Rassegna Stampa

Svendita dei »Minareti di Atatürk«

I piani del governo turco per la vendita degli zuccherifici di proprietà statale hanno provocato il grido di protesta di sindacati, associazioni contadine e partiti di opposizione. La privatizzazione di 14 fabbriche situate in prevalenza nelle regioni dell’Anatolia centrale e orientale è stata comunicata il 21 febbraio sulla Gazzetta Ufficiale e i bandi fissati per aprile.

Lo zucchero in Turchia è considerato una questione politica. Il Paese, con una quota di mercato del sette percento e una produzione annua di circa due milioni di tonnellate è il sesto maggiore produttore al mondo e allo stesso tempo un grande consumatore. Mentre il consumo medio europeo è di un chilo all’anno, in Turchia sono sei chili. Lì lo zucchero ha un alto valore simbolico come segno di abbondanza. Quindi è uso comune porgersi a vicenda dolciumi durante cerimonie, feste e trattative commerciali. La produzione di zucchero, accanto a quella di cotone e sale fa parte delle »tre colonne bianche« del primo piano industriale annunciato negli anni ‘30. Obiettivo della politica statale del capo di Stato dell’epoca, Mustafa Kemal Atatürk, oltre alla garanzia dell’autosufficienza del Paese, era l’auspicata imposizione della »civilizzazione« a seguito di moderni processi di produzione nelle zone rurali. Per questo gli zuccherifici venivano anche definiti come »minareti di Atatürk«.

Il piano di privatizzazione del monopolio dello zucchero proviene già dall’anno 2001 e è riconducibile all’ex vicecapo della banca mondiale Kemal Dervis. Le sue ricette neoliberiste nel 2002 sono state coscienziosamente eseguite dall’AKP islamico-conservatore arrivato al governo, che però non aveva il coraggio di toccare gli zuccherifici. Troppo grande era la preoccupazione di incontrare in questo settore sensibile resistenze da parte dell’opposizione, all’epoca ancora forte, e dei sindacati. Ancora un anno e mezzo fa il Ministro delle Finanze Naci Agbal aveva dichiarato che su una privatizzazione degli zuccherifici era necessario »riflettere 40 volte «.

Per il fatto che ora si fa sul serio ci sono due ragioni: da un lato il governo a fronte del suo deficit di bilancio fortemente aumentato, ha urgentemente bisogno di denaro derivante da privatizzazioni. Dall’altro c’è la speranza di riuscire, nell’ambito dello stato di emergenza in vigore dal luglio 2016, a far passare le vendite senza rilevanti proteste di piazza e in Parlamento. Una resistenza come quella contro la privatizzazione del monopolio statale del tabacco Tekel nell’inverno del 2009/10, quando migliaia di lavoratori per mesi manifestarono nel centro di Ankara, attualmente è difficilmente immaginabile.

Il sindacato dei lavoratori dello zucchero (Seker-Is) ha sporto denuncia contro l’ente per le privatizzazioni per »comportamento irresponsabile«. Licenziamenti di massa di lavoratori porterebbero al crollo di intere economie comunali, ha ammonito Seker-Is, che in una petizione al posto della vendita chiede la modernizzazione delle fabbriche. Esiste infatti il timore che gli acquirenti potrebbero chiudere i siti produttivi per costruire sui preziosi terreni centri commerciali e abitazioni di lusso.

Sostenendo che la privatizzazione aprirebbe la strada alla produzione di zucchero da granturco geneticamente modificato da parte del gruppo industriale alimentare statunitense Cargill, il capo dell’opposizione Kemal Kilicdaroglu del partito CHP kemalista-socialdemocratico, vede perfino messa in pericolo la salute pubblica. Il gruppo Cargill, considerato potenziale acquirente, già dal 1999 è presente in Turchia con propri siti produttivi e ha buone relazioni con il capitale »verde« islamico dell’area dell’AKP. Il Presidente del piccolo Partito della Felicità islamista radicale, Temel Karamollaoglu, accusa il governo di pensare ai profitti: »Solo quando l’ultima fabbrica sarà stata svenduta, quando l’ultimo contadino avrà lasciato il suo campo, allora gli uomini bianchi dell’AKP al governo riconosceranno che cemento e asfalto non si possono mangiare«, dice Karamollaoglu, parafrasando un saggio detto degli indiani d’America.

 

di Nick Brauns

https://www.jungewelt.de/loginFailed.php?ref=/artikel/328619.ausverkauf-von-atat%C3%BCrks-minaretten.html

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