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Opinioni e analisi

»Fuori gli occupanti da Efrîn«

Sull’occupazione e il suo andamentoDevriş Çimen, giornalista e collaboratore di Civaka Azad – Kurdisches Zentrum für Öffentlichkeitsarbeit e.V.

Nel silenzio internazionale e nella tolleranza dell’occupazione di continuo si verificano distruzioni, saccheggi, espulsioni, sequestri, crimini di guerra e violenze da parte delle truppe di occupazione turche e islamiste contro la popolazione di Efrîn. Ma anche la resistenza continua ininterrotta.

»Anche la costruzione di un muro recentemente avviata dall’esercito turco e dalle milizie di occupazione, contraddice qualsiasi diritto internazionale, il mondo si limita a stare a guardare. Se predominano gli interessi strategici, il diritto internazionale non sembra avere un grande ruolo. Il governo turco vuole imporre ai popoli della regione il suo progetto ottomano, rendere permanente l’occupazione di Efrîn e sfruttare le risorse della regione. Efrîn è una parte della Siria. Ma il regime siriano tace, non mostra reazioni all‘occupazione.« Questo è quanto ha dichiarato l’avvocato Bedirxan Etî di Kobanê a maggio all’agenzia stampa Firat (ANF) sulle circostanze e i retroscena dell’occupazione turca di Efrîn.1

Il governo turco da mesi cerca di separare dalla Siria il cantone occupato di Efrîn in Rojava attraverso un muro alto 3 metri e lungo 70 chilometri. Finora sono stati costruiti almeno 25 chilometri. Questo serve a separare Efrîn dalla Siria e a indebolire la resistenza contro l‘occupazione. Oltre a questo, l’esercito di occupazione costruisce sempre più postazioni militari nell’area di Efrîn. Ormai il loro numero nel cantone è salito a circa 200. A questo si aggiungono basi di diversi gruppi jihadisti e dei servizi segreti turchi (MIT). Inoltre l’esercito di occupazione turco ha installato telecamere di sorveglianza in molti punti nell’intero cantone. In aggiunta a questo, quotidianamente si svolgono voli di ricognizione sulla regione.

Il Consiglio Democratico della Siria (MSD) ha preso posizione con una dichiarazione sulla costruzione del muro e le ambizioni di Ankara nella regione dietro alla costruzione.2 Lo MSD fa appello tra l’altro al governo siriano perché assuma una posizione chiara sulle ambizioni di occupazione della Turchia a Efrîn.

Nella dichiarazione dello MSD si afferma: »Lo Stato turco continua la sua pratica coloniale in Siria del nord. Nelle scorse settimane nel villaggio di Cilibê sono state rase al suolo le case e scavati fossi. Poi intorno a Efrîn sono stati alzati muri per dividere il territorio dalla Siria. Tutti sono consapevoli del fatto che la Turchia ha come obiettivo un cambiamento demografico nella regione e che in questo modo vuole modificare l’identità della città e del cantone.«

»Questa operazione non è stata una risposta a un vero pericolo, ma un prodotto delle ambizioni di Erdoğan di spostare i confini della Turchia, che a suo avviso dopo il 1923 nell’accordo di Losanna sono stati tracciati in modo iniquo«, scrive il diplomatico e ex incaricato speciale USA per la lotta all’organizzazione terroristica »Stato Islamico« (IS), Brett McGurk in un saggio sulla rivista specializzata »Foreign Affairs«.3 Descrive come il »partner della NATO« Turchia conduce una sporca guerra, impone una politica anti-curda sulla Siria e nella regione cerca di mettere gli attori internazionali uno contro l’altro.

Aisha Issa Hesso è nata a Efrîn e fa parte di coloro che il 18 marzo 2018 sono fuggiti dall’esercito turco e hanno dovuto lasciare la città. Oggi è co-Presidente del Partito dell’Unione Democratica (PYD). Ad aprile a Berlino in un colloquio con noi ha detto: »Erdoğan vuole incorporare Efrîn nel territorio statale della Turchia. Proprio come la Turchia ha fatto un tempo con Iskenderun e Hatay. Ma noi non lo permetteremo. Noi ritorneremo a Efrîn.« Iskenderun e dintorni, un tempo facevano parte della Siria. La regione che oggi viene chiamata Hatay e si trova a ovest di Efrîn, fino al 1938 ha fatto parte del territorio del mandato francese in Siria. Ma nel periodo successivo è stata lasciata dalla Francia alla Turchia. Nella provincia di Hatay, oggi turchizzata, il gruppo di popolazione turco originariamente era una minoranza, accanto a una maggioranza di arabe a arabi sunniti, aleviti e cristiani e a una piccola minoranza di curde e curdi.

Retrospettiva: come si è arrivati all‘occupazione?

Nel silenzio e nella tolleranza da parte della »comunità internazionale« l’occupazione militare di Efrîn all’inizio del 2018 è stata imposta dall’esercito turco in collaborazione con milizie islamiste (tra cui gruppi che derivano da IS). Sono state le unità delle YPJ/YPG (Unità di Difesa delle Donne e del Popolo) a resistere militarmente. Ovunque in Kurdistan e in tutto il mondo hanno avuto luogo azioni molto preziose di solidarietà e sostegno per la resistenza contro l’occupazione e per il rispetto della legalità internazionale.
Da quel momento all’opinione pubblica solidale si è contrapposto l’arbitrio statale internazionale. Il 20 gennaio l’esercito turco ha iniziato a penetrare nel catone di .Efrîn nell’ambito della »Operazione Ramoscello d’Ulivo«.

La popolazione di Efrîn in precedenza era riuscita con grandi sforzi a tenersi fuori dalla guerra in corso dal 2011 nella regione, e a costruire una società organizzata secondo la democrazia dal basso e quindi libertaria, democratica, emancipatrice e laica. Durante la guerra in Siria (2013–2017) sono stati accolti e accuditi centinaia di migliaia di profughi interni. Coloro che allora si occuparono di loro, oggi sono loro stessi profughi. Centinaia di migliaia di persone sono state costrette a fuggire per via dell’occupazione. Circa 100.000 persone sono rimaste in città e nei dintorni. Il 18 marzo 2018 Efrîn è stata occupata da truppe turche e milizie islamiste e da allora è sotto occupazione. La guerra di aggressione della Turchia ha portato alla popolazione civile sofferenza, violenza, espulsione e tentativi di assimilazione che durano fino ad oggi. Almeno 173.000 profughi di Efrîn vivono ancora in campi provvisori a Şehba, tra Aleppo e Efrîn. Queste persone dal marzo 2018 sono isolate dal mondo esterno. Ma alla speranza di poter tornare non rinunciano.

Il silenzio di Nazioni Unite, UE, USA e Russia ha sostenuto l‘invasione

Mentre il governo turco con le sue truppe di terra e l’aviazione uccideva civili a Efrîn, le Nazioni Unite, l’Unione Europea, gli USA e la Russia sono rimasti inerti a guardare massacri e crimini di guerra che spesso sono stati documentati e resi pubblici. »Quello che è piovuto su di noi a Efrîn erano bombe della NATO«, ha detto il portavoce per gli esteri del PYD, Salih Muslim, e ha dichiarato: »Durante l’invasione a Efrîn tutti hanno taciuto. Per sessanta giorni sono state lanciate su di noi bombe della NATO, siamo stati aggrediti con armi della NATO. Questa è stata una violazione delle regole della NATO e delle Nazioni Unite, ma nessuno ha fatto niente per impedirlo.«

Con il suo atteggiamento la comunità internazionale ha spianato la strada all’occupazione e l’ha sostenuta. Con l’apertura dello spazio aereo su Efrîn, la Russia è complice della prima ora. Attraverso uno sporco accordo tra il governo russo e turco, a Efrîn sono stati insediati »cosiddetti jihadisti« evacuati da Ghouta e le loro famiglie che oggi rappresentano gran parte degli abitanti.

La forza di occupazione dallo scorso anno espelle sistematicamente curde e curdi che nonostante l’invasione militare sono rimasti nel cantone della Siria del nord. Le loro case sgomberate con la forza, vengono lasciate a famiglie di jihadisti di Ghouta, Hama, Latakia e Idlib. Nei distretti vicini al confine turco sono stati sistemati quasi esclusivamente jihadisti che agiscono su incarico di Ankara. Così si potrebbe dire che questi luoghi già oggi sono parte della Turchia. Fino a oggi il governo turco davanti agli occhi dell’opinione pubblica mondiale modifica la composizione demografica della regione e in questo modo viola la legalità internazionale e inoltre continua a commettere crimini di guerra. Prima dell’invasione, curde e curdi, con il 95 percento costituivano la maggioranza della popolazione di Efrîn, oggi sono solo circa il 25 percento. Simili espulsioni sono bandite a livello internazionale.

Arabizzazione forzata, turchizzazione forzata e islamizzazione di Efrîn

Un resoconto esaustivo da Efrîn non è possibile. Riprese satellitari tuttavia mostrano che gli occupanti hanno vilipeso e distrutto molti luoghi di culto storici, cimiteri e strutture religiose di ezidi e aleviti. Questo è stato sottolineato anche dalla co-Presidente del PYD, Aisha Issa Hesso: »A Efrîn ha luogo una turchizzazione, islamizzazione e arabizzazione. Le minoranze religiose alevite, ezide e cristiane sono state scacciate. Le loro strutture sono state distrutte. Hanno abbattuto dozzine di scuole a Efrîn. Oltre 300 scuole, accademie, istituti e università sono stati chiusi. L’insegnamento, di forte orientamento islamico, ora si svolge in turco o arabo. La lingua curda è stata vietata. Vigono regole turche. Negli edifici degli enti pubblici e delle associazioni risparmiati dalla distruzione sono state affisse bandiere turche. Gli enti, le strade e i villaggi sono stati arabizzati o turchizzati.«

Aisha Issa Hesso ci ricorda immagini durante l’occupazione di Efrîn: le ruspe che abbattono la statua del fabbro Kawa tirandola giù dal piedistallo. Nella mitologia curda Kawa ha un ruolo significativo. Attraverso la distruzione di questo simbolo, gli occupanti volevano umiliare la popolazione curda e rendere chiaro che avrebbero portato avanti una politica di annientamento. Hesso dice: »Quella piazza a Efrîn che per noi significava libertà, è stata rinominata ›Piazza Erdoğan‹.«

La politica curda spiega poi che l’esercito turco e gli islamisti a Efrîn agiscono senza rispetto e in modo intollerante e che cercano di imporre con la violenza e la repressione un Islam radicale. Vigono le regole della Sharia: »A questo provvedono Imam islamisti radicali che predicano nelle moschee e la polizia islamista impiegata dall’esercito turco. La popolazione a Efrîn aveva un atteggiamento tollerante, quale che fosse la religione o etnia di appartenenza delle persone. Noi donne nell’ambito pubblico eravamo avanguardia degli sviluppi e godevamo di molti diritti. Questa cultura della tolleranza oggi non c’è più. Gli occupanti spingono per imporre l’interpretazione della Sharia nella vita pubblica. Le donne possono uscire solo accompagnate da un parente maschio e devono indossare il velo.«

Politica di espulsione sistematica di ezide e ezidi, alevite e aleviti da Efrîn e insediamento di famiglie arabe

A Efrîn prima dell’occupazione, accanto a curde e curdi sunniti vivevano anche curde e curdi ezidi, curde e curdi aleviti, così come cristiane e cristiani. Curde e curdi sunniti costituivano la maggioranza. La comunità alevita composta da circa 5000 persone, viveva nella località Mabeta, dice Ibrahim Murad, rappresentante dell’Amministrazione Autonoma della Siria del Nord e dell’Est a Berlino, lui stesso originario di Efrîn: »Oggi non ci sono quasi più aleviti a Efrîn. Perché per gli islamisti radicali gli aleviti sono miscredenti che disprezzano e combattono. L’odio degli islamisti nei confronti di persone di altre fedi, per ezide e ezidi significa pericolo di vita, non hanno più spazio per vivere a Efrîn. Prima dell’occupazione turca nella regione vivevano oltre 20.000 ezide e ezidi. Quanti oggi ne siano ancora rimasti a Efrîn non lo sappiamo con esattezza, ma da centinaia di anni vivevano in prevalenza in villaggi come Ain Dara, Iska, Basufan, Shadere, Baadi, Kimar, Burdj Abdalo Barad, Ghazzawiya e nella regione sudorientale di Efrîn. I loro templi, monumenti e sepolcri sono stati sistematicamente distrutti dagli islamisti e dagli occupanti turchi. Anche il sepolcro alevita antico di 160 anni di Av Girê è stato saccheggiato da loro.«

Aisha Issa Hesso spiega inoltre quanto sistematicamente e in che misura viene portata avanti la distruzione di patrimonio culturale nel cantone di Efrîn: »Siti storici come il tempio di Ishtar di Ayn Dara sono stati bombardati dal cielo e distrutti all’inizio della guerra di aggressione. Un altro luogo storico bombardato e distrutto è la fortezza di Kyrrhos e il confinante luogo di pellegrinaggio Nebî Hûri. Anche la chiesa Julianos a Mor Maron è stata completamente distrutta. Numerosi cimiteri sono stati violati e altri edifici storici distrutti. Luoghi sacri e di ritrovo come il centro dell’Unione Ezida di Efrîn sono stati fatti saltare. Nei villaggi ezidi e aleviti costruiscono moschee. In questo modo cercano di cancellare la memoria e la storia.«

Ibrahim Murad descrive inoltre come a profughi curdi viene negato anche il ritorno a Efrîn perché nelle loro case ormai sono insediati islamisti fedeli alla Turchia dei gruppi Faylaq al-Rahman, Jaish al-Islam, Tahrir al-Sham e Ahrar al-Sham fuggiti dai bombardamenti a Ghouta est da parte del regime siriano con le loro famiglie. L’agenzia stampa ANF nell’agosto 2018 ha pubblicato una lista delle località dalle quali erano stati scacciati gli abitanti originari e dove ormai erano stati insediati circa 41.000 islamiste e islamisti di Ghouta est. Murad dice: »Gli occupanti turchi inoltre bloccano le inchieste indipendenti di organizzazioni per i diritti umani nel cantone di Efrîn. Ma nonostante un simile blocco, le organizzazioni internazionali per i diritti umani devono insistere per poter fare ricerche sul posto. Perché a Efrîn non ci confrontiamo solo con un’occupazione, oltre a questo a tutti i livelli avviene un cambiamento demografico mirato. Ci sono cambiamenti nella vita quotidiana: ne sono colpite questioni sociali, la cultura, la religione, la politica, la demografia e la natura. Noi qui siamo di fronte a una pulizia etnica che la Turchia attua in modo mirato.«

Secondo Aisha Issa Hesso azioni arbitrarie, arresti, sequestri, assassinii e »far sparire« da parte degli occupanti, sono all’ordine del giorno: »Continuamente ci viene riferito da fonti diverse che civili curdi sono esposti in modo continuativo alla repressione e alla violenza da parte degli occupanti. I sequestri sono stati sviluppati in un vero e proprio cinico modello di business. Soprattutto giovani donne e ragazze vengono deportate per estorcere riscatti. I famigliari raccolgono elevate somme di denaro per riuscire a liberare chi è stato sequestrato. Persone che sono di nuovo libere raccontano di torture e maltrattamenti da parte degli occupanti.«

Ibrahim Murad spiega che a Efrîn l’agricoltura, tra l’altro la coltivazione di orzo, olive, frutta e verdura, era la principale fonte di guadagno delle persone: »Ma ora la produzione agricola viene saccheggiata e trasportata in Turchia. La fonte principale di entrate delle persone viene rubata in questo modo.« Il governo turco in questo modo ottiene un guadagno di diversi milioni di dollari. La produzione di olive ne è un esempio. Ci sono rapporti anche nei media internazionali su come la Turchia sequestra sia olive sia olio d’oliva e li esporta in Europa. Numerosi uliveti millenari inoltre sono stati bruciati o abbattuti. Anche i boschi vengono incendiati dagli occupanti. In questo modo il governo Erdoğan vuole distruggere in modo mirato la base di sussistenza della popolazione.

Alla domanda su come potrà andare avanti, la co-Presidente del PYD Hesso risponde: »La resistenza continua. Ma voglio farla breve: chi ha motivato e sostenuto la Turchia nell’occupazione deve anche fare in modo che si ritiri. Se all’occupazione non viene messa fine e non se ne va di sua volontà, allora verrà spinta a farlo per altre vie, con azioni e resistenza. La Turchia deve ritirarsi dai territori occupati.«

Note:

1 – ANF, 21.05.2019: https://anfdeutsch.com/rojava-syrien/mauer-in-efrin-voelkerrechtswidrig-11525

2 – ANF, 27.04.2019: https://anfdeutsch.com/rojava-syrien/die-tuerkei-moechte-sich-efrin-einverleiben-11028

3 – Foreign Affairs, May/June 2019: https://www.foreignaffairs.com/articles/syria/2019-04-16/hard-truths-syria

4 – ANF, 07.08.2019: https://anfdeutsch.com/rojava-syrien/kulturelle-vernichtung-und-vertreibung-in-efrin-5986

Da: Kurdistan Report 204 | luglio/agosto 2019

http://www.kurdistan-report.de/index.php/archiv/2019/68-kr-204-juli-august-2019/857-besatzer-raus-aus-efrin

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