Le peggiori ipotesi sulla sorte di Meryem Fereci, studentessa curda di 33 anni, da oltre una settimana desaparecida a Teheran, hanno trovato tragica conferma. Con ogni probabilità, sequestrata e torturata, è stata poi eliminata in una operazione di “guerra sporca” da manuale.
I primi timori per la sua vita risalivano ormai a nove giorni fa, quando non era più rientrata a casa. Ovviamente si era subito pensato che fosse caduta nuovamente in mano alle forze di polizia.
Come aveva ricordato il suo avvocato, la giovane curda era stata condannata a tre anni di carcere dal Tribunale Rivoluzionario per aver partecipato a manifestazioni di protesta alla fine del 2017 e agli inizi del 2018.
Dapprima detenuta, recentemente le era stata concessa la “libertà vigilata” con l’obbligo di recarsi ogni giorno a firmare in un commissariato.
Il corpo di Meryem, bruciato e – stando ai primi rilievi – con evidenti segni di tortura, sarebbe stato ritrovato dalla polizia soltanto la sera di sabato 14 luglio. Almeno ufficialmente. Il riconoscimento del cadavere è stato reso possibile dal test del DNA.
A darne notizia, l’associazione che promuove la “Campagna di Difesa dei Diritti dei prigionieri”.
Siamo di fronte all’ennesima violazione dei diritti umani da parte del regime iraniano i cui metodi evidentemente non si differenziano più di tanto da quello turco. Almeno nei confronti dei curdi.
di Gianni Sartori