La guerra contro Afrin, l’uso di gas tossici da parte delle truppe di Erdogan e possibili accordi con Damasco. Colloquio con Saleh Musli- Saleh Muslim fino al settembre 2017 è stato Co-Presidente del Partito dell’Unione Democratica curdo-siriano PYD
Da oltre trenta giorni la Turchia attacca il cantone di Afrin nel nord della Siria, autogovernato e abitato in maggioranza da curdi. Sembra che gli aggressori non stiamo conquistando molto territorio. Qual è la situazione militare?
La situazione oggi è più o meno la stessa che all’inizio dell’attacco. La nostra popolazione difende il suo territorio. Lo Stato turco a volte inizia attacchi, avanza di qualche centinaio di metri, poi viene di nuovo respinto. In alcune zone – come Bilbile, Rajo, Jindires – si combatte duramente. I combattimenti a volte si estendono per alcuni chilometri fin dentro il cantone di Afrin. Ma per il resto non ci sono avanzamenti da parte dell’esercito turco. Semplicemente non riesce a avanzare.
Negli scontri le truppe turche avrebbero usato anche armi vietate …
Hanno usato gas cloro. Domenica il Consiglio Sanitario di Afrin ha presentato un rapporto in proposito che riassume l’indagine. La zona dove questo è avvenuto è aperta a tutti che vogliono fare proprie indagini sull’evento. Il gas cloro è stato usato nella zona di Shiye, nei pressi di Rajo. Continuano a usare queste armi, come già in precedenza a Bilbile.
Da un lato Ankara non riesce a occupare Afrin perché la resistenza è troppo forte. Dall’altro Erdogan ora non può nemmeno tornare indietro senza perdere la faccia. Come andrà avanti questa situazione?
Non sappiamo come si comporteranno. In effetti quello con cui abbiamo a che fare non è un conflitto regionale. Molte forze svolgono un ruolo qui: Russia, Iran, Damasco, la Turchia. Non possiamo prevedere quello che decideranno.
Dalla nostra parte la situazione è più semplice: Abbiamo solo un’unica possibilità, ossia quella di difenderci. Non abbiamo altra scelta. Se rinunciamo siamo esposti all’arbitrio degli altri. Contro questo resisteremo fino alla fine. Quindi dipende dalla Turchia: Se si ritirano, va bene. Se non lo fanno, continueremo la nostra resistenza.
Esiste la possibilità di estendere lo scontro anche a altri territori? Per esempio tra Jarabulus e Al-Bab, che la Turchia ha già occupato nel 2016?
Ebbene, quell’area è territorio siriano. Inoltre lì ci sono anche territori curdi. Andrebbe liberata e difesa dall’occupazione turca. Se ci si presenta una possibilità naturalmente lo faremo.
Negli scorsi giorni ci sono state voci su un accordo tra Damasco e l’amministrazione autonoma di Afrin rispetto al posizionamento di truppe siriane e la chiusura dello spazio aereo agli aerei da combattimento turchi. È stato raggiunto un accordo?
Ci sono state trattative, ma finora non un accordo. Quando ci sarà un accordo verrà reso pubblico. Quello che vogliamo in realtà è ovvio. Le truppe siriane devono difendere i confini e lo spazio aereo. Quando Damasco è stata in pericolo, hanno chiamato in aiuto la Russia per difenderla. E adesso? Afrin non è una parte della Siria? Quindi perché non fanno niente per proteggerla?
Allo stesso tempo tutto questo però non significa che torneremo alla situazione precedente al 2010. Il regime non è cambiato. Vogliono ancora uno Stato autoritario, dispotico. E questo per la popolazione è inaccettabile.
Finora i colloqui non sono conclusi, ma è possibile che Damasco accetti un accordo. Attraverso la pressione sul governo e una mediazione della Russia, questo può riuscire. Ma non lo sappiamo con certezza. È compito del governo siriano decidersi.
La Germania – parola chiave accordi sulle armi e vicinanza a Ankara – non svolge un ruolo positivo in questo conflitto. Tra l’amministrazione del Rojava e il governo di Berlino c’è qualche tipo di contatto o di colloqui a livello ufficiale?
Per quanto ne so non c’è un dialogo tra il Rojava e le autorità tedesche. Da parte nostra questo sarebbe possibile: Siamo a disposizione per colloqui con chiunque voglia capirci. Ma io penso che siccome hanno relazioni così strette con il governo turco, continuano a restare a distanza da noi.
E in questo si perdono valori umani: Armi tedesche vengono usate dalla Turchia per attaccare civili. La Germania dovrebbe reagire in proposito.
Intervista: Peter Schaber
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