stesso tempo criminalizza diffusamente curde e curdi nella Repubblica Federale.«
Anche Melek Yildiz, vice Segretaria Generale della Comunità Alevita in Germina ritiene che Berlino abbia delle responsabilità di cui dare conto: »La nostra richiesta al governo federale è chiara: deve riconoscere questa guerra come guerra di aggressione lesiva della legalità internazionale e non sostenerla attraverso forniture di armi.«
La crociata starebbe anche fomentando odio in Germania: »Diyanet, l’ente religioso statale in Turchia sta prescrivendo che nelle preghiere bisogna mobilitare per questa guerra. L’associazione delle moschee DITIB vicina all’AKP, come braccio di Diyanet, da seguito anche qui in Germania.« Anche qui il governo tedesco dovrebbe intervenire e »congelare fino a quando viene fatta chiarezza« la collaborazione con DITIB. »Che qui si preghi per la vittoria in questa guerra, implica che per questo debbano morire delle persone. Questo contraddice i principi democratici fondamentali.«
La rappresentanza della minoranza yazida in Germania sente richiamata la memoria ai tempi del genocidio di IS nel territorio irakeno di Sengal: »Molti villaggi yazidi di Afrin ormai sono stati occupati dall’esercito turco e dalle sue milizie alleate«, lamenta Sahap Dag, Segretario Generale del Consiglio Centrale degli Yazidi. »Noi sappiamo molto bene chi sono queste milizie: sono ex membri di Stato Islamico.« Dag non si mostra meravigliato solo per l’inerzia di Berlino: »La Comunità Internazionale nel 2014 ha visto come IS tratta gli yazidi. Migliaia di donne sono state fatte prigioniere, vendute e stuprate. Ci rattrista molto che il mondo, in particolare la Germania, ora stia semplicemente a guardare, quando questo ora si ripete.«
Del divieto di bandiere che le autorità tedesche impongono alle manifestazioni curde in Germania, Segretario Generale del Consiglio Centrale degli Yazidi dice: »Coloro che sotto quelle bandiere hanno combattuto contro Stato Islamico, hanno salvato vite umane. Hanno reso un servizio all’umanità intera. Molti di loro hanno perso la vita nel farlo. Questo divieto è dovuto alle relazioni turco-tedesche. Che un Paese si comporti in modo così sottomesso nei confronti di un dittatore, per me è incomprensibile.«
di Peter Schaber
Foto: Florian Boillot
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