Italia/Kurdistan. Il social network cancella la pagina e rimuove i profili privati degli organizzatori. Non è la prima volta: la censura della lotta curda “parte” delle policy della piattaforma. Il social network ha rimosso l’evento del corteo nazionale che sfilerà sabato 16 febbraio a Roma per chiedere «Libertà per Abdullah Öcalan e tutti i prigionieri politici». L’ennesima censura contro la solidarietà al popolo curdo assume nuove forme. La pagina del centro culturale Ararat, da cui era stato pubblicato l’appuntamento, è ancora visibile, mentre gli account personali degli amministratori risultano disabilitati. Tra loro, una studentessa della Sapienza si è vista cancellare anche il suo profilo instagram e quello che aveva creato per il collettivo universitario di cui fa parte.
«Da Facebook non ho ricevuto alcuna giustificazione – racconta Davide, un altro attivista – Indiverse occasioni, sempre per la solidarietà espressa ai curdi, il mio account era stato bloccato per settimane o mesi. Mi comparivano degli avvisi con il post o il video incriminato, l’avvertenza che non rispettava gli standard della comunità e la durata della punizione. Questa volta niente, se provo ad accedere mi dice che il profilo non esiste. Sono stato epurato».
Un episodio isolato? Non proprio. La compagnia di Mark Zuckerberg ha ripetutamente censurato il movimento curdo nelle sue diverse articolazioni. Nel 2013 cancellò le pagine del quotidiano Yeni Özgür Politik, del sindaco di Diyarbakir Osman Baydemir e di Selahattin Demirtas, che allora guidava il partito della Pace e della democrazia (Bdp) . L’uomo è stato arrestato nel 2016 per ragioni politiche. È ancora in carcere nonostante la Corte europea dei diritti dell’uomo abbia condannato la Turchia e si sia pronunciata per la sua liberazione.
Anche in Italia Facebook ha reiterato azioni di questo tipo, soprattutto negli ultimi anni. A settembre 2015 poche ore prima che una carovana di centinaia di attivisti internazionali entrasse a Cizre, città del Kurdistan turco martoriata da un lungo assedio militare, la pagina della campagna «Rojava Calling» fu bloccata. Due mesi dopo Facebook eliminò una vignetta del fumettista Zerocalcare che denunciava il massacro di civili compiuto in quella città dall’esercito turco.
La pagina «Rojava Calling» è stata definitivamente rimossa a luglio 2017. Stessa sorte era toccata a settembre 2016 a quella di Rete Kurdistan, poi ricreata. Ararat ha pubblicato nuovamente l’evento chiedendo a tutti di diffonderlo e farsi promotori della mobilitazione. Mancano meno di due settimane.
di Giansandro Merli, Il Manifesto