Prigionieri politici in Turchia in sciopero della fame. Solidarietà con loro anche in Germania. Colloquio con Leyla Imret- Leyla Imret fino a quando è stata destituita dal suo incarico dallo Stato turco, è stata sindaca a Cizre, una città delle province curde nel sudest della Turchia. Dal 2017 vive in esilio a Brema
La politica curda incarcerata in Turchia, Leyla Güven, dell’HDP è in sciopero della fame. Voi ad Amburgo avete partecipato con uno sciopero della fame di solidarietà. Di che si tratta?
Ormai da 35 giorni Leyla Güven è in sciopero della fame nel carcere di Diyarbakir. Al più tardi dopo 30 giorni diventa pericoloso per il corpo. Lei è una delle e dei parlamentari HDP e delle sindache e sindaci curdi che sono stati messi in carcere in Turchia. Con la sua azione vuole lanciare un segnale per la liberazione del fondatore del PKK Abdullah Öcalan che si trova in carcere da 20 anni. Si trova in isolamento assoluto sull’isola carcere di Imrali, dal settembre 2016 non riceve visite dei suoi parenti e dal luglio 2011 non vede i suoi avvocati. Da allora non ci sono informazioni sul suo stato di salute – una grave violazione dei diritti umani.
Molti prigionieri politici si sono uniti allo sciopero della fame, tra loro anche Sebahat Tuncel, co-presidente del partito curdo DBP. In tutto il mondo persone hanno annunciato che fino al 21 dicembre si uniranno alle proteste. Così anche ad Amburgo. Il 15 e il 22 dicembre invitiamo a manifestare. Se fosse messa fine all’isolamento di Öcalan ci sarebbe la possibilità di aprire le porte a un nuovo processo di pace.
Istituzioni come per esempio il Comitato Europeo per la Prevenzione della Torutra CPT e i governi degli Stati dell’UE, non dovrebbero esercitare in modo deciso pressioni sulla Turchia?
Sì, richieste del genere ci sono state più volte. Ma né il CPT né altre istituzioni dell’UE fanno davvero qualcosa. Dovrebbero imporre che siano possibili le visite. Ma evidentemente i diritti umani per noi curdi non valgono. Se vengono chiuse tutte le strade, non ci resta altro che mettere in campo i nostri corpi, la nostra salute, la nostra vita.
È stato detto che nella sede dell’HDP a Diyarbakir sono state arrestate donne in sciopero della fame?
Questi arresti mostrano che il governo turco non ha interesse nella democrazia, nella pace e in un dialogo con i curdi. Lunedì a Diyarbakir, Batman e Van sono state messe in carcerazione preventiva soprattutto donne. Evidentemente il governo ha paura della loro forza.
Complessivamente in Turchia sono in carcere decine di migliaia di persone politicamente attive. Il governo sotto il Presidente Recep Tayyip Erdogan inoltre in Rojava, nel nord della Siria, continua a collaborare con milizie jihadiste. Considera lo sciopero della fame un modo per parlare anche di questo?
Lo sviluppo negativo della Turchia è più che preoccupante. Ci sono state distruzioni e massacri nelle città curde. Gli arresti di Selahatin Demirtas e Sirri Süreyya Önder, il portavoce del gruppo di Imrali – che insieme a Öcalan partecipava in modo decisivo al processo di pace – mostrano quando sia distruttivo il governo. Inoltre Erdogan non accetta la sentenza della Corte Europea per i Diritti Umani sull’illegittimità della carcerazione preventive di Demirtas.
Lei prima della sua fuga era sindaca di Cizre. L’esercito lì nel 2016 ha distrutto parti della città, soldati hanno bruciato vive dozzine di persone che in una cantina cercavano riparo dagli spari. Un crimine di guerra che fino ad oggi è rimasto senza conseguenze per i responsabili. Dall’esilio cosa può fare?
Cizre è sempre stata una città della resistenza. Quasi tutti i sindaci curdi sono stato destituiti dal loro incarico, ma sono riusciti a sfuggire all’arresto. Noi in esilio possiamo impegnarci per i diritti dei curdi e di tutte le persone in Turchia e nel Medio Oriente. Lottiamo per la democrazia e per avere un giorno la possibilità di ritornare. Fino alle elezioni amministrative sono ancora sindaca e mi sento responsabile per le persone lì.