Strutture di clan e legami con il partito di governo: massacro causa scalpore in Turchiadi Max Zirngast, Ankara
I legami tra strutture di clan, mafia e Stato in Turchia sono ben noti. Ci sono settori economici, ma anche intere arre di territorio, che di fatto sono nelle mani dei clan (Asiretler). Questi in parte traggono legittimità e forza dalla prima fase della repubblica. I latifondisti e feudatari nel sudest, in larga parte curdi, trovarono arrangiamenti con il nuovo regime kemalista, molti presero anche parte a ondate di saccheggi e omicidi contro greci e armeni e in questo modo riuscirono a garantirsi la proprietà dei loro terreni. Questo impedì un’effettiva riforma agraria, così come anche una soluzione della questione curda.
In particolare la provincia di Urfa è famigerata per la dominanza di queste strutture. In quasi ogni elezione ci sono morti perché davanti o dentro i seggi elettorali scoppiano discussioni. Solo il 15 giugno nel distretto di Siverek sono morte sei persone, altre cinque sono rimaste ferite.
Episodi di genere spesso vengono taciuti dai media o registrati come »diverbi famigliari« o »lite spontanea per terreno«. Nel caso in questione la faccenda è scottante, perché quattro dei sei morti erano famigliari dell’ex deputato e cofondatore dell’AKP Zülfikar Izol. Il clan degli Izol è parte delle grandi e influenti strutture e Zülfikar Izol è il suo leader ufficiale.
Un’altra particolarità di questo caso è che Dilan Izol, di cui padre, madre, zia e cugino sono tra le persone assassinate, ha filmato il massacro con il suo cellulare. Dopo aver visionato il video e a seguito dichiarazioni dell’avvocato Tamer Dogan, in contatto con Dilan Izol, rese a junge Welt, lo svolgimento si può ricostruire nel modo seguente: la sera prima del massacro la gendarmeria si è recata nel villaggio e ha ispezionato la casa delle persone poi assassinate. Il giorno successivo, verso le otto, inizialmente si sono presentate diverse persone su dei trattori, palesemente per iniziare una lite. Solo pochi minuti dopo sono arrivati uomini pesantemente armati su tre macchine e hanno letteralmente giustiziato i loro parenti. Tra gli armati c’erano evidentemente i fratelli di Zülfikar Izol.
Uno di questi fratelli, Medeni Izol, in seguito ha mostrato sue immagini nelle quali posa armato con comandanti regionali della gendarmeria e dell’esercito e con altri funzionari statali sulla piattaforma Internet Instagram. Anche il suo sostegno al Presidente Recep Tayyip Erdogan e i suoi legami sono inequivocabili [nelle immagini]. Dopo che la storia è diventata una questione nazionale, ha cancellato le immagini e modificato lo status del suo account da pubblico a privato.
Tutto questo suggerisce che non si è trattato semplicemente di una lite famigliare, ma di un massacro pianificato della mafia, che in questo caso ha colpito componenti della propria famiglia. Lo scontro evidentemente era già iniziato con un omicidio nel 2003 e ora ha trovato la sua sanguinosa prosecuzione.
Per via della forza delle strutture di clan e delle buone relazioni con istituzioni statali e decisori politici, gli autori non vengono quasi mai puniti. Omicidi, violenza, minacce, ricatti restano impuniti – se »deve« esserci una pena, »volontari« se ne fanno carico e i veri autori se la cavano. Perfino pubblici ministeri o giudici non vogliono scontrarsi con i clan, avvocati temono di assumere la difesa delle vittime.
Dato che questo caso ha suscitato scalpore a livello nazionale, anche alcuni membri dell’AKP si sono ritenuti in dovere di prendere una posizione netta. La deputata dell’HDP di sinistra, Oya Ersoy, ha subito portato il caso in Parlamento. Alcuni dei fratelli Izol sospettati per i fatti sono stati messi in carcerazione preventiva, ma Medeni Izol non ancora.
Insieme al materiale video, questo fa nascere la speranza che gli autori potrebbero essere condannati. Sarebbe un precedente rispetto alle strutture di clan e mafiose. Ma sarà necessaria una mobilitazione forte. A questo proposito è esemplare il Movimento delle Donne che riesce a rendere pubblici procedimenti su femminicidi, »suicidi« o autodifesa contribuendo così alla condanna dei responsabili.
Da: junge Welt
https://www.jungewelt.de/artikel/357198.t%C3%BCrkei-mafia-und-staat.html