Turchia: Nonostante le proteste si vuole avviare lo sbarramento del Tigri sulla diga di Ilisu all‘inizio di giugno
di Nick Brauns
Già più volte il governo turco aveva annunciato di voler completare la grande diga di Ilisu nel corso superiore del Tigri nella Turchia orientale. Anno dopo anno tuttavia la scadenza è stato necessario rinviare per problemi tecnici, mancanza di denaro o temporanei successi giudiziari.
Ora però la situazione potrebbe farsi seria per la città di Hasankeyf scavata nelle rocce, antica di 12.000 anni, così come per gli abitanti dei 199 villaggi circostanti. Perché il Presidente Recep Tayyip Erdogan durante la campagna elettorale per le elezioni comunali ha annunciato di voler chiudere gli sbarramenti e riempire il lago artificiale di 313 chilometri quadri il 10 giugno. Dalla primavera tutte le turbine dell’impresa azienda austriaca costruttrice di impianti Andritz sono collegate e la diga, protetta da migliaia di soldati e guardiani di villaggio paramilitari, con questo è sostanzialmente pronta ad entrare in funzione. Hasankeyf secondo quanto riferito dalle autorità, a partire da ottobre sparirà nel lago artificiale.
Complessivamente 80.000 persone nella regione così perderebbero i presupposti per il loro sostentamento. Non è ancora successo niente per il loro reinsediamento. Per gli ultimi abitanti di Hasankeyf, la giornata di ieri [mercoledì 15 maggio] era l’ultima scadenza fissata dallo Stato per il trasloco nella Nuova-Hansakeyf, costruita in posizione più elevata sulla riva opposta del fiume. Solo proprietari di una casa hanno il diritto a una nuova casa, per l’acquisto della quale tuttavia il denaro messo a disposizione come risarcimento è di gran lunga insufficiente.
Dopo l’allagamento si ritroveranno senza prospettive anche migliaia di famiglie di agricoltori. Le zone colpite sono considerate roccaforte del Partito Democratico dei Popoli (HDP). L’espulsione della popolazione quindi non rappresenta affatto un danno collaterale della diga, ma serve all’assimilazione dei curdi nell’ambito di un progetto a lungo termine del governo di »strategia di lotta contro le sommosse«.
Sei importanti monumenti storici di Hasankeyf, tra cui un mausoleo del 15° secolo, sono stati spostati in un »parco archeologico«. Critici tuttavia vedono negli edifici strappati dal ambiente adatto a loro, una »Disneyland archeologica«. Altri monumenti, come le molte caverne a scopo abitativo scolpite nella roccia e i pilastri del vecchio ponte di pietra, non possono neanche essere spostati. Come molti altri siti non ancora esplorati nella valle del Tigri, dove è iniziata la rivoluzione neolitica e dove gli esseri umani hanno iniziato a diventare stanziali, sono votati alla rovina. Quanto sia significativa Hasankeyf, lo dimostra il ritrovamento di un tempio antico quanto il complesso di templi risalente all’età della pietra e considerato dallo scorso anno patrimonio mondiale dell’UNESCO che si trova a Göbeklitepe, 225 chilometri a ovest nella provincia di Urfa. Archeologi parlano di Hasankeyf e Göbeklitepe come »località gemelle«.
Attraverso la diga di Ilisu, Ankara inoltre può usare la risorsa acqua, sempre più scarsa in Medio Oriente, come strumento di pressione contro i Paesi limitrofi Iraq e Siria. L’agricoltura irachena che già lo scorso anno ha sofferto di una siccità, sarebbe colpita già nella fase di accumulo [delle acque]. Inoltre nel sud dell’Iraq rischiano il prosciugamento i paesaggi paludosi riconosciuti come patrimonio dell’umanità dell’UNESCO. Ma Baghdad dopo gli ultimi colloqui si è mostrata soddisfatta delle concessioni della Turchia di aumentare almeno un po’ la portata minima durante la fase di accumulo. Attivisti iracheni della »Save the Tigris Campaign« considerano questo atteggiamento vergognosamente cauto.
»Non è ancora troppo tardi per salvare Hasankeyf e il Tigri!« recita un appello, con il quale dozzine di organizzazioni non governative da Vicino Oriente, Europa, America Latina e Asia ieri si sono rivolti all’opinione pubblica. I 75 firmatari, tra cui l’iniziativa per il salvataggio di Hasankeyf, il »Movimento Ecologico della Mesopotamia«, la »Save the Tigris Campaign« e il Forum Sociale Iracheno, si appellano al governo turco perché non riempia il lago artificiale. Le ONG chiedono invece una nuova discussione trasparente con la popolazione della regione interessata sul futuro della valle del Tigri e che con Iraq e Siria ci siano accordi reciproci rispettosi della legalità internazionale che garantiscano un flusso di acqua sufficiente, chiedono inoltre le ONG.
junge Welt
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