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Contro il silenzio

In tutta la Germania solidarietà con lo sciopero della fame di massa dei prigionieri curdi in Turchia – Speranza in un processo di pace Il monumento di Störtebeker ad Amburgo con il simbolo dei prigionieri in sciopero della fame

Con la giornata di azione nazionale di giovedì, in numerose città è stato richiamato lo sciopero della fame di massa degli attivisti curdi e dei prigionieri politici in corso da mesi. Con le azioni di solidarietà si è fatto appello ai responsabili nell’UE, nel Consiglio d’Europa e al Comitato contro la Tortura del Consiglio d’Europa (CPT), a fare pressioni sul governo turco perché questi rispetti i diritti umani e esaudisca le richieste degli scioperanti nelle carceri turche.

Oltre a manifestazioni e presidi, sono stati attaccati manifesti su edifici pubblici e ponti. La giornata di azione aveva il motto »7.000 voci per 7.000 in sciopero della fame – Rompi il silenzio!« Perché dai primi di marzo circa 7.000 prigionieri del Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK) nelle carceri turche rifiutano di assumere cibo. Già il 7 novembre gli scioperi della fame erano iniziati in entità minore: dalla deputata del Partito Democratico dei Popoli (HDP) di sinistra, Leyla Güven, a Diyarbakir. Anche in Iraq del nord, in Francia, Regno Unito, Paesi Bassi, Austria, Canada e in Svizzera [e Italia] attivisti sono entrati in sciopero della fame. In un centro culturale a Berlino-Reinickendorf quattro curdi partecipano da tre mesi. Non solo Leyla Güven, anche molti altri degli scioperanti dopo mesi di astensione dal cibo hanno da tempo raggiunto una condizione critica. Sputano sangue, le loro ossa si stanno sciogliendo e la loro capacità visiva è peggiorata, ammoniscono i medici. Si rischiano danni irreparabili e acuto pericolo di vita. »Ma il CPT, il Consiglio d’Europa e la comunità degli Stati europea continuano a fingersi sordi, muti e ciechi«, lamenta la confederazione europea delle associazioni curde KCDK-E, il cui Presidente Yüksel Koc è anche lui in sciopero della fame dal mese di dicembre, e per il quale già più volte è intervenuta la medicina d’urgenza. »In questo modo sostengono lo Stato fascista turco nel mantenere l’isolamento totale a Imrali e accettano la morte di diverse persone.« Imrali è l’isola carcere nel Mar di Marmara sulla quale il fondatore del PKK, Abdullah Öcalan, è recluso da 20 anni.

L’ultimo contatto con i suoi avvocati lo ha avuto il 27 luglio del 2011, ha risposto il governo federale nei mesi scorsi a un’interrogazione del gruppo parlamentare della Linke. Perfino le visite dei famigliari Öcalan negli ultimi due anni ha potuto riceverle solo due volte per pochi minuti. L’ultimo colloquio del precursore del PKK con i deputati dell’HDP è avvenuto nella primavera del 2015 poco prima della disdetta dei colloqui di pace in corso all’epoca da parte del Presidente turco Recep Tayyip Erdogan. Alla loro richiesta di revoca dell’isolamento di Öcalan, gli scioperanti legano la speranza di un nuovo inizio di un processo di pace turco-curdo. Attualmente però questo non sembra essere nell’aria. Questa settimana la polizia a Diyarbakir è intervenuta violentemente contro proteste delle madri di prigionieri in sciopero della fame. Nel fine settimana il Presidente del maggiore partito di opposizione, CHP, Kemal Kilicdaroglu, durante un funerale di un soldato è stato quasi linciato da sostenitori del governo con lanci di pietre e pugni. La folla accusava il politico, lui stesso un convinto nazionalista, di una collaborazione con »terroristi«, perché l’HDP nelle elezioni dei sindaci Istanbul e Ankara aveva invitato a sostenere i candidati del CHP.

di Nick Brauns

via tatortkurdistan.noblogs.org

 

https://www.jungewelt.de/artikel/353609.teils-akute-lebensgefahr-gegen-das-schweigen.html

 

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