Sono sette anni che la guerra in Siria continua imperterrita. Mentre si pensava che con la fine di Daesh e dello Stato Islamico anche il conflitto si sarebbe interrotto, pare che gli interessi delle potenze regionali ed internazionali abbiano avuto la meglio.
Le alleanze e le strategie progrediscono, si creano e si dissolvono determinando repentini cambi di piano; le geometrie, sempre più variabili e meno prevedibili, continuano ad abbattersi sui civili che, inermi, continuano a subire abusi, violenze, brutalità e torture. In un quadro in continuo mutamento, l’unica zona che era riuscita a rimanere avulsa dalla guerra era il cantone di Afrin, area nel nord ovest del Paese, facente parte dell’attuale Federazione della Siria Democratica, basata sul paradigma del confederalismo democratico.
Il 20 gennaio 2018 le forze dell’esercito turco hanno invaso questa regione: un attacco che viola qualunque tipo di convenzione internazionale trasgredendo le norme del diritto internazionale umanitario.
Intervista di Yabasta Bologna con la co-presidente del cantone di Afrin, Hevi Mustefa