Erdogan vuole aggiungere quote dell’opposizione kemalista della più grande banca privata della Turchia al fondo statale. Il Presidente turco Recep Tayyip Erdogan vuole espropriare il capitale kemalista. Negli anni passati diverse imprese dell’area della setta Gülen, ritenuta responsabile del golpe del luglio 2016, sono già state messe sotto il controllo dello Stato. Ora nel mirino di Erdogan c’è la quota che il Partito Popolare Repubblicano (CHP) di opposizione detiene nella più grande banca privata del Paese, la Türkiye Is Bankasi. Il CHP dispone del 28 percento delle azioni dell’istituto di credito che è proprietario o azionista di numerose imprese, tra cui la banca per lo sviluppo industriale, e del più grande produttore di vetro piano Sisecam.
A settembre Erdogan aveva per la prima volta messo in discussione la legittimità del CHP di avere tradizionalmente quattro posti nel consiglio di sorveglianza composto da undici persone. La scorsa settimana ha annunciato un’iniziativa legislativa dell’AKP al governo per la statalizzazione della quota del CHP nella Isbank. »Se Dio vuole, faremo passare questa richiesta in Parlamento e aggiungeremo queste quote al fondo statale della repubblica turca«, ha annunciato durante una manifestazione nella provincia centro-anatolica di Kayseri.
Come Presidente di questo fondo istituito due anni fa, a settembre aveva nominato se stesso, il suo vice è suo genero Berat Albayrak come Ministro delle Finanze. Il fondo controlla i patrimoni delle proprietà statali per un ammontare di circa 200 miliardi di dollari USA.
La Isbank era stata fondata nell’agosto 1924 su indicazione del fondatore dello Stato Mustafa Kemal Atatürk come banca nazionale per garantire l’indipendenza economica della giovane repubblica nell’ambito di un programma di sviluppo di capitalismo di stato. Il necessario capitale di avvio veniva da Atatürk, da suoi seguaci, così come da sostenitori musulmani da India e Indonesia. Nel suo testamento, il fondare dello stato deceduto nel 1937, aveva disposto che una quota del 28 percento delle azioni della Isbank dovevano andare al CHP, che all’epoca governava in un sistema a un solo partito, come fiduciario. La rendita annuale andava pagata al »consiglio per la lingua turca « e al »consiglio per la storia turca« come istituzioni centrali nel »nation building« dello stato moderno costruito sulle macerie dell’Impero Ottomano.
La Isbank negli anni ’40, anche dopo la fine del modello di sviluppo kemalista e il passaggio a un sistema con più partiti, rimase una base operativa centrale della borghesia kemalista. Dopo il golpe militare del 1980, il capo della giunta Kenan Evren nazionalizzò la quota del CHP temporaneamente vietato. Ma dopo la sua riammissione il partito vinse la sua causa per la restituzione davanti alla corte costituzionale.
Il Presidente del CHP Kemal Kilicdaroglu, a fronte delle minacce di espropri di Erdogan assicura che il partito non trae profitti finanziari dalla sua quota, ma l’influenza kemalista sugli affari bancari va molto oltre la partecipazione del 28 percento. Così i fondi pensionistici per i dipendenti e ex dipendenti della banca, con il 40 percento detengono la quota più grande di Isbank come una specie di cassa di assistenza per i lacchè della borghesia kemalista.
Il CHP deve restituire l’eredità di Atatürk al popolo turco come vero erede del fondatore dello stato, ha dichiarato Devlet Bahceli, Presidente dell’MHP fascista. Erdogan per i suoi piani di esproprio attraverso il sostegno dell’MHP dispone di una solida maggioranza in Parlamento.
Il giurista e ex Ministro della Giustizia Hikmet Sami Türk a colloquio con il portale di notizie Ahval ha sostenuto che l’obiettivo di Erdogan sarebbe di ottenere attraverso le quote di Atatürk posti nel consiglio di sorveglianza per prendere da lì gradualmente il controllo totale della banca. Un altro piano potrebbe essere che il Presidente del Paese in grave difficoltà, dopo l’aggiunta delle quote di Atatürk, intenda vendere parte del fondo statale al Qatar con elevati guadagni. Giornalisti dell’opposizione turca confermano a junge Welt che piani del genere vengono discussi.
di Nick Brauns