Iniziato ieri un enorme festival di tecnologia nel cantiere del terzo aeroporto di Istanbul, dove una settimana fa la polizia ha arrestato centinaia di operai che protestavano per morti bianche e terribili condizioni di lavoro. Di questi, 24 sono tuttora detenuti con diverse accuse.
Ieri si è aperto nel cantiere del terzo aeroporto di Istanbul il primo festival aerospaziale e tecnologico turco. Si chiama Teknofest e, nell’intenzione degli organizzatori della Turkey Technology Team Foundation e del Comune di Istanbul, dovrà mettere in mostra i progressi tecnologici della Turchia. Con la benedizione del governo che ha fatto di quel mega progetto uno dei fiori all’occhiello delle grandi opere volute dal presidente Erdogan.
Il terzo aeroporto della città è destinato a diventare il più grande scalo europeo, con una capacità annuale di 90 milioni di passeggeri: “La promozione della tecnologia non può avvenire senza un po’ di divertimento – ha detto il vice ministro dell’Industria, nonché presidente della fondazione organizzatrice del Teknofest, Mehmet Fatih Kacir – Vogliamo mostrare la tecnologia in grande, con le squadre della nostra aviazione, competitiva a livello internazionale”. Sono state infatti le Turkish Stars, l’analogo delle italiane frecce tricolori, a inuagurare il festival.
E poi corse di moto contro un F16, corse di auto, un contest di hacker previsto per domenica e un hangar virtuale della Turkish Aerospace Industries che mostrerà ai visitatori i nuovi elicotteri e aerei dell’azienda, anche facendoli sedere dentro uno dei velivoli di ultima generazione.
Un festival in grande che nasconde completamente una realtà ben più completa: l’ultima settimana è stata settimana di tensioni nel mega cantiere dell’aeroporto. Lo scorso venerdì gli operai hanno dichiarato sciopero – sono 36mila quelli impiegati – per protestare contro morti bianche e infortuni sul lavoro e per denunciare le terribili condizioni in cui sono costretti a lavorare.
La polizia è intervenuta prima con i gas lacrimogeni e poi facendo irruzione nei dormitori dove ne ha arrestati, dicono i bilanci finali, 401. Di questi 43 sono stati rinviati all’inizio di questa settimana di fronte a un tribunale, che ha ordinato il rilascio di 19 e la detenzione di 24, tra cui membri del sindacato. Le accuse sono pesanti: danneggiamento, violazione della legge sulle manifestazioni, violazione del diritto al lavoro.
A monte della protesta, duramente repressa dalla polizia che ora staziona nel cantiere per impedire altri scioperi, l’ultimo incidente: il giorno prima dello sciopero, giovedì 13 settembre, 17 operai erano rimasti feriti in un incidente. Gli ultimi di una lunga lista: secondo gli operai e i sindacati sono stati centinaia gli infortuni e decine le morti bianche in cantiere. Perché manca la sicurezza e trasporti sicuri all’interno dell’area di lavoro e perché, in vista dell’apertura con la fine dei lavori prevista il 29 ottobre i ritmi sono diventati insopportabili.
Sedici ore di lavoro al giorno, dicono i parenti degli arrestati, e stipendi pagati solo per metà nei conti correnti. Gli operai elencano le difficoltà: nei dormitori le condizioni igieniche sono terribili tra acqua sporca e zecche nei materassi, nelle mense il cibo non basta e i bagni sono pochi tanto che molti operai devono lavarsi negli stagni intorno al cantiere. Da sei mesi gli stipendi sono sospesi dopo il crollo della lira turca e non ci sono mezzi per trasportare gli operai dai dormitori al cantiere.
E se sui social i turchi si dimostrano solidali con gli operai, fuori dai confini a parlare è la Confederazione Internazionale Sindacale, la più grande rete di sindacati del mondo, che ha fatto appello al rilascio dei 24 detenuti e chiesto all’azienda Iga di rispondere alle richieste “legittime e urgenti” dei lavoratori. Ma Erdogan ha fretta, in un periodo di crisi economica e difficoltà interne vuole dare in pasto all’opinione pubblica un nuovo enorme risultato, a scapito della sicurezza degli operai. E le ditte coinvolte, dalla capofila alle ditte subappaltratrici, sono considerate vicine al governo, come ormai accade da anni nel paese.
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