Interviste

Rendere verde il Rojava – Internazionalismo e rivoluzione ecologica in Siria del nord. Parte 1

Mentre il movimento per il clima viene accusato di avere richieste troppo radicali, attivist* in Rojava già tentano quello che sembra impossibile: Make Rojava Green Again. Parte 1 di 2.Internazionalismo, ecologia, la rivoluzione in Rojava – questo non va d’accordo con Donald Trump. Perché la campagna Make Rojava Green Again adotta proprio lo slogan sciovinista di Trump?

Siamo in una fase in cui viviamo una regressione autoritaria e in certi Stati perfino una crescente fascistizzazione. In questa fase prendiamo uno slogan e lo trasformiamo nel suo contrario, collegandolo ad una prospettiva rivolta contro i potenti.

Cos’è quindi la campagna Make Rojava Green Again?

Il nostro progetto fa parte della Comune internazionalista in Rojava e la nostra attività centrale è la riforestazione. Già da alcuni anni nella regione vengono di nuovo piantati alberi, ma solo in misura ridotta. Nei pressi di Derik, nel nordest del Rojava, abbiamo creato un vivaio arboreo. Inoltre raccogliamo soldi in Europa e portiamo conoscenze di esperti nella regione. Mentre forze internazionali pretendono per sé territori enormi e mettono in primo piano se stessi e il loro Stato Nazione, noi vogliamo orientarci sulle persone, la democrazia dal basso e l’ecologia.

Voi come internazionalist* come lavorate insieme alla popolazione locale? Cosa distingue il vostro progetto dai cosiddetti «aiuti allo sviluppo»?

Come internazionalist* non solo sosteniamo la rivoluzione sul posto dove vengono anche sperimentate cose dalla quali in Europa possiamo imparare molto. Per questo cerchiamo anche di scoprire cosa di questo processo rivoluzionario è possibile trasferire nei Paesi dai quali proveniamo. Questo ci distingue da un’organizzazione di aiuti o da un ente caritatevole. La nostra campagna si svolge sul posto e in modo paritetico con la gente sul posto e collaboriamo strettamente con i comitati ecologici del sistema dei consigli. Non siamo mica i primi che in Rojava pongono la questione ecologica e cercano di trovare una risposta. La riforestazione è stata iniziata già diversi anni fa.

Lavori agricoli nell’area della Comune Internazionalista. Immagine: Make Rojava Green Again

E poi naturalmente vogliamo anche costruire ponti tra i diversi movimenti, tra diverse lotte sociali e femministe, gruppi ecologici come Fridays For Future, e il movimento di liberazione curdo e organizzazioni che sono attive nella solidarietà per il Kurdistan. Per noi è importante creare consapevolezza nella società europea per il fatto che guerre, diverse forme di sfruttamento coloniale, feudale e capitalista e problemi ecologici sono strettamente collegati tra loro.

Questo è anche uno degli obiettivi della Comune Internazionalista. Offre un primo approdo per persone con storie diverse che arrivano in Rojava per imparare e diventare parte del movimento locale. Per questo la Comune ha costruito un’accademia nei pressi della cittadina di Derik che porta il nome dell’internazionalista Hêlîn Qereçox (Anna Campbell). Nell’accademia ci sono lezioni di lingua e vengono trasmesse conoscenze sulla storia della regione e la lotta di liberazione in Kurdistan. Ma nell’area c’è appunto anche la possibilità di aiutare molto concretamente nella costruzione del nostro vivaio arboreo per la riforestazione. Inoltre, in collaborazione con il comitato ecologico e gli abitanti di Derik abbiamo pulito il letto di un fiume nel quale per anni sono stati sversati rifiuti. Insieme ora rendiamo verde il corso del fiume e verranno create terrazze per la coltivazione di ortaggi.

Qual è la situazione dell’ecologia nella regione?

In tutto il Medio Oriente, e quindi anche nelle zone curde in Siria del nord, da anni viviamo una crisi ecologica. Oltre alla guerra che porta un inquinamento troppo elevato e distruzione, in Rojava non ci sono quasi alberi. Il regime di Assad ha usato molto legno per l’edilizia e per decenni ha usato le zone della Siria del nord come granaio. L’intera regione è stata disboscata e impoverita da monoculture. Questo ha portato a un prosciugamento perché le radici degli alberi trattengono l’acqua nel terreno. Gli alberi sono importanti anche per l’equilibrio di sostanze nutrienti nei terreni perché trasportano verso l’alto le sostanze nutrienti e depurano il suolo.

Il cambiamento della struttura del terreno ha avuto effetti sulla situazione dell’acqua e della fertilità. Si è prodotta desertificazione, gli abitanti soffrono della scarsità di acqua. Per via della guerra inoltre, una gran parte dell’infrastruttura è ferma o non c’è mai stata. In molti luoghi non c’è smaltimento dei rifiuti, motivo per cui l’immondizia viene accumulata o convogliata nelle acque. Uno dei problemi maggiori sono i rifiuti di plastica che vengono portato fuori dai villaggi e dalle città e bruciati nei campi circostanti. In questo modo vengono sporcati aria e suolo e si producono rischi per la salute della popolazione.

Quindi oltre alla riforestazione, ci sono molti problemi da risolvere. Riuscite a venirne a capo?

Purtroppo i nostri sforzi sono stati costantemente ostacolati dalla situazione militare e geopolitica che cambia continuamente. Verso la fine del 2018 l’annunciato ritiro delle truppe USA ha creato molto subbuglio e non era chiaro se presto sarebbe scoppiata di nuovo una guerra. La situazione geopolitica attualmente crea molte difficoltà al nostro lavoro. Nonostante questo oltre alla coltivazione di piante e alberi cerchiamo di restare su altre problematiche ecologiche. Cerchiamo per esempio di costruire modelli di soluzione per un sistema di riciclaggio decentrato. Cerchiamo possibilità di fondere plastica dura e vogliamo sviluppare impianti di riciclaggio il più piccoli possibile, che possono essere imitati in tutte le Comuni. Per questo finora ci sono diversi progetti, componenti e istruzioni per la costruzione, ma procede solo molto lentamente. Dato che sul posto c’è una carenza di tecnologia e know-how, abbiamo bisogno di sostegno dall’Europa.

Rispetto alla carenza idrica in essere, abbiamo delineato un progetto per la separazione di acque di scarico molto e poco inquinate che vogliamo applicare nelle Comuni. Spesso ci troviamo di fronte alla mancanza di impianti di depurazione, per cui le acque di scarico vengono sversate nel ruscello più vicino. In questo modo si diffondono rapidamente malattie dissenteriche e agenti patogeni. Una possibilità di soluzione sono i WC a secco. Lì le feci vengono separate dal resto del circuito dell’acqua, e dopo un trattamento possono essere usate come concime. Questo vale anche per l’acqua dai sanitari che filtriamo e depuriamo. Dopo non può essere usata come acqua potabile, ma per l’irrigazione e come concime. La modifica delle abitudini nell’uso dei sanitari non è sempre molto semplice da trasmettere. Il tutto è legato all’intimità e deve essere comunicato e realizzato con il corrispondente riserbo.

L’ipersfruttamento dei terreni attraverso la monocoltura dipende anche da rapporti proprietari coloniali e capitalisti. Come possono essere superati questi antichi retaggi?

Per quanto riguarda l’agricoltura, naturalmente si pone la questione della proprietà. Una gran parte della popolazione nelle aree rurali del Rojava è fatta di agricoltori senza terra, mentre i campi appartengono ai latifondisti. L’agricoltura quindi non si svolge in un contesto democratico e le persone non possono condurre un’economia di sussistenza. I latifondisti, attraverso la creazione di monocolture cercando di operare in modo il più possibile profittevole e così impoveriscono i terreni. Per superare questo problema, va posta la questione della proprietà.

La questione della proprietà viene effettivamente posta?

Ci sono intenzioni di espropriare i campi e di metterli sotto il controllo democratico di cooperative. A questo processo tuttavia si sovrappongono altre contraddizioni. Della cosiddetta politica della cintura araba, ossia del reinsediamento mirato di famiglie arabe in zone abitate in prevalenza da curdi, fanno parte molti latifondisti appartenenti a clan arabi. Sarebbe una decisione coerente espropriare di colpo queste famiglie, ma con questo ci si metterebbe contro l’intera popolazione araba. In questo caso quindi la contraddizione etnica si sovrappone alla contraddizione di classe. La rivoluzione in Rojava tuttavia non vuole inasprire le contraddizioni, ma risolverle.

La creazione di cooperative è un concetto centrale dell’economia comunitaria ed ecologica. Attualmente solo il dieci-quindici percento della prestazione economica del Rojava viene prodotta da cooperative. Come si può incrementare questa cifra?

Nella regione c’è solo un settore industriale molto piccolo, per questo il tema della proprietà e dello sfruttamento economico per ora viene discusso in particolare rispetto al settore agricolo. L’idea naturalmente è che a livello comunale sia collettivizzato tutto. Un’economia democratica alla fine significa anche esproprio e controllo dei mezzi di produzione. Il potere decisionale sul modo di procedere tuttavia non viene preso dall’alto verso il basso, ma delegato alle Comuni. Queste decidono come gestire campi di proprietà dei latifondisti e nelle aziende più piccole.

Nelle regioni urbane si complica in modo diverso, ma l’idea resta la stessa. La rivoluzione in Rojava vuole raggiungere la rimodulazione dei rapporti di proprietà primariamente attraverso la creazione di una coscienza rivoluzionaria. Si vuole spiegare possibilmente a tutte le persone com’è fatta una società democratica e che l’economia di mercato e il capitalismo non possono essere democratici. Viene lasciato alle Comuni di prendere le decisioni giuste. L’obiettivo è che i terreni siano nelle mani delle Comuni e dei consigli collegati. Quindi non si vuole ordinare l’esproprio dall’alto, come in diversi esperimenti del socialismo reale che abbiamo visto nel corso della storia. Si tratta della costruzione di un’economia democratica e socialista attraverso un processo sostenuto e impostato anche dalla base. Questo naturalmente porta con sé anche il problema che il tutto richiede molto tempo. Se viene imposto un ordine dall’alto, i processi possono avvenire molto rapidamente, ma poi non sono duraturi perché la rimodulazione non avviene sulla base del proprio agire e delle proprie esperienze. Si vedrà quanto avrà successo questa strategia nell’affrontare le molte diverse contraddizioni.

Internazionalist* possono intervenire nella rimodulazione dei rapporti di proprietà?

Non interferiamo in modo diretto, ma naturalmente cerchiamo di agire noi stessi in modo collettivista. Questo si mostra per esempio nella costruzione del vivaio arboreo, che non è orientato al profitto. Inoltre anche nell’area della Comune Internazionalista applichiamo una sorta di economia collettiva e cerchiamo di funzionare secondo questi principi. Nelle regioni nelle quali sono stato, l’agricoltura è collettivizzata. Questo significa che la proprietà del terreno è nelle mani della Comune e in questo modo legata alla struttura politica. Quindi regna il primato della politica su quello dell’economia e non viceversa come nel capitalismo, dov’è l’economia a dettare [le regole] della vita.

Come può essere promossa ulteriormente la svolta ecologica in Rojava?

Deve essere decentrato l’approvvigionamento energetico. Attualmente una gran parte dell’approvvigionamento energetico in Rojava viene garantito da dighe sull’Eufrate. Le dighe comportano problemi ecologici e inoltre sono una cosa molto centralista perché un determinato punto della regione è responsabile per l’intero rifornimento energetico. Se aspiriamo a una svolta ecologica, allora l’approvvigionamento energetico deve essere socializzato e decentrato. Per questo servono fonti energetiche adatte. L’energia eolica ne sarebbe un esempio. Nell’area della Comune abbiamo già singoli componenti per una prima centrale eolica, ma attualmente mancano i soldi e conoscenze specialistiche per poterla realizzare. Ma speriamo di riuscirci presto. Per quanto ne so, sarebbe la prima pala eolica in tutta la regione. La svolta ecologica in Rojava e in tutto il mondo sarà possibile solo grazie a una produzione, fornitura energetica e riciclaggio impostati in modo il più possibile capillare e secondo la democrazia dal basso.

Chi vuole informarsi sulla distruzione della natura nella regione e sui lavori e gli spunti di soluzione di Make Rojava Green Again, può farlo attraverso il libro. Donazioni per Make Rojava Green Again sono necessarie e vanno fatte!

https://www.ajour-mag.ch/green-rojava/

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