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Rassegna Stampa

Affari con ostaggio

Tensioni tra USA e Turchia alleati nella NATO per un pastore in carcere. Il Presidente USA Trump minaccia sanzioni- Un pastore statunitense in carcere in Turchia da quasi due anni per assurde accuse di terrorismo, è diventato pomo della discordia tra gli USA e la Turchia. Washington ora minaccia sanzioni finanziarie contro l’alleato della NATO.

Per oltre due decenni il pastore 50enne Andrew Craig Brunson originario della North Carolina, si è occupato di una comunità di poco più di una trentina di persone nella chiesa presbiteriana della risurrezione a Izmir nell’ovest della Turchia. Ma dopo il tentativo di golpe del 16 luglio 2016, come prima cosa gli è stato ritirato il permesso di soggiorno per »minaccia contro la sicurezza dello Stato«. Già durante la carcerazione finalizzata all’espulsione, il 9 dicembre 2016 le dichiarazioni di un supertestimone hanno portato all’arresto del pastore.

Nell’aprile 2018 è iniziato il processo di tipo kafkiano contro Brunson, accusato da testimoni anonimi di collegamenti con la rete di Fethullah Gülen che il governo turco considera essere il mandante dietro al tentativo di golpe. Inoltre Brunson avrebbe battezzato seguaci del Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK) perché potessero richiedere asilo all’estero. Per questo rischia fino a 35 di carcere. Che Brunson è un ostaggio, il Presidente turco Recep Tayyip Erdogan lo aveva ammesso indirettamente nel settembre scorso. All’epoca aveva offerto la liberazione del pastore in cambio di un’estradizione del capo-setta Fethullah Gülen residente nello stato della Pennsylvania. Ma gli USA non disposti a sacrificare l’uomo di fiducia di vecchia data della CIA.

Dopo il vertice NATO dell’11 luglio a Bruxelles, inizialmente sembrava che dietro le quinte fosse stato raggiunto un accordo. Perché su intervento del Presidente USA Donald Trump il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanjahu ha disposto la liberazione della cittadina turca Ebru Özkan incarcerata un mese fa per sostegno all’organizzazione palestinese Hamas. Ma contrariamente alle aspettative espresse quanto meno nei media statunitensi, Brunson non è stato liberato. Il pastore, affetto da depressione, il 25 luglio è stato solo trasferito »per motivi di salute« nella sua casa di Izmir agli arresti domiciliari collegati a un divieto di lasciare il Paese. Attraverso il servizio di notizie brevi Twitter, Trump il giorno successivo ha minacciato »ampie sanzioni contro la Turchia« se »l’uomo di fede innocente« non fosse stato immediatamente liberato. Anche se altri cittadini statunitensi, tra i quali il tecnico della NASA Serkan Golge, si trovano ancora in carcerazione turca con accuse di terrorismo, Trump e il vice Presidente Michael Pence usano il caso del pastore per prendere punti presso la loro base evangelica.

Repubblicani e democratici giovedì scorso hanno presentato insieme un disegno di legge alla commissione per la politica estera del senato statunitense. Si chiede che il rappresentante USA presso la Banca Mondiale e la Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo mettano il loro veto contro altri crediti alla Turchia finché prosegue »l’arresto arbitrario« di cittadini USA. Per l’economia turca in sofferenza, questa è una minaccia seria.

Il rapporto tra gli USA e la Turchia da alcuni anni è teso per via della decisione di Washington di sostenere militarmente nella lotta contro »Stato Islamico« nel nord della Siria le Unità di Difesa del Popolo curde (YPG), considerate terroriste da Ankara. Anche la decisione turca per l’acquisto del sistema di difesa antiaereo russo »S-400« ha contribuito a dissapori tra i partner nella NATO. Nel Congresso USA per questo è stata presentata una richiesta di bloccare la fornitura di nuovi aerei da combattimento »F-35« alla Turchia.

Un allontanamento della Turchia dalla NATO, nonostante differenze di questo genere è improbabile. Con l’ingresso nel 1952, Ankara ha avuto il compito di fornire carne da cannone a basso costo per la Guerra di Corea. Da allora il Paese ha svolto il suo ruolo di cavallo di Troja nel mondo islamico e di trampolino di lancio per operazioni militari nel Vicino Oriente. Ma oggi la classe dominante della Turchia, ascesa a una potenza regionale imperiale, si sforza di dire la sua da pari a pari. L’attuale avvicinamento di Ankara a Mosca serve all’obiettivo di allargare attraverso questo sostegno il proprio margine di manovra all’interno dell’alleanza atlantica.

 

di Nick Brauns

https://www.jungewelt.de/artikel/337128.gesch%C3%A4ft-mit-geisel.html

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